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Milan e Billy Bean: la lezione manageriale dell’esperto di Analytics

È recente la ‘rivoluzione’ che sta coinvolgendo il Milan. Al termine della stagione 2022-23, Gerry Cardinale, il proprietario della squadra rossonera attraverso la sua società RedBird, ha deciso di allontanare del club Paolo Maldini – storico ex capitano del Diavolo, poi diventato dirigente dopo aver lasciato il calcio giocato – e Fredric Massara, ormai ex Direttore Sportivo del club. Secondo i beniformati, il Milan potrebbe coinvolgere Billy Bean, il manager che ha rivoluzionato il baseball e che, essendo già un collaboratore di RedBird, è tra i candidati per lanciare il nuovo corso della squadra. Bean è noto in particolare per aver ispirato il film Moneyball con Brad Pitt: la pellicola è stata analizzata con attenzione da Gianfranco Rebora, Professore Emerito dell’Università Liuc-Carlo Cattaneo di Castellanza e Direttore della rivista Sviluppo&Organizzazione (edita dalla casa editrice ESTE, editore anche del nostro quotidiano), nell’articolo dal titolo “Talenti, gruppo, leadership: si può fare senza?”, che riproponiamo di seguito nella sua versione integrale

Talenti, gruppo, leadership: si può fare senza?

L’arte di vincere (Moneyball) non è il solito film americano sulla squadra sportiva che trionfa nelle competizioni grazie allo spirito di gruppo e al carisma di un coach. Il protagonista, questa volta, è un manager, non un allenatore né un campione. Il film diretto da Bennett Miller (2011) riprende le vicende della squadra di baseball Oakland Athletics narrate dal libro Moneyball: The art of winning an unfair game di Michael Lewis. Il General Manager di questa squadra, Billy Beane, è interpretato da Brad Pitt. Alla fine della stagione 2001 gli Oakland Athletics sono in crisi finanziaria e dopo un ottimo campionato devono rinunciare ai tre giocatori di maggior talento, Johnny Damon, Jason Giambi, e Jason Isringhausen.

Beane è un personaggio complesso, molto lontano dallo stereotipo del ‘vincente’, sia esso un manager aziendale o un uomo di sport. Billy ha infatti alle spalle una carriera spezzata come giocatore di baseball; considerato all’inizio una grande promessa, aveva rinunciato a una borsa di studio in un’università prestigiosa come Stanford per dedicarsi alla carriera agonistica. Ma si era trovato a essere un giocatore mediocre, presto deluso da performance molto inferiori alle attese, e aveva poi ripiegato sulla professione di manager, sempre nel baseball, ma necessariamente in squadre di secondo piano.

Brad Pitt esce dai suoi ruoli più consueti per dare vita a questa figura di manager, frustrato da esperienze negative tutte vissute in quell’ambiente del baseball che al tempo stesso lo attrae e lo respinge; appare gravato da incertezze e paure, ma anche dotato di una intelligenza sociale che lo porta a generare innovazione attraverso un processo sofferto. Dovendo approntare la squadra degli Oakland Athletics per la nuova stagione senza poter contare su risorse importanti, Beane si guarda intorno, parla con altri manager, studia i giocatori disponibili; in un incontro con lo staff dei Cleveland Indians, conosce Peter Brand, un giovane ‘assistente speciale’ del manager di questa squadra, che si è laureato in Economia a Yale ed è al suo primo lavoro. Colpito dalle idee innovative di questo giovane, lo assume come proprio assistente, puntando sulla scelta di giocatori che avevano ottenuto in passato buoni risultati secondo le statistiche, ma per vari motivi non erano molto reputati e si potevano reclutare a costi bassi. Alcuni di loro erano veri e propri ‘scarti’ del sistema, non si erano inseriti nel contesto di squadra, avevano avuto infortuni o vicende personali negative.

Beane e Brand si intendono, sviluppano un metodo di lavoro e formano la squadra; le cose non vanno bene all’inizio, emergono ostacoli all’interno dello staff, con l’allenatore Art Howe che rifiuta il nuovo approccio e con il team degli osservatori che si sentono scavalcati dal metodo ‘scientifico’ proposto da un giovane economista che non ha nessuna esperienza di baseball. Anche le prime partite vanno male e questo sembra aggravare le incertezze di Billy che si sente sempre uno ‘sconfitto’, rifiuta di assistere alla partite allo stadio e teme sempre di portare sfortuna alla squadra. Tuttavia i due tengono duro, affrontano con risolutezza gli inevitabili conflitti interni, danno fiducia ai nuovi giocatori, contrastano gli ostruzionismi di Howe e ottengono una rapido ribaltamento della situazione.

