Salario minimo

Il falso mito del salario minimo

Tra i temi chiave al centro della campagna elettorale per le elezioni del 25 settembre 2022 c’è sicuramente quello del lavoro. All’interno di questa macro questione, due, in particolare, sono gli argomenti che stanno alimentando il dibattito tra i partiti: la lotta al lavoro povero e l’introduzione del salario minimo, fissato in nove euro lordi l’ora.

Per “lavoro povero” si intende, secondo la definizione della Commissione europea, quello svolto da chi, in età compresa fra i 18 e i 64 anni, lavora almeno sei mesi l’anno e vive in una famiglia in condizioni di povertà relativa, ovvero con un reddito disponibile equivalente inferiore al 60% della mediana nazionale. In Italia, secondo un rapporto Istat di luglio 2022 i lavoratori poveri sono circa 4 milioni e sono coloro che guadagnano meno di 12mila euro lordi l’anno.

A contribuire ad alimentare questa condizione, secondo Adapt – l’associazione fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro – influiscono in modo importante la mancata applicazione dei contratti collettivi e dalle leggi già in vigore. Ecco allora che ne consegue che la ‘soluzione’ per contrastare il lavoro povero non possa essere l’introduzione di una legge sul salario minimo, ovvero la retribuzione minima che dovrebbe essere garantita ai lavoratori per una determinata quantità di lavoro.

In Italia l’80% dei lavoratori è assunto con un Ccnl

Per affrontare questa problematica in modo mirato è necessario un approccio più approfondito. Secondo i ricercatori di Adapt si tratta di questioni che hanno genesi e natura diverse ed è fuorviante puntare l’attenzione esclusivamente sui bassi salari medi. Focalizzare l’attenzione solo sulla necessità di introdurre una legge sul salario minimo non restituisce, infatti, la complessità delle problematiche legate al lavoro povero, bensì le semplifica; e questo rende la questione un perfetto strumento elettorale, tanto che quasi tutti i partiti lo hanno inserito nel loro programma elettorale in vista delle urne del 25 settembre 2022.

Al momento l’Italia è – insieme con Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia – uno dei sei Paesi dell’Unione europea che non ha una legge sul salario minimo garantito: i livelli salariali sono determinati sulla base della contrattazione collettiva delle retribuzioni. Tuttavia il nostro Paese non è obbligato a introdurre la normativa, neanche ora che il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva – con il voto del 14 settembre 2022 – la nuova legislazione europea che definisce i requisiti essenziali per l’adeguatezza dei salari minimi garantiti.

Il motivo di questa situazione è dettato dal fatto che la contrattazione collettiva coinvolge già più dell’80% dei lavoratori. In Italia, infatti, secondo l’Istat, il 97,8% delle imprese con più di 10 dipendenti, escluso il settore agricolo, applica almeno un Ccnl (2020); e secondo l’Analisi delle politiche pubbliche (Inapp) la copertura nel settore privato extra agricolo è pari all’88,9% dei lavoratori dipendenti di imprese con almeno un dipendente (2021).

I salari medi da Ccnl sono di 14 euro lordi l’ora

A frenare l’introduzione del salario minimo, ci sono poi altri dati dell’Istat che a novembre 2020 avevano registrato retribuzioni contrattuali orarie lorde con un valore medio di 14 euro. Nella stessa direzione vanno anche i dati relativi alle posizioni lavorative del settore extra-agricolo definite a ‘bassa retribuzione’, ovvero con retribuzione oraria inferiore ai 7,66 euro lordi, che rappresentano il 6% del totale delle posizioni lavorative. Queste ultime sono concentrate per lo più nella categoria nel settore “Altre attività di servizi” (22%), che comprende tra l’altro i servizi alla persona: si tratta, nella maggior parte dei casi, di attività che tendono a svolgersi in contesti in cui la contrattazione collettiva non è applicata in modo corretto. Inoltre a lavorare in questi ambiti sono per lo più le donne (6,5%) rispetto agli uomini (5,5%) e stranieri (8,7%) rispetto agli italiani (5,4%): sono tutte categorie già di per sé note come più svantaggiate, per vari motivi, sul mercato del lavoro.

Dall’analisi di tutti questi elementi si può quindi affermare che a influire sulle posizioni a bassa retribuzione non è la contrattazione collettiva – che non distingue tra queste categorie – bensì la modalità non corretta di applicazione dei contratti, la discontinuità e frammentarietà dei rapporti di lavoro, il limitato numero di ore di lavoro (come per esempio avviene nel part-time involontario), la diffusione del lavoro occasionale. Di conseguenza anche i numeri sulle professioni a bassa retribuzione supportano la tesi secondo cui il problema principale su cui focalizzarsi non è la mancanza di una legge su salario minimo.

I movimento per introdurre il salario minimo

Nonostante i numeri legati al fenomeno, anche in Italia c’è un movimento a favore dell’utilità di una legge sul salario minimo: sono numerosi, per esempio, i giuslavoristi schierati da questa parte. E pareri positivi sono arrivati inoltre da alcuni esponenti dei sindacati e da alcuni tecnici del Governo Draghi. Il Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, per esempio, a giugno 2022 ha definito la misura come “un modo per assicurare un salario dignitoso a tanti lavoratori”.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha detto, invece, che il salario minimo è una misura che “servirebbe assolutamente”, sottolineando allo stesso tempo l’importanza di garantire anche “tutti gli altri diritti che i contratti prevedono”. A questi commenti si è aggiunto anche quello del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che al Festival internazionale dell’economia di Torino, tenutosi a inizio giugno 2022, ha spiegato che, se ben studiato, questo provvedimento potrebbe avere “effetti positivi”. 

Dunque, il tema del lavoro povero è di centrale importanza. La questione alimenta un vivo dibattito e deve essere affrontata in un contesto scevro da luoghi comuni o da facili slogan demagogici. Il tutto con l’obiettivo di analizzare tutti i fattori in gioco in un fenomeno altamente complesso, che mal si presta a una trattazione dicotomica e alla divisione in schieramenti opposti.

politica, salario minimo, ccnl, Elezioni 2022

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