La centralità dell’impresa tra le dimensioni sociale e immateriale

La digitalizzazione ha modificato i confini interni ed esterni delle organizzazioni e di conseguenza le relazioni con i diversi stakeholder. Quella odierna si potrebbe definire come l’era dell’intangibile e delle risorse immateriali, dove però è necessario ancora fare i conti con gli aspetti fisici e materiali della vita organizzativa e professionale.

La progettazione degli ambienti e spazi lavorativi, le modalità di contatto fisico con i consumatori o i clienti, l’interfaccia persone-strumenti digitali, la logistica della consegna-distribuzione dei prodotti e servizi sono solo alcuni degli aspetti che occorre considerare in questo senso.

Le innovazioni in questi campi possono contribuire al miglioramento delle organizzazioni e, di conseguenza, delle condizioni di lavoro e di vita delle persone che ne fanno parte.

Tutti questi temi sono stati approfonditi nella Discussione La materialità dell’organizzazione promossa da Sviluppo&Organizzazione, alla quale hanno partecipato manager di aziende di diversi settori, che hanno portato la loro esperienza diretta e si sono confrontati su questo tema, agevolati da un esperto della materia.

 

Stefano Quaia, Head of HR di SAS Italia: “La flessibilità oggi è fortemente richiesta sia dai candidati sia dai dipendenti. Inizialmente non c’erano limiti di giorni fruibili in questa modalità, poi l’analisi dei dati ha permesso di ottimizzare l’organizzazione e capire che bastavano tre o quattro giornate al mese di lavoro agile”.

 

Paolo Gaetano Pedronetto, Executive Manager Risorse Umane di cameo: “Il lavoro agile è anche un tema di cultura industriale. In cameo, una parte delle persone ha la possibilità di scegliere dove lavorare, se in sede oppure, per tre giorni al mese, dalla propria abitazione. La sede, tuttavia, continua a mantenere la sua centralità attraverso la sua capacità di offrire comfort, spazi adeguati e benessere”.

 

Marco Sala, Partner e COO di PwC Italia: “Oggi con la digitalizzazione cambia il modello di business, si lavora in modo virtuale a distanza, senza scambio fisico di informazioni utili. Conservare il confronto fisico è importante per non perdere valori per la crescita delle persone. Lo Smart working funziona se il leader sa delegare ed è organizzato, se conosce bene le persone e si fida di loro”.

 

Vito De Giorgi, Direttore Risorse Umane e Organizzazione del Gruppo San Donato: “Riguardo al personale di staff nella nostra nuova sede di Milano puntiamo su una formazione culturale dedicata ai capi (chiamata leadership journey) per sostituire al tema del controllo quello della performance. Prima di introdurre lo ‘strumento’ dello Smart working, dunque, è necessario introdurre una nuova cultura manageriale”.

 

Anna Chiara Scapolan, Professore Associato di Organizzazione Aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia: “I metodi didattici stanno cambiando grazie alle nuove tecnologie, non esiste più solo il classico modello di apprendimento topdown, di learning by absorbing. Combinata alla lezione frontale in presenza, oggi ci sono per esempio lavori di gruppo, a progetto, per obiettivi, aule virtuali e tante altre forme di digital learning”.

 

Marco Bertolina, Operation Director di Ramponi: “L’azienda ha spazi molto ampi rispetto al numero di dipendenti ed emerge la necessità di un continuo confronto personale. Nella produzione la rapidità di materialità e manualità rende necessaria la presenza fisica”.

 

Federico Amietta, Organizational Performance and Engagement Director, Europe Industries di Air Liquide: “Con le tecnologie digitali, non esiste più il Paese di riferimento, che è stato sostituito dal cluster. Per l’organizzazione ciò significa che il modo di lavorare cambia. Non sempre è facile cambiare la mentalità delle persone sull’utilizzo di nuovi strumenti e di dati. L’investimento va fatto sia sull’infrastruttura sia sul Change management”.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2020 di Sviluppo&Organizzazione.
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Gabriele Perrone

Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d'impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello. Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all'Independent. Laureato in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.

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