Gli Oakland Athletics inanellano un sequenza inusitata di 20 vittorie, mai raggiunta anche da squadre più blasonate, e si affermano come rivelazione della stagione, anche se mancheranno la vittoria finale. Beane diviene il manager emergente del baseball, ottiene un’offerta di lavoro principesca dai Boston Red Socks, una delle squadre con maggiori risorse economiche, e sembra quindi acquisire quella caratteristica di ‘vincente’ che non aveva mai espresso. Tuttavia c’è qualcosa in lui che lo frena, che lo porta a rifiutare le offerte più allettanti, a rimanere per un’altra stagione a Oackland e alla fine a perdere quelle opportunità che ormai erano alla sua portata.

L’applicazione delle metriche di statistica ed economia

Ci sono due possibili chiavi di lettura per questo film. Una prima, più convenzionale, fa perno sulla contrapposizione tra un approccio sentimentale e romantico alla pratica sportiva, e un altro moderno, scientifico; quest’ultimo nel baseball fa riferimento alla ‘sabermetrica’, la nuova scienza di analisi del gioco attraverso le statistiche. Il termine (si veda Wikipedia) deriva dall’acronimo Sabr, che sta per Society for american baseball research (Società americana per la ricerca sul baseball) e indica una “linea di ricerca per la conoscenza oggettiva del baseball”. Questa pratica simboleggia l’irruzione nel mondo dello sport della logica dell’economia che sulla spinta del grande valore assunto dal business sportivo finisce per travasarvi i portati della management science. Lo scontro tra il manager sostenuto dal giovane economista e i vecchi osservatori e talent scout può essere quindi letto nel segno di una contrapposizione tra ragione e sentimento, teoria ed esperienza, innovazione e tradizione, oppure conoscenza astratta e formale e conoscenza tacita, qualitativa e contestualizzata.

Si tratta di un contrasto un po’ stereotipato, quale ritroviamo in ambienti anche molto diversi dal baseball e dallo sport. Nel film, la contrapposizione è resa molto bene dalle parole indirizzate a Beane in due distinti colloqui, rispettivamente da Peter Brand e da Grady, il capo degli scout. Brand si rende conto di essere un novellino nel settore, ed è cauto nell’esporre a Billy il suo modo di vedere le cose, tuttavia proprio il fatto di non avere esperienza, abbinato alla sua formazione nelle tecniche quantitative di analisi, gli consente di vedere le cose dall’esterno e di esprimere una critica molto lucida nella sua radicalità. Secondo Peter e le sue analisi statistiche, la perdita di un giocatore di grido come Damon, non è così grave, perché il suo costo non varrebbe le prestazioni, in termini di punti ottenuti in gara. Grady esprime la sua visione con molta maggiore sicurezza, in un tono irato che lo porta alla fine a insultare il General Manager, dal quale non si ritiene ascoltato come la sua grande esperienza meriterebbe. Quando la pratica e l’esperienza giocano troppo in difesa, tuttavia, dovranno inevitabilmente subire la prevalenza dell’innovazione portata da menti giovani e sostenute da maggiore spessore metodologico e teorico. ‘Adattarsi o crepare’ è la sintesi lapidaria con la quale Beane gela l’accorata lamentazione di Grady, prima di licenziarlo per la sua isterica reazione.

Ma il film e i suoi personaggi meritano un meno superficiale livello di lettura. In questa seconda e diversa chiave, può essere dato per scontato il prevalere nel management sportivo di un approccio sostenuto da metodi professionali più avanzati, che attingono abbondantemente alle metriche fondate sulla statistica e anche sull’economia. Alla fine Beane rinuncia all’offerta dei Boston Red Socks, ma questi arriveranno ai massimi successi negli anni seguenti proprio applicando i metodi che con l’aiuto di Brand aveva cercato di introdurre. Il fatto è che Billy e Peter non sono uniti solo da un intento strumentale, dalla ricerca del successo; quando Billy assume Peter è colpito e affascinato dalla combinazione inusuale tra “Yale, economia, baseball”, oltre che dal suo comportamento al tempo stesso rispettoso dell’esperienza altrui e radicale nel portare innovazione: “Sei strano, Peter”, gli dice a un certo punto.

Sentimento e visione romantica non appartengono a ben vedere ai vecchi scout che difendono lo status quo con arroganza, e usano strumentalmente gli argomenti della tradizione del loro sport; sono vissuti più intensamente proprio da coloro che innovano, come Peter che dissolve la sua fredda razionalità di analista quando è chiamato in gioco per risolvere il contratto di un giocatore, e come Billy che vede riemergere l’ombra del suo passato e rifiuta di compiere per una seconda volta una scelta dettata da motivi di carriera e di guadagno. Questi due protagonisti esprimono alla fine qualcosa che travalica il semplice prevalere dell’innovazione sulla conservazione, pur con tutto il suo corredo di battaglie e di difficili prove da superare. La frase di Mikey Mantle – leggendario campione dei New York Yankees – che appare all’inizio dei film (“It’s unbeliveable how much you don’t know about the game you’ve been playing for your
life”), indirizza forse nella giusta direzione: ciò che veramente serve di fronte alla complessità è l’intelligenza profonda delle situazioni. Si tratta di una risorsa che travalica sia l’esperienza sia la preparazione teorica e ne esprime una sintesi a un livello più alto.

