
Mobbing, se lo conosci… ti difendi
Di mobbing si parla da anni: ma siamo davvero in grado di riconoscerlo quando lo viviamo o lo osserviamo? È la domanda che pone Andrea Castiello d’Antonio, Psicologo Clinico e Psicoterapeuta, nel suo libro L’aggressività distruttiva nel mondo del lavoro (Hogrefe, 2024), un’opera che affronta il tema della violenza morale nei contesti professionali da una prospettiva tanto clinica quanto organizzativa.
Il volume è il frutto di decenni di esperienza dell’autore e rappresenta un unicum nel panorama italiano. Non si limita a descrivere il mobbing, ma lo inserisce in un quadro più ampio: quello della psicopatologia delle organizzazioni, dove a essere analizzati non sono solo i leader tossici, ma anche i comportamenti controproducenti dei collaboratori e le dinamiche irrazionali che attraversano ogni struttura lavorativa.
Secondo Castiello d’Antonio, il mobbing – termine derivato dall’inglese to mob, aggredire – non è sempre il risultato di una strategia precisa e pianificata. Esistono forme ‘casuali’, non intenzionali, che nascono da antipatie, fraintendimenti o conflitti mal gestiti. Diverse le sue origini: può colpire dall’alto, nella forma di bossing, ma anche svilupparsi lateralmente, tra colleghi, o addirittura dal basso verso l’alto. Un aspetto centrale è che questi fenomeni non si consumano mai tra due sole persone: accanto agli aggressori e alle vittime, ci sono gli ‘spettatori’, i complici silenziosi, e i cosiddetti side mobber, coloro che si schierano opportunisticamente dalla parte del più forte.
Focus con le testimonianze concrete
Uno degli aspetti più delicati trattati nel libro riguarda la resilienza passiva. Contrariamente a quanto spesso si pensa, resistere a oltranza senza reagire può peggiorare la situazione: la vittima rischia di interiorizzare la colpa, isolarsi e finire per identificarsi con l’aggressore. Come ricorda Castiello d’Antonio, citando la psicoanalista Anna Freud, si tratta di dinamiche inconsce che possono radicarsi profondamente nella personalità della vittima.
Per passare al contrattacco, alcune organizzazioni hanno introdotto strumenti di supporto efficaci, come sportelli psicologici interni o reti di professionisti esterni (psicologi e psichiatri) a cui le persone in difficoltà possono rivolgersi. Tuttavia, esistono anche casi negativi, dove ambienti ‘malati’ – caratterizzati da psicopatologie della leadership – tollerano o, addirittura, favoriscono ogni forma di violenza, spesso promossa proprio dai vertici.
Nel libro non mancano suggerimenti pratici per chi si trova intrappolato in un ambiente lavorativo tossico. È fondamentale documentare con attenzione, evitare di isolarsi mantenendo contatti con colleghi fidati e cercare un supporto esterno, sia psicologico sia medico. Infine, se la situazione lo richiede, è opportuno rivolgersi ad avvocati specializzati in Diritto del lavoro. A beneficio del lettore, l’ultima parte del volume è dedicata a una raccolta di testimonianze dirette di chi ha subito violenza così da sensibilizzare sulla necessità di osservare con occhi attenti le dinamiche organizzative circostanti.

Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.
