Prendere decisioni informate grazie all’advisor virtuale

Più che di un semplice assistente, c’è bisogno di un advisor. Meglio se virtuale. Per far fronte alla complessità dei mercati, avere tutte le informazioni a portata di mano e prendere decisioni strategiche in tempi rapidi, le organizzazioni si affidano sempre più spesso all’Intelligenza Artificiale (AI). Secondo una recente ricerca, chatbot e virtual assistant rappresentano il 10% del mercato italiano di investimenti in AI e sono anche i progetti con la crescita più significativa (+28%).

Strumenti come Siri e Alexa sono ormai presenze abituali nella vita di tutti i giorni. Nel mondo B2C, lo spostamento delle relazioni dal piano fisico a quello digitale ha spinto lo sviluppo di strumenti di customer care intelligenti, per rispondere al bisogno delle aziende di interagire in modo nuovo con il cliente, semplificando e personalizzando la sua esperienza. Anche le applicazioni B2B stanno andando nella stessa direzione. Anzi, il mercato si prospetta in crescita: secondo Gartner, nei prossimi cinque anni gli assistenti intelligenti e iperconnessi faranno registrare un volume d’affari pari a 13 miliardi di euro.

Le organizzazioni stanno sperimentando nuove tecnologie di elaborazione del linguaggio naturale, per trasformarle in agenti di comunicazione che possano rivolgersi a collaboratori e clienti. Ad attirare i maggiori investimenti sono gli algoritmi per analizzare ed estrarre informazioni dai dati, che coprono il 33% della spesa (+15%). Seguono le soluzioni per l’interpretazione del linguaggio naturale con il 18% del mercato (+9%) e gli algoritmi per suggerire ai clienti contenuti in linea con le loro preferenze, con un’incidenza del 18% (+15%). “Nei prossimi tre anni oltre il 40% delle applicazioni aziendali avrà un’AI conversazionale e il 25% delle interazioni tra i dipendenti e le applicazioni avverrà mediante la voce”, anticipa Alessandro Davolio, Director of Sales di iGenius, società milanese specializzata in soluzioni di AI nel settore data & analytics.

Alessandro Davolio, Director of Sales di iGenius

Commerciale, Operation ed HR le funzioni più interessate

Il trend attuale, secondo Davolio, è influenzato dal modo in cui, come consumatori, interagiamo ogni giorno con gli assistenti virtuali. “Nell’ambito consumer, secondo PwC, il 60% degli investimenti in AI delle aziende italiane è diretto all’implementazione di progetti di customer care e il 70% dei chatbot è indirizzato ad attività di cura del cliente e post vendita. Il segmento B2B è invece più emergente: “Tutte le organizzazioni che hanno dati a disposizione da monetizzare e sfruttare sono in cerca di soluzioni di questo tipo, per rendere le aziende sempre più data driven”.

Alcuni settori hanno cominciato prima di altri, come i Financial Services o l’Healthcare. Più che il verticale di appartenenza, a fare la differenza è però la funzione dipartimentale: l’area commerciale, le Operation e il mondo HR hanno grande interesse ad individuare soluzioni ideali per integrare i dati nel decision-making.

La scelta di introdurre un assistente virtuale in azienda è motivata da obiettivi diversi: avere un’informazione granulare per valutare le situazioni, prendere decisioni strategiche in modo tempestivo, rendere efficienti i processi interni, essere proattivi al cambiamento di diversi fattori, dalle tecnologie su cui investire alla tipologia di candidati da assumere. “Le nuove esperienze utente stanno nascendo in modi diversi: alcune attraverso interfacce basate su un’estensione del linguaggio naturale e tool analitici di ricerca delle informazioni, altre tramite un advisor, come quello sviluppato da iGenius, a cui è possibile rivolgere domande ad hoc per ottenere tutti gli approfondimenti necessari”, spiega Davolio. “Questo cambiamento delle moderne App di Business intelligence ha consentito grossi passi avanti nell’abilitare un maggior numero di utenti business ad utilizzare informazioni chiave, spesso nascoste in sistemi di difficile accessibilità”.

Il primo tipo di soluzioni sconta, infatti, un problema di complessità: nonostante contribuiscano a una maggiore interpretazione dei dati, questi tool raggiungono un numero limitato di persone dentro le aziende perché richiedono informazioni precise per condurre le ricerche e tempo utile per analizzare le risposte. “Il numero elevato di dati richiede un’esplorazione manuale dell’utente, lunga e soggetta a errori, e può portare a conclusioni incomplete o decisioni sbagliate”. Da qui il cambio di prospettiva, con l’esigenza di un ‘collega’ virtuale in grado di fornire subito la risposta che si sta cercando. “Introdurre componenti di AI consente alle applicazioni di diventare proattive nei confronti degli utenti””.

Dall’assistente all’advisor: è l’App ad avviare la conversazione

Vanno in questa direzione le soluzioni che consentono di interpretare domande libere e risalire alle informazioni indicizzate. Imparano dai quesiti degli utenti, facendo un passo avanti rispetto alle proposte del recente passato. “Il tipico assistente virtuale è disegnato con un’alberatura statica a opzioni: opera, cioè con un sistema chiuso, in cui a determinate domande sono collegate certe risposte”, spiega il Director of Sales di iGenius. Questa impostazione, secondo il manager, rende l’esperienza limitata. “Gli utenti per ottenere le informazioni devono sapere come elaborare la domanda”.

Ecco allora farsi largo proposte – tra cui Crystal di iGenius – in grado di portare la conversazione a un livello più alto, personalizzando l’esperienza dell’utente, sia mediante raccomandazioni contestuali alle domande sia mediante notifiche proattive, che gli consentono di avviare la conversazione. La nuova generazione di chatbot è capace di interagire autonomamente con l’utente, segnalando un evento anomalo o il raggiungimento di un obiettivo. Inoltre, ‘aggira’ le difficoltà delle organizzazioni con dati troppo numerosi, sparsi su più piattaforme o di difficile interpretazione.

In ambito commerciale, per esempio, avere un advisor intelligente consente di tenere sotto controllo le informazioni relative ai clienti. Per i manager che hanno la responsabilità di un team, può essere utile aggiornarsi sulle esigenze del gruppo, per programmare un percorso di coaching mirato e tempestivo rispetto alle problematiche emerse. Il consulente virtuale si presta bene anche al contesto HR, in cui è importante essere allineati su temi quali diversity e inclusione: sapere in quali dipartimenti è più alto il turnover aiuta a pianificare eventuali assunzioni e a migliorare la retention.

“Il consulente virtuale offre alle aziende la possibilità di visualizzare, riconoscere e impiegare i propri dati, risolvendo i problemi di complessità”, continua Davolio. Le informazioni sono rese disponibili tramite tabellari e grafici che indicano i trend in corso e suggeriscono ulteriori aspetti rilevanti. L’App consente una segregazione delle informazioni e una suddivisione degli accessi, a garanzia di sicurezza e compliance. Il vantaggio resta la semplicità di utilizzo: basta una semplice domanda per accedere all’informazione.

“L’obiettivo è abilitare le persone che lavorando all’interno delle aziende a prendere decisioni informate, superando la barriera finora legata alla necessità di avere un background tecnologico o dover fare un training specifico. In questo modo liberiamo nuova conoscenza e rendiamo l’utente indipendente nella sua analisi”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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