Autonomia e responsabilità nel lavoro a distanza

Il recente incremento del ricorso a modalità di lavoro da remoto a livello globale, come conseguenza della diffusione della pandemia di Covid-19 ai fini della riduzione dei livelli di contatto interpersonali, ha riaperto in più sedi il dibattito relativo all’organizzazione del lavoro nell’impresa contemporanea e, in particolare, al tema della gestione delle performance e di quelli a esse collegati (Ponzellini et al., 2020; Barone, Marmiroli, 2020; Bartsh et al., 2020; Wang et al., 2020). Tale dibattito si innesta all’interno della ancora diffusa prospettiva del Performance management (Aguinis, 2009; Otley, 1999) declinata come una modalità di gestione e organizzazione del personale mediante l’assegnazione di obiettivi connessi a una premialità che si esprime in forma di incentivi monetari.

Lo scenario di remotizzazione del lavoro ha rinnovato l’esigenza di ripensare le logiche di controllo e monitoraggio delle attività dei lavoratori che prima potevano essere svolti, implicitamente o esplicitamente, in virtù della presenza fisica nei luoghi di lavoro (Butera, 2018). Infatti, il lavoro da remoto, soprattutto se concepito come “lavoro agile”, normato dalla disciplina lavoristica italiana attraverso la Legge 81/2017, rende difficili tali modalità di controllo. E il riferimento non è solo al limite fisico della non-presenza nei locali aziendali e quindi lo sfuggire al diretto controllo, anche visivo, dei supervisori, ma anche e soprattutto alle diverse modalità organizzative che il lavoro agile introduce (De Masi, 2020).

Nello specifico è la norma stessa che regola il lavoro agile in Italia a fare espliciti riferimenti alla natura organizzativa sui generis di questo istituto, laddove lo definisce come una modalità di lavoro che può essere svolta mediante “forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”. È quindi chiaro come non sia tanto o solo la differenza di luogo di lavoro a creare una discontinuità rispetto al passato, quanto piuttosto una diversa modalità organizzativa che può mettere al centro proprio quella dimensione degli obiettivi che il Performance management ha tentato di governare individuando, spesso, nell’incentivo monetario uno strumento di riallineamento tra gli obiettivi del “principale” e quelli dell’“agente” secondo, come vedremo, la teoria dell’agenzia.

Una ‘riforma’ del Performance management 

Allo stesso tempo non sono poche le critiche che la letteratura (Deci, 1971) ha rivolto alla declinazione monetaria del Performance management. In particolare indicando come esso possa contribuire a demotivare il lavoratore rispetto all’oggetto intrinseco del lavoro che gli è richiesto, e quindi dell’obiettivo specifico da raggiungere (coincidente con gli obiettivi aziendali), focalizzando la sua attenzione su una motivazione estrinseca a esso (l’incentivo monetario), sebbene strettamente legata ai risultati in una dinamica di causa-effetto. Critiche che appaiono rafforzate in un contesto economico e sociale caratterizzato da una forte crescita dei livelli di complessità dei processi produttivi e della permeabilità tra produzione e consumo, elementi che richiedono maggior creatività e personalizzazione nell’esecuzione del proprio ruolo.

Alla luce di questo scenario complesso e in evoluzione, nel quale alle critiche rivolte al Performance management si aggiunge la diffusione massiccia, sebbene non maggioritaria (Cetrulo et al., 2020), del lavoro da remoto (Ilo, 2021), il presente contributo vuole interrogarsi su quali siano gli elementi di questa modalità di lavoro che possono contribuire a una ‘riforma’ del Performance management che ponga al centro soprattutto incentivi non monetari, che proprio la remotizzazione del lavoro, se intesa nel senso del lavoro agile, potrebbe portare con sé.

La probabilmente non più sporadica diffusione di questa modalità nella fase post pandemica sembra inoltre chiedere proprio un rinnovamento – probabilmente già necessario – del Performance management che possa far evolvere lo strumento oltre l’identificazione con l’incentivo economico. Il contributo si sviluppa a partire da una rassegna delle principali caratteristiche e criticità avanzate per mostrare quali siano a oggi nel dibattito scientifico le posizioni aperte. Seguirà poi un tentativo di caratterizzazione del lavoro agile quale nuove modalità di organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi e in ultimo un tentativo di identificazione di elementi di complementarietà tra Performance management e lavoro agile e di spazi di rinnovamento del primo.

Il Performance management tra incentivi economici e non-economici

La letteratura sul Performance management è particolarmente ampia (Brown et al., 2019) e l’obiettivo qui non è quello di ripercorrerla integralmente, quanto piuttosto di identificarne le dimensioni principali suddividendole all’interno di due macro gruppi, che non per forza procedono su binari paralleli: quello che pone al centro la dimensione degli incentivi monetari e quello che riguarda gli incentivi non monetari.

Il primo insieme di teorie e di analisi è maggioritario e affonda le sue radici nella scienza dell’organizzazione moderna ed è spesso difficilmente distinguibile dalla teoria sulla Performance appraisal (Murphy e Cleveland, 1995). Distinzione che genera non poche confusioni e che rischia di ridurre un approccio in realtà più ampio alla mera valutazione ex post delle attività lavorative. Al contrario teorie mature del Performance management individuano nella valutazione delle prestazioni una delle fasi del processo complessivo che riguarda anche l’individuazione degli obiettivi, le modalità di monitoraggio, il rapporto tra obiettivo e incentivo necessario a raggiungerlo, ecc. Così considerato il Performance management ha le sue prime teorizzazioni non tanto nella letteratura manageriale quanto piuttosto nella prassi aziendale: si pensi alle innovazioni di Ralph Cordiner negli Anni 50 in General Electric, ma anche, volendo risalire più indietro nel tempo, al cosiddetto “modello DuPont”.

Il legame tra incentivi economici e organizzazione delle performance può essere letto all’interno di diverse teorie economiche che si sono susseguite e che hanno plasmato l’idea dell’impresa e delle sue relazioni interne. In particolare il riferimento sottostante, e che fonda teoreticamente la prospettiva del Performance management, sono le teorie che hanno legato tra loro la dimensione degli incentivi economici e l’incremento dell’impegno personale nell’esecuzione dei compiti assegnati. Seguendo Boner e Sprinkle (2002) è possibile identificarne quattro in particolare, che ancora oggi possono essere individuate alla base dei modelli adottati e che, in diversi aspetti, risulteranno utili anche nella comprensione degli elementi di novità che il lavoro agile può introdurre.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo-Aprile 2021 della rivista Sviluppo&Organizzazione.
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lavoro agile, Performance management, incentivi economici


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Francesco Seghezzi

Presidente di Fondazione ADAPT e Assegnista di Ricerca all’Università di Modena e Reggio Emilia


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