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Lo sguardo relazionale come antidoto alla società dell’individuo

Lo sviluppo della persona può essere percepito – se si ragiona in un’ottica antropologica – come processo di interazione sociale, ovvero come socialità, incontro dell’Io e del Tu, affettività legata alla prossimità, che possiamo definire “relazionalità”. Ma questo concetto, inteso come collante della società, non appartiene né al XIX secolo che ha visto la nascita della sociologia, né a quello attuale dei social e dell’infosfera. Possiamo leggerne una definizione già nel mondo classico in una epistola di Seneca, il filosofo utilizza una preziosa metafora: “Noi siamo consanguinei, socievoli e interdipendenti come pietre di una volta” (lettera 95, 52).

L’agile volume Beni relazionali. La conoscenza che accomuna (Pierpaolo Donati, Luigi Alici, Gabriele Gabrielli) coniuga egregiamente questa idea come pietra angolare di una società centrata sulla conoscenza. Le pietre ‘di una volta’ sono nei contesti di lavoro, nei circuiti della conoscenza e, infine, nelle nuove politiche di welfare della società. Per il sociologo Pierpaolo Donati, fra gli autori del libro, il riferimento all’antropologo Gregory Bateson è d’obbligo, in particolare all’idea della struttura che connette: “La vita è una qualità della struttura e la struttura è relazionale”. Ma l’elemento che gioca come filo conduttore dei tre contributi del volume è lo sguardo relazionale al lavoro nella contemporaneità.

Donati parla di visione del lavoro come bene relazionale che “genera una conoscenza sapienziale”: questo concetto è ricco di inferenze e rimanda a una visione pedagogica del lavoro. Un altro autore, il filosofo Luigi Alici, richiama – con il riferimento al lavoro del premio Nobel per l’Economia 2009 Elinor Ostrom – il tema dei beni comuni e della logica delle azioni collettive, centrate sulla fiducia nelle attitudini collaborative degli esseri umani. Infine, l’imprenditore, coach e consulente Gabriele Gabrielli declina l’idea dello sguardo relazionale come ‘chiave’ del capitale sociale. Questo tema richiama anche l’idea della sostenibilità del lavoro secondo quanto indicato nell’ottavo goal dell’Agenda 2030. Dalla lettura dei diversi contributi emerge che il presidio dei valori relazionali può essere l’humus fondamentale di una convivenza giusta. Questa istanza diventa anche elemento basilare e speranza per un futuro sostenibile, di inclusione e sviluppo.

Da soli si hanno miraggi, insieme si costruiscono sogni

Nell’ultima enciclica scritta da Papa Francesco e dedicata alla fratellanza, leggiamo: “Nessuno può affrontare la vita in modo isolato. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti”. Da qui, l’espressione di grande efficacia in cui sostiene che da soli si possono avere miraggi, mentre i sogni si fanno solo costruendo insieme. La comunità può, insomma, essere vista come parte dell’antidoto alla fragilità. Di fronte alle nuove forme di egoismo e di perdita di senso sociale bisogna ricostruire giustizia e solidarietà, giorno dopo giorno: senza equità nascono nuove povertà; questa la lezione di uno scritto che può essere condiviso anche da una prospettiva laica.

L’attualità del volume sui beni relazionali è anche correlata al bisogno di riflettere sul disagio generato dai tempi in cui viviamo. L’emergenza pandemica spinge verso “la via comoda dell’assenza di relazioni” e, mettendo a nudo le fragilità individuali, pone come antidoto il legame di fratellanza nella relazionalità. Al lavoro spetta oggi più che mai, invece, il compito di generare legami di prossimità, superando il mero paradigma prestazionale. Dal libro, dunque, emergono preziosi indizi ed esortazioni per coloro che lavorano nella Direzione del Personale, ma anche per chiunque voglia intravedere concreti princìpi-speranza (per dirla come il filosofo Edgar Morin) per una rigenerazione da costruire insieme.

