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Il running fa cv: perché assumere un runner

Lo spunto non è recente. Ma ci torno spesso con la mente nelle uscite domenicali, che corrispondono agli allenamenti più lunghi. Un interessante articolo di un’HR elenca e spiega – su una testata online dedicata al running – le motivazioni per assumere un runner.

Riassumo per brevità i motivi elencati (a questo link si può leggere l’articolo originale I motivi per assumere un runner): capacità di lavorare per obiettivi e orientamento al risultato; self-motivation; disciplina e determinazione; spirito di collaborazione ed empatia; autocontrollo e resistenza allo stress; creatività; organizzazione e gestione del tempo.

Nell’ultimo allenamento, riflettevo sul fatto che nel curriculum si scrive tutto ciò che descrive la persona rispetto ai percorsi di studio e alle esperienze lavorative, ma si limita lo spazio per raccontare le proprie passioni. Eppure, come abbiamo visto, essere un runner – lo stesso vale anche per altre discipline – permette di sviluppare a allenare svariate soft skill. Perché allora, non esplicitarle nei cv?

Preciso che non sono del tutto d’accordo con le competenze indicate nell’articolo. Per esempio, non è detto che un runner sia empatico: posso testimoniare di aver salutato numerosi podisti, incrociati durante i miei allenamenti, senza neppure ricevere un cenno di risposta. E non è scontato che un atleta di endurance sia animato dallo spirito di collaborazione. È pur vero che correre in gruppo è più facile, ma il podismo, con la sua capacità di plasmarsi sulle esigenze di tutti, è spesso praticato in solitudine, aspetto che non dispiace a chi corre.

Di certo sono assolutamente d’accordo in merito alla capacità di gestire e organizzare il tempo, anche sul fronte della conciliazione vita-lavoro. E di questo aspetto, legato in particolare alla paternità, ne ho scritto in Vita da padre runner. Concordo pure su disciplina e determinazione. Anche se – è bene dirlo – generalizzare è sempre sbagliato.

La motivazione intrinseca che muove il runner

Ciò di cui sono convinto è, invece, la motivazione, la vera benzina di ogni runner. Per allenarsi in vista di una gara, sacrificando il poco tempo a disposizione, serve possedere una decisa self-motivation. Professionisti a parte, gli amatori agonisti non corrono per vincere né per conquistare i montepremi, che comunque, a differenza di altri sport, nel podismo sono di solito piuttosto contenuti. A ‘muovere’ il runner è una motivazione intrinseca che impone di superare se stessi a ogni prestazione.

Per la verità anche gli atleti più forti seguono lo stesso principio e non corrono per i soldi. Per esempio, Eliud Kipchoge, l’attuale detentore del record della Maratona e unico essere umano al mondo ad aver corso 42 chilometri in meno di due ore, in carriera ha collezionato numerosi premi monetari, merito delle sue innumerevoli vittorie. Il kenyano – che vive in una fattoria nel suo Paese, ben lontana dalla comune idea di benessere che solitamente si associa agli atleti milionari – ha spiegato di recente di non correre per soldi, ma per cambiare le vite delle persone e per dimostrare che si possono abbattere le barriere.

Il runner medio non ha certo intenzione di essere un esempio per tutto il movimento podistico, ma è alimentato dalla stessa motivazione dei professionisti. Motivazione che gli consente di affrontare, per esempio, le sveglie all’alba, il freddo dell’inverno, il caldo torrido dell’estate, la pioggia battente, il vento ghiacciato… solo per tagliare il traguardo una manciata di secondi prima rispetto alla volta precedente. Che poi è la stessa motivazione dà la carica in ambito lavorativo. La sola remunerazione economica non è in grado di far emergere il meglio delle persone, che nel lavoro devono usare altre fonti di ‘ispirazione’.

Confesso che nelle (poche) selezioni che ho gestito, mi è capitato di dare un’occhiata alla voce “attività extra lavorative” dei cv, alla ricerca di passioni sportive, magari di running. Accanto alle (per fortuna) sempre citate esperienze di volontariato, qualche volta ho scorto la corsa come passione. E ho quindi messo questi candidati – a parità delle altre competenze ricercate – in cima alla lista di quelli da contattare. Pur restando convinto che i runner hanno una marcia in più, ammetto che finora la ricerca non ha ancora dato i suoi frutti. Ma da buon runner, non ho certo intenzione di mollare.

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

Dario Colombo


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