Lavorare in sicurezza, prevenire gli incidenti con cultura e consapevolezza

Ogni Direzione del Personale si occupa di sicurezza sul lavoro, tuttavia poco se ne parla, in qualche modo dandola per scontata. Significativo al riguardo è che in un progetto formativo al quale stiamo lavorando, in una comunità accademico-aziendale, per promuovere e sostenere il ‘good business’, l’argomento rischiasse di non entrare a far parte dei temi da trattare proprio perché la componente manageriale del gruppo di lavoro lo dava per scontato. Il convincimento è così radicato che anche la realtà con la sua drammatica sequenza di incidenti mortali sul lavoro sembra incapace di scalfirlo.

I dati provvisori forniti da Inail ci dicono che nei primi 10 mesi del 2021 in Italia hanno perso la vita sul lavoro 1.017 persone, con valori che si collocano tra i tre e i quattro casi di mortalità giornalieri nella media degli ultimi due anni. Numeri, peraltro, riferiti ai soli morti ‘ufficiali’, cioè alle persone con contratto regolare e alle sole categorie di lavoratori coperte da Inail. Per cui il dato reale è sicuramente più elevato, come ha scritto Chiara Saraceno nell’articolo dal titolo “Morti sul lavoro, il fattore prevenzione”, pubblicato sul quotidiano La Repubblica il 30 novembre 2021. Dato che oltretutto si presenta pressoché stabile nel tempo. Il fenomeno rivela dimensioni e caratteri tali che sembra appartenere alla categoria dei fatti ingovernabili, ai quali ci si deve inchinare accettando una sorta di fatalmente granitica ‘normalità’ delle morti sul lavoro.

Situazione che assume così i tratti dell’ineluttabilità, nonostante tutte le azioni dei sindacati e dei datori di lavoro, l’impegno sociale di alcuni ‘attivisti’ nella raccolta di informazioni, notizie e racconti sui diversi accadimenti. Nonostante, allo stesso modo, le azioni del Governo, di recente peraltro intervenuto al riguardo con un inasprimento delle sanzioni e delle pene per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. E altre norme seguiranno richiamate dal clamore mediatico degli ultimi incidenti e dall’attenzione data all’argomento da Papa Francesco nell’omelia della vigilia di Natale 2021. Nonostante questo, purtroppo, non si notano radicali percorsi di cambiamento.

Tuttavia, è nostro convincimento che (come riportato da Claudio Baccarani e Federico Brunetti in un articolo su Società Italiana di Management dal titolo “Lavoro: una proposta per raggiungere l’obiettivo zero incidenti”) “se è ben vero che eventi avversi non possano escludersi per una varietà di motivi, è altrettanto vero che dietro a questi fatti stanno comportamenti umani che come tali possono essere modificati nella direzione desiderata, per arrivare se non a un azzeramento nel breve delle morti sul lavoro a una loro sensibile riduzione”.

Convinti di questa possibilità, abbiamo avviato un dialogo sul tema dal quale sono scaturite tre prime domande che premono per l’avvio di riflessioni volte alla ricerca delle possibili risposte: quali iniziative dovrebbero affiancare i controlli e la vigilanza per garantire la sicurezza sul lavoro? Esistono tecniche innovative che potrebbero essere adottate dal lato della prevenzione? Gli insegnamenti di management universitari potrebbero avere un ruolo nella riduzione degli incidenti sul lavoro? Nell’articolo proponiamo una prima risposta ai quesiti citati.

È la cultura della sicurezza che determina l’efficacia della prevenzione

A evidenza, il piano normativo con i controlli che comporta non basta a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, la quale non può essere frutto di semplici attività ispettive condotte sulla base del principio della sfiducia nei comportamenti degli operatori d’impresa. Invero, l’intervento dello Stato nel prevenire i rischi non di mercato attraverso le norme legislative si legittima per il fallimento del mercato nell’evitare i costi sociali o effetti esterni negativi della gestione aziendale.

Per l’impresa significa il sostenimento di costi di osservanza delle norme (compliance cost). Alcuni obbligatori, per esempio quelli dell’assicurazione Inail contro gli infortuni; altri –la maggioranza– discrezionali, come la spesa per i Dispositivi di protezione individuale (Dpi). La discrezionalità economica include e riflette anche quella organizzativa: quale composizione scegliere circa i membri dell’Organismo di vigilanza (Odv) e quale modello adottare per la prevenzione dei rischi, europeo o funzionale. I costi discrezionali di prevenzione riflettono le decisioni della politica aziendale di prevenzione, frutto dell’autonomia della Direzione aziendale e/o dell’imprenditore. Gli investimenti-costi discrezionali risultano più efficienti nella prevenzione dei rischi rispetto a quelli obbligatori, come evidenziato dallo studioso Yingbin Feng sulla rivista Safety Science, in un articolo dal titolo “Effect of safety investments on safety performance of building projects”.

I motivi sono due: gli investimenti obbligatori sono imposti dallo Stato in modo generalizzato per tutti gli attori economici e quindi possono rivelarsi poco efficienti per la singola impresa e le sue specifiche esigenze di prevenzione; gli investimenti discrezionali sono decisioni selettive riferite alle situazioni di rischio più critiche e quindi suscettibili di un’efficienza maggiore. Circa gli investimenti obbligatori in prevenzione, la ricerca scientifica indica che risultano più efficienti in presenza di alti livelli di cultura della sicurezza e di attività pericolose. In ogni caso è la forte cultura della sicurezza che determina l’efficienza degli investimenti, sia discrezionali sia obbligatori, e che garantisce il miglior coordinamento dei comportamenti organizzativi nella prevenzione dei rischi da lavoro.

È la prerogativa ineludibile della leadership aziendale, come ha affermato l’esperto di sviluppo organizzativo Edgard H. Schein: “L’unico compito realmente importante del leader consiste nel creare e gestire la cultura d’azienda (inclusa la sicurezza, ndr) e quindi l’unico talento che deve possedere il leader è quello di saper gestire la cultura”. La cultura della sicurezza in impresa (quale priorità la sicurezza assume per la leadership, come integrare sinergicamente la sicurezza nel funzionamento dell’impresa) si fonda sui valori sottesi alla normativa europea e a quella italiana a partire dal D.lgs 81/2008, cioè: il mantenimento e lo sviluppo della salute migliora l’economicità delle imprese e delle finanze pubbliche; la tutela della salute è una componente costante della cultura e della competenza professionale dei dirigenti, preposti e lavoratori; la sicurezza va programmata e organizzata in modo specifico, per esempio attraverso un budget e il modello europeo di prevenzione; quest’ultima è un processo multidisciplinare e quindi va partecipato tra tutti gli attori coinvolti. L’agire secondo le norme, ma nel contesto di una forte attenzione della cultura aziendale alla sicurezza sul lavoro, appare come la condizione necessaria per un’efficace azione di prevenzione contro gli incidenti sul lavoro.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2022 della rivista Persone&Conoscenze.
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sicurezza, Etica e virtù nel lavoro pubblico, compliance cost, Inail


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Claudio Baccarani

Claudio Baccarani è Professore Emerito di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Verona. Ha pubblicato in ambito nazionale e internazionale e si è occupato di: imprenditorialità, teoria dell’impresa, benessere nell’organizzazione, creatività, marketing territoriale, qualità nei servizi.

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