Digital transformation

Digitalizzare gli sprechi è un rischio concreto (ma evitabile)

Il Piano Industria 4.0 ha dato (e sta dando) i suoi frutti e sono diverse le aziende che da qualche tempo puntano all’unione di tecnologia, automazione, connessione virtuale, dati e Intelligenza Artificiale attraverso l’adozione di software come i Manufacturing execution system (Mes) o i Warehouse management system (Wms) per la gestione dei magazzini. O, ancora, sfruttando l’Asset management per monitorare i consumi e le risorse interne. Lo dicono anche i dati diffusi dall’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione (Ucimu) per il 2021: il settore della robotica e dei macchinari, anche grazie ai piani di investimento del Governo, ha registrato per quest’anno un incremento del 22%, mostrando come le aziende stiano acquistando e innovando i propri processi e strutture.

Tuttavia, il rischio è che le imprese non riescano a mettere realmente a valore gli investimenti, dal momento che spesso le soluzioni tecnologiche, i software e i sistemi gestionali sono pensati per le aziende medie e grandi, con una flessibilità che fatica ad adattarsi alle piccole (che caratterizzano la maggior parte delle imprese italiane). Questo è il pensiero di Fabrizio Riccomi, Founder & Owner di NeroSuBianco, che si occupa di analizzare la situazione delle aziende aiutandole a capire come efficientare davvero gli sforzi messi in campo con gli investimenti.

“Chi vende tecnologia per il settore manifatturiero offre modelli e applicazioni di business per aziende medio grandi, tendenzialmente. I gestionali più conosciuti al mondo, per esempio, sono molto efficienti, ma allo stesso tempo poco flessibili. Chi produce questa tecnologia lo fa su un modello scalabile, ma non molto adattabile”. Un difetto, questo, che secondo Riccomi porta le Piccole e medie imprese (PMI) a doversi sforzare enormemente per adattarsi alle tecnologie, e non il contrario.

L’innovazione può anche essere controproducente

Dal punto di vista pratico, però, l’acquisto di nuovi strumenti e l’adozione di processi innovativi potrebbe rivelarsi per le aziende controproducente, se prima della digitalizzazione non si pensa all’ottimizzazione delle procedure. “Una PMI dovrebbe quindi puntare prima all’analisi e al miglioramento dei processi, traducendo ciò che già fa su carta in digitale quando è pronta”. E solo successivamente scegliere i gestionali e i macchinari adatti. Così, eviterebbe di digitalizzare gli sprechi consolidando strutture farraginose e traslando semplicemente le cattive pratiche dalla carta al computer, spiega Riccomi, secondo cui le tecnologie dovrebbero essere solo l’ultimo tassello della strategia, per evitare di cristallizzare lo stato confusionale che spesso caratterizza le fabbriche prima di diventare smart e digitalmente efficienti e produttive.

Una soluzione può essere l’adozione di un approccio contrario a quello classico. Invece di acquistare le tecnologie come primo passo per l’innovazione aziendale, le imprese possono pensare — affidandosi a consulenti esterni — a uno scouting dedicato per individuare quali siano i macchinari e i software più adatti e adattabili alla gestione che già avviene manualmente, migliorandola, eseguendo una diagnosi predittiva e preventiva che faccia emergere le criticità e le potenzialità ancor prima di investire concretamente. Questo permetterebbe di avere chiaro sia il quadro presente sia quello futuro, grazie a un’analisi che tenga in considerazione tutti gli aspetti più importanti, dai bilanci alle tecnologie (attuali e previste), fino ai processi nella loro interezza. “Noi, per esempio, dopo un affiancamento in azienda consegniamo un report completo. Solo alla luce di esso forniamo poi una proposta di efficientamento con macchinari e tecnologie specifiche”.

Risolte le macro criticità, ci si può affidare a uno strumento informatico che tracci, per esempio, flussi e ordini produttivi, che renda possibile il monitoraggio costante dei pezzi lavorati e che migliori il processo nella sua totalità, per recuperare tempo e ridurre gli sprechi in maniera ottimale.

Quando il percorso verso la digitalizzazione parte da zero tutto è (paradossalmente) più semplice

Facendo un passo indietro, sembrerebbe un paradosso, ma le PMI con uno stato di digitalizzazione pari a zero (o quasi) potrebbero essere quelle più fortunate, in vista di investimenti ed efficientamenti tecnologici. “In questo caso, non c’è nulla di compromesso e si possono individuare nuovi processi costruendoli su basi solide”, spiega Riccomi, che per mostrare i benefici di questa situazione porta l’esempio di un’officina meccanica (che rappresenta molte PMI italiane), nelle quali il know how appartiene (quasi) esclusivamente alle figure senior, rendendo il processo poco fluido e totalmente a rischio in quanto dipendente dalla presenza fisica di pochissime persone chiave.

“In questo caso le criticità pre digitalizzazione possono essere diverse, come abbiamo notato lavorando con questa carpenteria pesante di lavorazioni meccaniche per l’industria. La fabbrica può diventare già più efficiente quando si allarga la platea di lavoratori responsabili che conoscono i processi. Lo si può fare, inizialmente, attraverso un primo software di pianificazione che non sia troppo complesso – come lo sono i Mes  – in modo da avviare le basi per una fabbrica smart che utilizzi sistemi informatici semplici ed affidabili, per poi passare in una seconda fase a completare il processo di interconnessione dei macchinari, di tracciamento dei lotti con l’utilizzo di sensori o altri sistemi di localizzazione automatica di pezzi finiti e semilavorati, e infine all’integrazione completa del processo produttivo mediante l’implementazione di un Mes.

Grazie a una consulenza mirata pre digitalizzazione, dunque, è possibile procedere con un passaggio graduale, non traumatico e con una modifica delle procedure che sia semplice per tutti, adatta allo stato di digitalizzazione dell’azienda e benefica tanto per l’impresa quanto per i suoi lavoratori, i cui compiti risulteranno via via più sicuri, efficienti e spalmati in maniera intelligente grazie alle tecnologie 4.0.

digitalizzazione, PMI, NeroSuBianco, Fabrizio Riccomi


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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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