Innovazione ‘aperta’, il Manifatturiero nel post Covid-19

L’impatto del Covid-19 e delle misure di contenimento del contagio rischia di rallentare il processo di innovazione tecnologica e digitale tanto necessario al nostro Paese. Il mondo industriale sta vivendo un momento di forte trasformazione e l’Italia, che è la seconda manifattura in Europa e il cui settore manifatturiero incide fortemente sul Pil nazionale, non può permettersi di restare indietro.

Gli effetti della pandemia si stanno già facendo sentire sulle imprese e, di conseguenza, sull’economia, come confermato da recenti stime di Confindustria. Ma c’è anche chi si sta preparando per ripartire con il piede giusto, non appena il virus avrà allentato la presa sul Paese, guardando agli esempi delle best practice e alla digitalizzazione come leve per la ripartenza.

Il ‘Sistema 4.0’ in Italia è pronto per la sfida e gli ultimi dati presentati dal Cluster Fabbrica Intelligente (CFI), durante l’incontro L’ecosistema dell’innovazione tecnologica nel settore manifatturiero di fronte alle sfide del mercato globale, lo confermano.

Serve un aggiornamento delle competenze

“Bisogna passare da un approccio di competizione a uno di collaborazione e fare massa critica per affrontare le sfide tecnologiche, troppo grandi per una singola impresa da sola”, ha commentato Andrea Sianesi, Presidente Fondazione Politecnico. “Oggi la ricerca e l’innovazione passano da forme diverse rispetto al passato: dobbiamo sviluppare una Open Innovation. E i Cluster, che mettono insieme università, aziende, associazioni e istituzioni, sono il luogo di elaborazione della politica industriale”.

Durante la conferenza, gli esperti si sono interrogati sulla direzione in cui sta andando l’evoluzione tecnologica della manifattura italiana. “Il piano di Cluster Fabbrica Intelligente per il 2020 è di lavorare con tutti gli stakeholder sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale nel settore manifatturiero; sull’economia circolare e sulla sostenibilità; e sull’applicazione di nuove tecnologie, sviluppo di nuovi ruoli e aggiornamento delle competenze nelle aziende nell’ambito dell’industria 4.0”, ha dichiarato Luca Manuelli, presidente CFI, rivendicando il ruolo del cluster nello sviluppo dell’ecosistema collaborativo che supporta la nuova fase di Industria 4.0.

Tra gli obiettivi del 2020 (previsti prima dell’emergenza sanitaria), ci sarebbe anche l’implementazione di 12 Lighthouse Plant, impianti produttivi completamente basati su tecnologie 4.0, con l’obiettivo di diventare un riferimento a livello nazionale e internazionale della fattibilità dei percorsi di sviluppo tecnologico. “I quattro lighthouse di prima generazione sono partiti e vogliamo arrivare a 12, attivando iniziative di open innovation”.

L’ecosistema collaborativo: Competence center e Digital Innovation Hub

“In Italia c’è un problema di percezione: il settore manifatturiero non è considerato come primario anche se è il più importante per Pil ed export”, ha dichiarato Tullio Tolio, presidente del Comitato Tecnico-Scientifico del Cluster Fabbrica Intelligente. “Invece l’industria può dare un contributo fondamentale al Paese nell’affrontare le sfide della grande evoluzione digitale in corso”. Secondo il professore, il riconoscimento dei cluster nazionali da parte del Miur, la definizione di una Roadmap per la ricerca e l’innovazione e il lancio dei Lighthouse Plant e dei Competence center sono stati passaggi chiave per dare una visione e una voce al settore manifatturiero. “La digitalizzazione, l’Industria 4.0 e la sostenibilità sono i principali driver di trasformazione della manifattura, perciò l’Italia non può rimanere indietro in questi ambiti. Per confermare il nostro primato in Europa e nel mondo, servono finanziamenti per l’acquisto di macchinari e tecnologie e investimenti nelle competenze delle persone”, ha ribadito Andrea Bianchi, Direttore Politiche Industriali di Confindustria.