La selezione dei giocatori su indicatori di performance

La lezione dei nostri due personaggi si può applicare a tutti campi dell’attività umana che vedono organizzazioni grandi o piccole agire e quindi ‘giocare’ in modo competitivo, impegnando risorse e attivando processi di collaborazione tra persone. Di fronte alla complessità di queste situazioni occorre intelligenza, ma questa non significa solo comprensione razionale, ma richiede anche sensibilità agli aspetti sociali, ai sentimenti e alle emozioni delle persone, richiede grande realismo nel valutare la concatenazione tra i vari fenomeni, nel comprendere soprattutto la tessitura causale delle relazioni interne ed esterne alle organizzazioni. L’opacità dei processi e i limiti cognitivi degli attori inducono facilmente comportamenti imitativi e ripetitivi che sono stati ben studiati dalla Sociologia Istituzionalista. Per questo l’intelligenza profonda, capace di combinare gli aspetti analitico-razionali, sociali ed emotivi, è così importante.

Un aspetto ancora rilevante del film è che porta l’attenzione su una squadra di secondo piano, “di mercato minore” (a small market team) come dice efficacemente il proprietario degli stessi Oackland a Billy, ricordandogli di essere lui stesso un General Manager ‘di mercato minore’. L’intelligenza della situazione da parte di Beane parte da qui, dalla consapevolezza che è inutile imitare i comportamenti delle squadre che hanno maggiori risorse; se un giocatore brillante è stato portato via dai concorrenti è sbagliato pensare di sostituirlo con il più vicino alle sue caratteristiche, come vorrebbero gli anziani osservatori che propongono sempre ‘la stessa minestra’. È qui che occorre pensare in modo innovativo e l’intuizione di Billy troverà una risposta concreta da parte di Peter.

I due sono complementari. Il manager ha sperimentato, nel suo fallimento come giovane giocatore, quanto sia falso il sistema di convinzioni che orienta lo scouting e la selezione dei giocatori. “Tu non hai la sfera di cristallo, non puoi predire a un ragazzo il suo futuro”, dice a un certo punto dello scontro con Grady. Ma è il giovane economista che gli indica la possibile alternativa: conviene selezionare i giocatori seguendo indicatori come la on base percentage (Obp), che misura il numero delle volte in cui il giocatore conquista una base senza aiuto di penalità, passando sopra ad altre caratteristiche negative che riflettono spesso pregiudizi degli scout e abbassano però di molto il costo dell’ingaggio. Siamo fuori qui anche dalla retorica del collettivo, della squadra, del team, contrapposti alle individualità dei giocatori. Billy e Peter non cercano persone animate da spirito di gruppo; cercano giocatori con potenziale tecnico alto e qualche difetto palese; cercano quindi persone motivate a riscattarsi, a prendersi delle rivincite; individui isolati, all’inizio, che poi faranno squadra per necessità. Di fronte a un allenatore scettico, che non fa giocare i nuovi acquisti, arrivano anche a cedere l’unica ‘stella’ della squadra, per obbligare Howe a schierare in campo i neoinseriti.

In questo sono aiutati dalla natura del baseball che, tra gli sport di squadra, è quello più ‘sequenziale’, dove le performance dei diversi giocatori sono meno interdipendenti tra loro, più separabili, rispetto per esempio al calcio, al football americano e soprattutto al basket, lo sport che conosce il massimo dell’interdipendenza tra i ruoli. Mettendo in campo giocatori abili soprattutto in una cosa, ottengono così risultati eccezionali, nonostante la guida di un allenatore scettico e che quasi ‘rema contro’; nonostante il fatto che Billy non vada nemmeno a vedere le partite e si limiti, per precisa scelta professionale, nell’intrattenere relazioni troppo ‘personali’ con i giocatori; nonostante la timidezza di Peter nei rapporti con gli altri. Non c’è nessun ‘trascinatore’, eppure la squadra vince lo stesso, spinta dai singoli, dalla loro voglia individuale di cogliere l’opportunità di riscattarsi.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Agosto/Settembre 2012 di Sviluppo&Organizzazione.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

Milan, Redbird, Billy Bean, Moneyball, sabermetrica


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Gianfranco Rebora

Gianfranco Rebora è Direttore di Sviluppo&Organizzazione, la rivista edita dalla casa editrice ESTE e dedicata all'organizzazione aziendale. Rebora è Professore Emerito di Organizzazione e gestione delle risorse umane dell’Università Carlo Cattaneo – Liuc di Castellanza.

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