Gestire l’indebitamento senza limiti dopo l’emergenza

Le drammatiche conseguenze economiche e sociali dell’epidemia da coronavirus stanno imponendo agli Stati interventi che nel passato sarebbero stati giudicati improponibili. L’urgenza degli eventi impone una sola strada: l’indebitamento senza limiti. All’insegna del ‘poi si vedrà’.

Il ‘poi’ dovrà passare necessariamente da una revisione delle politiche fiscali, che i singoli Paesi non potranno realizzare senza tener conto di quelle degli altri Stati.

Emmanuel Saez e Daniel Zucman, giovani economisti francesi, allievi di Thomas Piketty, che insegnano all’Università di Berkeley in California (quella che anticipò i movimenti studenteschi degli Anni 60), con il loro The Triumph of Injustice (W.W. Norton & C., 2019) propongono una radicale riforma fiscale per gli Usa, che per molti versi vale anche per il nostro Paese, citato più di una volta dagli autori come caso di studio. L’obiettivo è quello di un fisco più equo, che consenta allo Stato di offrire a tutti i cittadini i servizi sociali essenziali, in particolare l’istruzione e la sanità, senza frenare la crescita economica. Le loro argomentazioni colpiscono molti tabù.

Il primo è che una forte progressività delle imposte sul reddito scoraggi lo sviluppo. I due economisti dimostrano che quando la progressività era alta, dai tempi di Franklin Delano Roosevelt al 1980 (con aliquote marginali che toccarono il 90%!), la crescita economica fu superiore rispetto a quando si sono alleggerite le tasse sui ceti più ricchi, dal 1980 a oggi.

Il secondo è il timore instillato in una vasta platea di contribuenti che un’imposta sul patrimonio sia destinata a colpirli. In realtà, essa sarebbe limitata ai grandi patrimoni, per lo più finanziari, e potrebbe dare un buon gettito, data la concentrazione attuale della ricchezza, anche con aliquote minime.

Il terzo tabù è che sia conveniente ridurre le tasse sulle imprese, portandole a livelli inferiori a quelle sulle persone fisiche. Questo orientamento favorisce i ceti più ricchi, che possono agevolmente trasformare i propri redditi personali in finti redditi d’impresa. Inoltre, si innesca una deleteria competizione al ribasso delle tasse sulle aziende tra i diversi Paesi. Gli autori propongono quindi un’equiparazione e un collegamento tra imposte personali e imposte sui capitali, possibilmente concordata a livello internazionale, per esempio tra i Paesi del G20.

Andare oltre la tassazione sulla ricchezza

Interessante è anche la riflessione degli autori sulle tasse sui consumi. L’Iva in Europa, e le imposte sui consumi in Usa, sono fortemente regressive, perché i meno abbienti spendono tutto o quasi il loro reddito in consumi, a differenza dei più ricchi. A loro parere, sarebbe preferibile una flat tax universale piuttosto bassa.

In sintesi, la loro proposta complessiva per gli Usa è la seguente: una tassa sulla ricchezza (il 2% di aliquota per chi possiede oltre 50 milioni di dollari, il 3,5% oltre 1 miliardo); una tassa progressiva sul reddito personale, con un’aliquota marginale massima del 60%; una tassa sul reddito delle società di capitali (30% federale, minimo 25% per i singoli Stati federati); una tassa piatta universale del 6%.

Secondo gli autori, la proposta consentirebbe di coprire integralmente il fabbisogno di risorse per la sanità e l’istruzione gratuita per tutti e di eliminare le tasse sui consumi. In sostanza, permetterebbe di introdurre “un meritevole Stato sociale in America per il XXI secolo, analogo a quello degli Stati europei, ma più avanzato, semplice e organico”.

Sussiste qualche perplessità sull’adeguatezza del gettito previsto. Tuttavia, è da augurarsi che le proposte di Saez e Zucman vengano prese in seria considerazione, anche con riferimento alla loro conclusione: “Qualsiasi ragionamento serio sulla tassazione deve porre la disuguaglianza in primo piano (front and center), tanto più oggi in un mondo di crescente concentrazione della ricchezza”.

Si hanno notizie recenti di contatti tra i Ministri delle Finanze italiano, francese e tedesco per un coordinamento delle politiche fiscali da proporre a livello di Ocse. Nella situazione post coronavirus occorrerà porre una particolare attenzione alle disuguaglianze create dall’ingente indebitamento, inevitabilmente scaricato sulle spalle delle nuove generazioni.

Il riassorbimento del debito non dovrà essere posto sulle spalle di tutta la collettività, ma di chi le ha finanziariamente più robuste. Contrariamente a ciò che si può pensare, questo consentirà a tutte le risorse umane, a tutti i livelli – con la creatività che si sprigiona soprattutto dalle giovani generazioni – di dare il proprio impulso alla rinascita.

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