Per questo motivo, l’Associazione degli industriali ha collaborato con il Mise alla creazione di un’infrastruttura specializzata per la formazione e il trasferimento tecnologico. “Sono stati investiti 74 milioni del Ministero per creare centri di competenza con il compito di orientare le imprese sull’Industria 4.0, dare una formazione tecnica alle persone che devono utilizzare le tecnologie e le macchine, fare ricerca industriale, consulenza e trasferimento tecnologico, aiutando le imprese a mettere in pratica l’industria 4.0”, ha spiegato Marco Taisch, Presidente di Made Competence Center.

Ne è nata una rete composta da 22 Digital Innovation Hub (DIH), che forniscono servizi alle imprese, e otto Competence center, poli di ricerca e innovazione legati sia alle università sia alle imprese. “Non dobbiamo dimenticare che tutto quello che facciamo lo facciamo per le PMI. Il nostro compito è aiutare gli imprenditori a orientarsi in base ai loro bisogni specifici: fare un’assessment dell’azienda, aiutarli a capire dov’è il loro valore e dare loro una roadmap per sapere cosa fare per diventare 4.0”, ha sottolineato Gianluigi Viscardi, Presidente DIH Lombardia.

Lo sviluppo dell’Open innovation e i Lighthouse Plant

“Se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo al mondo. Per far sì che sia ancora così nel futuro, la digitalizzazione è fondamentale. Ma serve anche una politica industriale, una visione strutturale e la consapevolezza del ruolo e della funzione delle tecnologie”, ha precisato Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform. “Le PMI che hanno già capito come utilizzare tecnologia e digitale per aumentare il valore aggiunto delle proprie produzioni sono le più competitive. Ora dobbiamo pensare a come dare gli strumenti alle altre e la open innovation può aiutare ad accelerare il processo per non lasciare indietro nessuno”.

Un altro modello di Open innovation si può trovare negli incubatori, ecosistemi di imprese in dialogo con diversi attori, come università, gruppi di ricerca, hub, startup innovative e PMI, che aiutano le aziende a sviluppare progetti industriali, trovando gli investitori per finanziarli e a volte condividendo anche il rischio imprenditoriale. “Per fare open innovation serve un network. Ma non basta attivare circoli virtuosi nei territori, bisogna anche coinvolgere le imprese e convincerle a collaborare con altre imprese, centri di ricerca e università”, ha evidenziato Alessandro Marini, Senior Advisor di Afil.

I Lighthouse Plant rappresentano un esperimento di grande scala per sviluppare ricerca industriale e sperimentale applicando l’open innovation. I primi quattro sono partiti con 113 milioni di euro di investimenti per ricerca e sviluppo e sono: Ansaldo Energia; Hitachi Rail; ABB; Tenova e Ori Martin. “Quello dei Lighthouse è un approccio unico, inventato in Italia e che ora qualcuno in Europa sta iniziando a copiare. Le best practice, però, devono essere progetti replicabili e facilmente trasferibili”, ha commentato Enrico Manlfa, R&D Director Metals di Tenova.

Gli impianti coinvolgono almeno 300 fornitori, il 75% composto da PMI, con l’obiettivo di farli crescere attraverso processi di rete, formazione e condivisione. Un modello che funziona se la Supply chain collabora al progetto e, in alcuni settori meno avanzati, spiegano i relatori dei Lighthouse, si incontrano alcune resistenze. “I fornitori si devono mettere in gioco”, ha sottolineato Fabrizio Gea, Coordinatore DIH di Confindustria. “Dobbiamo portare le PMI negli impianti bandiera, nelle fabbriche vetrina e nei Lighthouse a vedere cosa è stato fatto, perché abbiano una visione unica dell’ecosistema industriale 4.0”.

Il cluster FI sta lavorando a una nuova roadmap italiana, in linea con il programma Horizon Europe, per definire una serie di obiettivi e aiutare a vedere i punti di convergenza con altri Paesi. Inoltre, il CFI ha individuato, oltre ai Lighthouse Plant che sono un esempio di realizzazione concreta degli obiettivi della mappa, la figura dei ‘Pathfinder’: sono aziende che stanno sviluppando tecnologie per aiutare altre imprese e che possono supportare i gruppi tematici che realizzano la roadmap a capire in che direzione sta andando l’innovazione di quelle tecnologie e il loro valore. Il primo Pathfinder individuato è stato SAP, mentre Deloitte sta definendo un accordo per collaborare con CFI in quel ruolo.

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