Organizzazioni ed ecosistemi basati sulla Blockchain

In questo articolo discuteremo alcune conseguenze della Blockchain sul mondo del lavoro, in particolare dal punto di vista delle organizzazioni. Questa tecnologia, nata nel mondo delle criptovalute, rappresenta, infatti, un potente strumento di allineamento organizzativo e inter-organizzativo su scala globale.

Faremo particolare riferimento alle aziende – ma molti dei ragionamenti si possono applicare anche a organizzazioni no-profit, al settore pubblico – e ad alcune delle grandi sfide che l’umanità deve affrontare, come per esempio il cambiamento climatico, che richiedono il coordinamento di un elevato numero di individui e dei loro comportamenti.

Rispetto allo status quo delle organizzazioni aziendali odierne, discuteremo di come la Blockchain ne renda possibile un ripensamento in termini maggiormente decentralizzati e trasversali, facendole interagire più efficacemente tra loro e orchestrando le risorse a esse associate.

Questi temi diventano ancora più importanti in epoca post Covid, che richiede una forza lavoro remota ed efficace, che può essere coordinata solo attraverso processi e incentivi adeguati e incisivi, piuttosto che con modelli manageriali centralizzati sempre più impraticabili nel contesto attuale.

Analizzeremo, infine, due movimenti principali che ci allontanano dalla conformazione attuale, uno destinato a modificare le relazioni tra le organizzazioni e il secondo inteso a trasformarle dall’interno. Questi verranno trattati separatamente, cercando di costruire un modello mentale di un nuovo tipo di organizzazione che chiameremo Blockchain-based organization (BBO). Nella realtà queste due dinamiche operano in modo simultaneo sul tessuto organizzativo corrente.

Blockchain e Blueprint per una nuova prospettiva organizzativa

La Blockchain, quella originaria di Bitcoin (Nakamoto, 2008) e le sue numerose evoluzioni in seguito all’invenzione del 2008, è una piattaforma intrinsecamente sociale, che mette insieme il contributo di molteplici partecipanti. In estrema semplificazione, questa tecnologia ha due livelli principali, uno infrastrutturale e uno applicativo.

Nel primo i contributori primari sono detti ‘nodi’, operati da individui o enti che mettono a disposizione i loro computer per eseguire un software. Questi sono incentivati per questa attività – in modo diverso a seconda della Blockchain – e sono soggetti a un controllo reciproco, basato su algoritmi noti come ‘di consenso’. L’insieme dei nodi costituisce un network in grado di coordinarsi in modalità peer-to-peer, mettendo a disposizione della comunità un servizio, senza che nessun nodo specifico sia necessario per il suo funzionamento.

Per esempio, Bitcoin realizza un nuovo tipo di valuta resistente alla censura. Le Blockchain più recenti più astrattamente mettono a disposizione una piattaforma programmabile su scala globale, sulla quale possono essere pubblicati un’infinita varietà di servizi. Uno di questi è la valuta.

I nodi fanno implicitamente parte di un’organizzazione. Nel caso di Bitcoin ed Ethereum (Buterin, 2013) – le due principali Blockchain in termini di adozione – le organizzazioni sono anonime e volontarie. I partecipanti possono decidere di farne parte senza esporre la propria identità. Se alcuni attori sono in forte disaccordo – e decidono di interrompere il loro supporto – si verifica quella che viene chiamata una fork, ovvero una spaccatura della Blockchain (che viene definita ‘aperta’) in due o più comunità.

Invece in quelle chiuse, chiamate anche distributed ledger, gli attori sono tipicamente organizzazioni, spesso unite in associazioni, in cui vengono decise le modifiche al protocollo. La loro identità è pubblicamente nota e autorizzata dall’associazione. Un esempio è Libra (Facebook, 2019), la piattaforma di pagamenti digitali, di diritto svizzero, annunciata da Facebook, supportata da Libra Association.

A livello applicativo invece – nel caso di piattaforme programmabili – il software delle Blockchain è detto Smart contract, sulla base di una nomenclatura inventata da Nick Szabo, uno dei pionieri della tecnologia (Szabo, 1994). Si tratta di un nuovo tipo di programma capace, una volta pubblicato sulla Blockchain, di funzionare in modo autonomo e resistente alle manipolazioni esterne. Gli Smart contract interagiscono con interlocutori umani – e potenzialmente anche con macchine – e definiscono le regole dell’interazione in modo garantito e non alterabile unilateralmente, da cui il riferimento ai contratti.

Per questo le applicazioni della Blockchain sono chiamate anche ‘protocolli’, in quanto definiscono la comunicazione e le azioni possibili da parte dei diversi interlocutori, che possono interagire attraverso diverse interfacce. Gli attori che ‘sottoscrivono’ uno Smart contract sono, infatti, vincolati da regole codificate, che li vincolano oggi e nel futuro.

La Blockchain ci ha permesso di riconoscere la moneta come un’applicazione, ma il suo potenziale è significativamente più ampio e punta alla disintermediazione, della finanza per esempio, attraverso le sue applicazioni: prestito peer-to-peer, trading su mercati di scambio decentralizzati, valute stabili, ecc. In generale, laddove una terza parte si fa garante di un certo tipo di asset e dei relativi processi, la Blockchain la può disintermediare scrivendo il processo all’interno di uno Smart contract, che agisce in modo autonomo sulla base dell’algoritmo codificato. Da qui le molteplici applicazioni per la filiera, la compravendita di opere d’arte, l’immobiliare e il copyright.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre-Ottobre di Sviluppo&Organizzazione.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

blockchain, Bitcoin, Libra, Ethereum


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Nicola Attico

Digital Platforms and Blockchain Consultant


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