Team

Altro che two is megl che one

Quando le capacità dei team superano quelle degli individui? Nonostante l’importanza di questa domanda nei più svariati ambiti, c’è chi da tempo è impegnato a lungo per definire una risposta chiara. La ricerca di Abdullah Almaatouq, Assistente Professore del MIT Sloan School of Management, aiuta a districarsi nel tema, mostrando come – stando agli studi fatti dalla sua squadra – i compiti semplici siano eseguiti meglio da singoli individui, mentre quelli complessi siano portati a termine in modo più efficiente dal gruppo. La conclusione della ricerca è che quando i leader si trovano a dover decidere se delegare un progetto a un singolo o a un team, la scelta dovrebbe dipendere dal grado di complessità dell’incarico assegnato.

Per il loro studio, Almaatouq e i colleghi Mohammed Alsobay, Ming Yin e Duncan Watts hanno identificato una classe di compiti in cui modificare la complessità in modo sistematico e senza intervenire su altre variabili. L’efficienza è stata definita dalla relazione tra il tempo impiegato per completare un’attività e la qualità del risultato. Procedendo in questo modo, i ricercatori hanno scoperto che il lavoro di un team comporta costi fissi: le attività devono essere coordinate tra più persone e spesso serve molto tempo prima che si raggiunga un accordo su quale sia l’idea migliore.

“Tutte queste dinamiche sono costi che non esistono per gli individui”, ha spiegato Almaatouq sottolineando, allo stesso tempo, alcuni dei vantaggi del lavoro di squadra, come la capacità di dividere i compiti, quella di lavorare in parallelo per risolvere i problemi più rapidamente o di esplorare un insieme più ampio di opzioni. La conclusione è che man mano che le attività diventano più complesse, queste risorse diventano più vantaggiose: “Con un lavoro ad alta complessità, alla fine, i vantaggi superano i costi fissi. Ed è allora che i team brillano davvero”.

Il difficile equilibrio tra complessità e competenza

Quando i manager vogliono trovare una soluzione a un problema nel minor tempo possibile dovrebbero, dunque, rivolgersi a un gruppo solo se la questione è complessa e a un individuo se è semplice. Ma i ricercatori hanno trovato eccezioni a questa regola. Quando non c’erano vincoli di tempo per risolvere il problema, per esempio, gli individui si sono comportati come i team nonostante la complessità: significa che una persona molto competente, avendo a disposizione parecchio tempo, potrebbe affrontare un compito molto articolato con la stessa efficacia di un’equipe.

Anche avendo meno tempo a disposizione, un unico leader potrebbe sfruttarlo meglio di un team, destinato a spendere molte energie nella ricerca di un accordo. Perché questo approccio funzioni è, però, necessario che chi assegna il compito sappia esattamente chi è il migliore nel risolvere il problema in questione, dal momento che, come Almaatouq e colleghi hanno potuto appurare, i team hanno comunque ottenuto risultati migliori rispetto all’individuo medio.

Definire quale compito sia abbastanza complesso da meritare il lavoro di squadra non è semplice. Anche lo studio di Almaatouq, da questo punto di vista, è ancora in evoluzione. “Stiamo sviluppando un linguaggio per descrivere la natura dei diversi compiti, un linguaggio che finora ha identificato 42 punti”, ha spiegato. Tali variabili includono la complessità, così come, per esempio, la presenza di più di una soluzione corretta o il rapporto tra i requisiti mentali e quelli fisici per la risoluzione di un problema. Questo consentirebbe di classificare le sfide nel mondo reale, capire come si relazionano tra loro e, alla fine, consentire alle persone di determinare le modalità di lavoro più efficienti per risolvere tali compiti. Una manna per qualsiasi manager.

Fonte: Mit Management Sloan School

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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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