La risposta dell’autore: le relazioni e i loro beni guadagnano il centro del palcoscenico organizzativo

La recensione di Giuditta Alessandrini coglie appieno il senso del volume. L’obiettivo degli autori, infatti, era proporre lo ‘sguardo relazionale’ come approccio e categoria capace di fare incontrare i beni relazionali con quello comune. Da questa prospettiva, allora, non si può non essere d’accordo con la sottolineatura proposta, che qualifica lo sguardo relazionale come “antidoto alla società dell’individuo”. Può essere interessante aggiungere che questo volume, proponendo un percorso unitario di approfondimento dei beni relazionali declinato dalla prospettiva sociologica, filosofica e di management, celebra l’impegno decennale della fondazione Lavoro per la persona nei riguardi di questo aspetto. Una categoria particolarmente generativa che segnala la natura più autentica dell’uomo, individuando nelle relazioni la fonte del benessere delle persone e della società.

Le relazioni, dunque, osservate come strumento svincolato dall’ottenimento di qualche interesse o vantaggio personale, piuttosto considerate come un bene in sé. Un paradigma capace di guardare con occhi diversi anche le categorie del tempo e dello spazio. Il primo, in questa prospettiva, da merce che va consumata con immediatezza, all’istante è trasformato in spazio per progettare il futuro che, non togliendo dignità e valore al passato e al presente, getta piuttosto una luce diversa su azioni come l’intraprendere, lo scegliere e il consegnare che segnano l’umana responsabilità. Mentre lo spazio diventa luogo abitato da ‘soggetti relazionali’ che partecipano e fruiscono di beni di questo tipo in ambiti diversi come la ricerca, l’impresa e il lavoro, l’educazione, la vita sociale e politica.

Alessandrini, allora, ha profondamente ragione quando scrive che la prospettiva dei beni relazionali “rimanda a una visione pedagogica del lavoro”. Gli scritti ospitati nel volume, infatti, vogliono testimoniare il connubio inscindibile di lavoro e persona all’interno di un’antropologia relazionale che deve alimentare anche l’economia, il mercato e l’impresa quali forme della società civile. D’altro canto anche la pandemia ha contribuito a rafforzare l’idea che le relazioni debbano guadagnare il centro del palcoscenico organizzativo.

Ascolto e dialogo, gli ingredienti del benessere

Osservando il mondo delle imprese, sembra prevalere, – seppur all’interno di una cornice che propone differenti posizioni nel disegnare scenari post pandemici – il sentimento secondo il quale non è possibile immaginare il lavoro senza luoghi dove esso possa fiorire attraverso lo stare insieme. Insomma, come attività che genera legami nella prossimità che, oltretutto, è quello che oggi preme di più anche ai lavoratori. Mai come ora le persone avvertono il bisogno di spazi e momenti di confronto, di essere ascoltate, di trovare parole e comportamenti di sostegno. Vogliono parlare; si sentono sole. Certo, sono ben consapevoli che la tecnologia riesce a farle lavorare anche più comodi, ma stanno sperimentando che essa non è capace di rispondere alla domanda di socialità e riconoscimento che le rende irrequiete agitandole nel profondo.

Il sociale, d’altro canto, precede sempre l’individuo, che ne ha bisogno, si forma ed evolve con le relazioni. Per queste ragioni, il volume contiene, secondo Alessandrini, “preziosi indizi ed esortazioni per coloro che lavorano nella Direzione del Personale”. Condividendo questa valutazione, pensiamo che gli scritti suggeriscano la costruzione di pratiche fondate su ascolto, riconoscimento, incontro e dialogo quali risorse indispensabili per generare benessere. Non c’è alcun succedaneo, dunque, che possa prendere il posto delle relazioni e dei beni che possono generare.

L’articolo è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2022 di Sviluppo&Organizzazione.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

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Giuditta Alessandrini

Giuditta Alessandrini è Professore ordinario Senior di Pedagogia Sociale, Pedagogia del Lavoro e Pedagogia delle risorse umane e delle organizzazioni presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Attualmente è anche Professore Straordinario presso l’Università Mercatorum. Tra i suoi scritti: Pedagogia delle risorse umane e delle organizzazioni, Manuale per l’esperto dei processi formativi, Comunità di pratica e società della conoscenza, Atlante di Pedagogia del lavoro, Sostenibilità e capability approach, Diversity management. È membro del Segretariato AsVis; fa parte dei valutatori del Cineca (Miur); ha svolto attività di consulenza, docenza e progettazione formativa per numerose imprese ed enti.

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