Puntare sui prodotti-servizi a maggior valore aggiunto

Se nei Paesi industrializzati il business dei servizi impatta ben più significativamente rispetto a quello dei manufatti (dal 70 all’85%), occorre prendere atto che costituisce in assoluto la leva più importante per l’aumento del Pil. Non a caso il suo aumento degli ultimi 20 anni nei Paesi più avanzati è stato prevalentemente determinato proprio dal business dei servizi. Negli Usa, per esempio, i servizi costituiscono oggi l’80% del Pil e, fatto particolarmente importante per la sua valenza strategica, hanno generato l’80% dell’incremento negli ultimi due decenni.

Ancora più interessante, per le nostre considerazioni strategiche, è il fatto che attualmente circa il 50% del Pil americano è costituito dal business dei servizi di gestione delle informazioni (prevalentemente legati al business digitale). Si consideri inoltre che i servizi, essendo erogati nei Paesi di loro fruizione, non sono penalizzati dall’eventuale maggior costo locale del personale preposto all’erogazione degli stessi, in quanto è localmente uguale per tutti i concorrenti.

Gestire al meglio i fondi del Recovery Plan

Alla domanda su come l’ecosistema Italia può aumentare il suo Pil e il livello di occupazione, occorre rispondere che ci si dovrebbe concentrare di più su come aumentare il valore di quanto si produce. Ciò significa che occorre riorientare al più presto il nostro ecosistema verso prodotti-servizi di maggior valore percepito-riconosciuto dal mercato. Sarebbe un grande errore distribuire le disponibilità finanziarie in modo generico e generalizzato in un sistema produttivo con basso valore prodotto. Occorre cioè evitare la logica di tentare di salvare tutte le aziende con il prioritario obiettivo del mantenimento dell’occupazione nell’attuale configurazione. Significherebbe confermare quanto ci ha reso perdenti negli ultimi due decenni e continuare sullo stesso piano inclinato.

L’effetto negativo sull’occupazione di tale strategia dovrebbe essere compensato dall’avvio di quanto già previsto dal Recovery Plan, e cioè dall’esecuzione di grandi opere pubbliche e di infrastrutture, nonché dai piani di incentivazione di attività green e digitali. Ciò dovrebbe consentire di riattivare un volano occupazionale capace di evitare riduzioni dell’occupazione generale. Occorre tuttavia essere consapevoli che tali infrastrutture costituiscono un fattore necessario per abilitare il nuovo business, ma non sono condizione sufficiente. Potrebbero rimanere cattedrali nel deserto o comunque solo parzialmente utilizzate se non si sviluppasse il nuovo business capace di metterle a frutto.

Investire nel settore turistico

Sicuramente le dovrebbe anche saper sfruttare il business turistico se ben ‘re-impostato’. È inutile continuare a dire che siamo il Paese più ambito al mondo quando invece stiamo continuamente perdendo posizioni nel ranking mondiale delle presenze (con per esempio una Barcellona che vanta più presenze di Roma) e del fatturato turistico. Secondo il rapporto annuale dell’Organizzazione mondiale del turismo (Omt), nel 2019 eravamo già scesi al quinto posto del ranking mondiale delle presenze, con la Francia in testa e gli Usa e la Spagna di poco dietro. L’Italia aveva circa 58 milioni di turisti all’anno contro gli 84 milioni delle Francia. È ancora maggiore la differenza se consideriamo il valore economico, dove scendiamo al settimo posto.

Nel 2019 in fatturato turistico siamo stati superati anche dalla Germania (fatto quasi incredibile). Questa è una conferma che anche nel turismo vendiamo a minor valore; uno scenario incomprensibile, visto il maggior valore intrinseco del patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia rispetto, per esempio, a Spagna e Germania (è paradossale il fatto che la Germania nel 2019 ci abbia superato con un incremento annuale del 4,9% contro il nostro 1,9%).

L’aumento del valore dei nostri prodotti-servizi deve diventare la nuova priorità strategica in questo come negli altri settori. Già conosciamo bene questo concetto nella Moda, in cui un prodotto del costo di poche decine di euro può essere venduto a migliaia di euro. Spesso purtroppo già quel valore associato a prodotti Made in Italy è consolidato altrove e a volte, acquisito il brand, è anche prodotto in altri luoghi.

Per tutelare il nostro Pil dovremmo quindi concentrarci sul come far sì che i nostri imprenditori, che posseggono brand di valore, mantengano in Italia il fatturato correlato; e che possibilmente conservino anche la relativa produzione. Per realizzare una crescita adeguata dovremmo anche dare maggior importanza al business dei servizi in generale (partendo dal Turismo), capendo bene di cosa si può fare nel nuovo scenario digitalizzato.

 

Leggi la prima parte dell’articolo: Ripartenza post Covid: strategie di riposizionamento e rilancio competitivo

Leggi la terza parte dell’articolo: Servitizzazione e digitalizzazione per far ripartire l’ecosistema Italia

post Covid, ripartenza, pil, business dei servizi, turismo


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Giorgio Merli

Giorgio Merli è autore di numerosi libri e articoli sul management pubblicati in Europa e negli Usa; è consulente di multinazionali e Governi, oltre che docente in diverse università in Italia e all’estero. È stato Country Leader di PWCC e di IBM Business Consulting Services

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