Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Organizzare a regola d’arte

Questa intervista è iniziata quando a Firenze c’erano 34 gradi. Dall’altra parte del telefono, negli ultimi giorni dell’estate tra le due ondate del 2020 della pandemia di Covid-19, rispondeva Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico di Napoli (Mann). Fu un caso non trovarlo nel capoluogo campano, diventato dal 2015 la sua nuova casa. Appena tre anni dopo il suo arrivo a Napoli, Artribune – piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 (questa è la descrizione che si legge sul sito) – lo ha premiato come “miglior Direttore”; un premio che ha fatto seguito a quello assegnato al Mann nel 2017 come “miglior museo italiano”.

Come Giulierini sia riuscito a ridare il meritato splendore al Museo Archeologico di Napoli – secondo le stime del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Mann parte il 75% dei prestiti italiani ai vari musei sparsi nel mondo – è un mix di competenze di settore sommate a quelle di gestione e di organizzazione, con una forte conoscenza del territorio e un pizzico di creatività.

Il museo partenopeo non è certo nuovo a fare da sfondo a grandi imprese. Una su tutte, descritta anche nella pagina che Wikipedia dedica al Mann, fu quella del soprintendente archeologo Amedeo Maiuri che durante le quattro giornate di Napoli in piena Seconda Guerra mondiale, nonostante una gamba ingessata, difese il museo dall’assalto popolare e successivamente impedì pure che gli Alleati lo occupassero (salvo concedere alcuni spazi al genio civile e altri per il deposito di materiale sanitario e medicinali).

Oggi il museo fondato nel 1816 da Ferdinando I delle Due Sicilie con il nome di Real museo borbonico occupa una superficie di quasi 13mila metri quadrati – nel 2021 raggiungerà la sua massima espansione, ricorda Giulierini, avvenuta negli Anni 30 dello scorso secolo – e vanta il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti di interesse archeologico in Italia: nelle sue sale sono esposti oltre 3mila oggetti di valore esemplare in varie sezioni tematiche e sono conservati nei vasti depositi centinaia di migliaia di reperti databili dall’età preistorica alla tarda antichità, sia provenienti da vari siti antichi del Meridione sia dall’acquisizione di rilevanti raccolte antiquarie, a partire dalla collezione Farnese appartenuta alla dinastia reale dei Borbone.

Per rendersi conto delle meraviglie conservate nel Mann, basti il racconto di un episodio molto recente, che però inizia – un po’ come la nostra intervista – più indietro nel tempo. A luglio 2018, Alberto Angela stava realizzando un servizio per il programma SuperQuark proprio all’interno del museo di Napoli, concentrandosi sui reperti legati all’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. distrusse Pompei ed Ercolano. Finite le riprese, l’occhio esperto di Angela cadde su una bottiglia di epoca Pompeiana, al cui interno c’era del materiale.

A novembre 2020, l’Università di Napoli ha svelato che nella bottiglia, ritrovata intorno al 1820 e da allora conservata nel museo, c’è l’olio più antico del mondo. “Il Mann, a mio parere, è tra i musei più belli e importanti al mondo”, ha detto Angela in un’intervista a La Repubblica proprio a seguito della straordinaria scoperta.

Perché sia stato scelto proprio Giulierini per guidare il museo che fino a pochi anni fa era ben lontano dall’attuale situazione ed era lontano dai fasti del passato è l’obiettivo della chiacchierata con Sviluppo&Organizzazione.

Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (foto di Valentina Cosentino)

Ogni storia ha un suo inizio: come è maturata la sua passione per l’archeologia?

Fin da bambino ho sempre avuto il ‘vizio’ di conoscere e approfondire; ero molto affascinato dai dinosauri, passione che alternavo ai soldatini. Dopo la maturità classica, quindi, ho studiato Archeologia, specializzandomi in quella classica con studi in Etruscologia: d’altra parte in Toscana non ci sono scavi legati al ritrovamento di dinosauri e quindi ho dovuto adeguarmi al contesto.

Qual è stata la sua prima esperienza nei musei?

Dopo il concorso sono entrato al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona, in provincia di Arezzo; qui ho curato il lavoro di ampliamento della struttura, fino a realizzarne il raddoppio. Nel 2005 è stata inaugurata la nuova sezione del museo – per metà di proprietà del Comune e per il resto controllato dall’Accademia Etrusca, una onlus privata – e fino al 2014 ne sono stato il Direttore. Nel 2015 è iniziata l’esperienza con il Mann.

Il riferimento che ha fatto alla governance del museo non è casuale: per capire meglio la sua esperienza a Napoli, partiamo da qui?

Fino al 2001 la legge Bassanini permetteva la gestione del patrimonio pubblico da parte dei privati. Poi nel 2001 sono stati introdotti alcuni standard museali, come la presenza di un direttore, un orario di apertura prestabilito, un bilancio, uno statuto. Nel mio caso mi sono ritrovato a ricoprire il ruolo di funzionario della cultura, nonostante la specializzazione in Archeologia. Per potenziare la macchina amministrativa, ne è nata la scelta di firmare protocolli con le università per avere tutte quelle competenze multidisciplinari di cui ha bisogno un museo: architetti, archeologi, comunicatori, designer.

Poi nel 2015 la riforma Franceschini ha riorganizzato il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, valorizzando i musei e indicandone 20 di interesse nazionale – tra cui il Mann – con piena autonomia gestionale e finanziaria, gestiti da direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche. La riforma ha puntato l’attenzione non solo sui parametri quantitativi, ma pure su quelli qualitativi e gestionali – per esempio la realizzazione di progetti culturali – che prima erano secondari. Inoltre la riforma ha assegnato ai direttori il compito di gestire il personale del museo.

Arriviamo quindi al Mann e alla sua selezione come Direttore. Ci racconti com’è stato il passaggio dall’esperienza di Cortona a quella di Napoli.

Cinque anni fa il museo era chiuso per il 30% della sua estensione, ma nel 2022 supereremo la massima estensione che fu registrata negli Anni 30. La prima sfida che ho dovuto affrontare riguardava la necessità di far identificare i dipendenti con il museo, che poi si può considerare come la ‘casa’ delle persone che ci lavorano. Credo che questo aspetto possa generare soddisfazione, anche remunerativa. Nel primo piano strategico (2015-2019) ho quindi voluto inserire i volti dei 150 dipendenti, così da far emergere tutte le persone e superare anche alcune resistenze interne. Poi c’è stata l’attività verso l’esterno e la costruzione del dialogo con il quartiere che ospita il Mann, un ecosistema popolato da giovani e molto permeabile alla cultura.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Novembre-Dicembre di Sviluppo&Organizzazione.
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Mann, Museo Archeologico di Napoli, Paolo Giulierini


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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

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