Relazioni_azienda

Ritorno alla negoziazione

Una domanda striscia nel nostro inconscio collettivo, ora che s’intravvede l’uscita dal tunnel: con due anni di emergenza covid sulle spalle, con la turbolenza iniettata nelle nostre vite, i suoi momenti di salita e di discesa, speranza e ricaduta, come sarà il ritorno alla ‘normalità’? Le dosi di vaccino e di ansia avranno cambiato qualcosa nelle nostre abitudini, nelle scelte, nelle priorità, nelle relazioni umane dentro e fuori il lavoro? Se potessimo misurare la temperatura emotiva della ripresa della vita civile, avremmo forse qualche difficoltà a parlare davvero di normalità.

All’uscita dall’emergenza non ci aspetterà il trionfo della gentilezza come virtù sociale, naturale anticorpo sviluppatosi sul terreno di un’epidemia che abbiamo condiviso tutti, legandoci in un vincolo solidale nella comune fragilità davanti al virus. Non solo nei tanti episodi di cronaca, con aggressioni, femminicidi, bullismo gratuito, ma nelle più banali micro conflittualità quotidiane tra persone, nelle precedenze in auto o nelle file al supermercato, nei social, nei rapporti con gli insegnanti dei nostri figli e nelle convivenze coniugali constatiamo che nulla è cambiato e non ne stiamo uscendo affatto migliori.

Rancore e acredine circolano sotterraneamente come il virus e battono il sorriso, la fiducia, il rispetto, mentre nel mondo inizia una nuova guerra. Bisognerebbe, allora, tornare con urgenza ai sani princìpi della gestione del conflitto, della negoziazione quale basica competenza relazionale, insegnarla nelle scuole, nelle palestre, nei centri sportivi, se non addirittura predicarla nelle chiese. Nei luoghi di lavoro non c’è dubbio che siamo davanti a situazioni eccessivamente differenziate che influenzano il clima interno.

Ci sono aziende che della pandemia hanno beneficiato, moltiplicando produttività e profitti, assicurando solidi salari e un futuro di relativa certezza ai dipendenti. Altre, invece, sono nel mezzo della tempesta a causa della contrazione della domanda, dell’aumento esponenziale e imprevisto dei costi energetici, della mancanza di liquidità, incapaci di piantare nei dipendenti il seme della fiducia nel domani. In entrambi i casi però il futuro passa per il lavoro: può essere l’impegno a raggiungere traguardi ancora più ambiziosi; può essere lo sforzo di remare senza risparmio di energie nella stessa direzione per tirarsi fuori dalle secche. L’ultima decisiva carta, l’impresa la gioca sul piano della motivazione e della leadership delle sue persone.

Di fronte a un contesto ridisegnato dalla pandemia, davanti alle sfide della trasformazione digitale e della sostenibilità, cui nessuna azienda potrà sottrarsi, i Direttori del Personale dovrebbero cominciare seriamente a preoccuparsi di come costruire relazioni forti, basate sulla fiducia, sulla disponibilità, su rispetto e attenzione per l’altro. Proprio perché occorre agire controcorrente rispetto a un clima sociale in cui la già menzionata gentilezza sembra stentare ad affermarsi. Non è un obiettivo, ma un modo di essere e vedere l’organizzazione. Per questo la ‘leadership gentile’ di cui tanto oggi si parla non basta. Rischia, anzi, di essere una falsa scorciatoia, più una moda legata all’ennesima variante dello stile di guida che un vero modello organizzativo.

Servirebbe invece cominciare a misurare la temperatura emotiva delle relazioni tra le persone in azienda, da cui scaturiscono le virtù relazionali: quelle capacità che, al di là delle competenze professionali, costituiscono la trama e l’ordito di ogni lavoro produttivo. E da qui investire a tappeto sulle abilità negoziali dei collaboratori. Come ci ricorda Roger Fisher, ex Direttore dell’Harvard negotiation project: “Ti piaccia o no, sei un negoziatore. Il negoziato è un fatto della vita. È una comunicazione nei due sensi, intesa a raggiungere un accordo con la controparte. Negli affari, in politica e in famiglia la gente arriva alla maggior parte delle decisioni attraverso il negoziato”.

La capacità di gestire i conflitti, sapendoli incanalare nell’alveo di una relazione assertiva e costruttiva, ancor più della leadership, riguarda tutti i collaboratori, tanto nelle piccole quanto nelle grandi aziende e negli uffici della Pubblica amministrazione (Pa): si tratta della più trasversale delle competenze, quella che è in grado di cogliere tutte le potenzialità della diversità, di sviluppare la conoscenza di sé e dell’altro, di generare attraverso il dialogo, il confronto e il feedback soluzioni alternative e innovative vitali per l’azienda post pandemica. Ricordo che per gli antichi il negotium era il luogo dello scambio, il mercato in cui la vita scorreva all’aperto e scolpiva la dimensione sociale della natura umana dell’individuo. L’antitesi e l’antidoto del lockdown e dei suoi effetti.

L’articolo è pubblicato sul numero di Marzo 2022 di Persone&Conoscenze.
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Francesco D. Perillo

Laurea in filosofia, Francesco Donato Perillo ha maturato una trentennale esperienza in Italia ed all’estero nella Direzione del Personale di aziende del Gruppo Finmeccanica (Alenia, Selex, Alenia Marconi Systems, Telespazio). Dal 2008 al 2011 è stato Direttore Generale della Fondazione Space Academy per l’alta formazione nel settore spaziale. Docente a contratto di Gestione delle Risorse Umane all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e formatore manageriale della Luiss Business School, è autore dei libri: La leadership d’ombra (Guerini e Associati, Milano 2005); L’insostenibile leggerezza del management-best practices nell’impresa che cambia (Guerini e Associati, Milano 2010); Romanzo aziendale (Vertigo, Roma 2013); Impresa Imperfetta (Editoriale scientifica, Napoli 2014), Simposio manageriale - prefazione di Aldo Masullo e postfazione di Pier Luigi Celli, (Editoriale scientifica, Napoli 2016). Cura la rubrica "Impresa Imperfetta" sulla rivista Persone&Conoscenze della casa editrice Este. Editorialista del Corriere del Mezzogiorno (gruppo Corriere della Sera).

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