Più produttivi con la multiculturalità

La multiculturalità sul posto di lavoro è una questione di business. Se in Italia, in termini di cultural diversity, c’è ancora molta strada da fare, negli Usa l’interculturalità in azienda è un messaggio di portata sociale. Le proteste di massa scatenate dall’omicidio di George Floyd del movimento Black Lives Matter (2020) sono state l’occasione per porre una rinnovata attenzione all’inclusione e alla diversità anche sul posto di lavoro, ma non solo Oltreoceano. Nel bel mezzo delle proteste del 2020, gran parte delle aziende Usa si sono unite attorno a un obiettivo comune: affrontare i forti squilibri razziali negli ambienti di lavoro, promettendo più assunzioni di persone appartenenti a gruppi sottorappresentati.

Un’analisi di Bloomberg pubblicata a fine settembre 2023 ha dimostrato che le grandi aziende statunitensi hanno agito proprio in questa direzione. L’anno successivo alle proteste di Black Lives Matter (il 2021 è l’anno più recente per il quale questi dati sono disponibili) 88 aziende appartenenti a Standard & Poor 100 hanno assunto più di 300mila persone, il 94% delle quali non di origine caucasica. Un’operazione possibile grazie alla presa di posizione della Us Equal employment opportunity commission (Commissione statunitense per le Pari Opportunità di Lavoro) che ha richiesto alle aziende con più di 100 dipendenti di segnalare ogni anno i dati demografici della propria forza lavoro.

L’inclusione genera maggiore produttività

Nel 2021, le minoranze etniche americane – ispanici, asiatici e afroamericani – costituivano la stragrande maggioranza dei lavoratori inseriti in azienda: una tendenza che, secondo gli analisti, è necessaria per superare la sottorappresentanza di questi gruppi nelle organizzazioni. I maggiori cambiamenti si sono verificati nei lavori meno qualificati, ma la tendenza ha investito anche le altre tipologie di lavoro, interessando anche le posizioni apicali, tanto che la percentuale di responsabili appartenenti alle minoranze etniche è aumentata del 2% rispetto al 2020.

Circa la metà delle aziende coinvolte nell’indagine, tra cui Amazon., PepsiCo, Meta Platforms (Facebook nel momento dell’analisi) e Microsoft hanno fissato gli obiettivi ambiziosi per aumentare la quota di persone di colore nelle gerarchie più alte. Per esempio, più della metà dei lavoratori assunti da Amazon nel 2021 erano afroamericani o ispanici – così come un terzo dei nuovi manager e circa un quarto delle posizioni di vertice – mentre Microsoft si è impegnata a raddoppiare i ruoli apicali destinati alle minoranze etniche negli Usa entro il 2025.

Indagine influenzata dalla pandemia

Le ragioni dei cambiamenti sono complesse e devono essere guardate nel loro contesto socio-economico e politico: il periodo di analisi era, infatti, intrecciato con la pandemia e la successiva uscita dall’emergenza sanitaria, ma anche con la Great resignation (le grandi dimissioni) che hanno messo in difficoltà numerose aziende del Paese, costrette a colmare in fretta la fuoriuscita improvvisa di numerosi lavoratori. Queste informazioni aiutano quindi a comprendere i trend emersi. Per esempio che molti lavoratori, licenziati nei primi tempi della pandemia, erano persone di colore, riassunte quando la domanda è ripresa; oppure che l’aumento dei pensionamenti ha riguardato soprattutto personale bianco.

Partendo dal presupposto che il vero impatto dell’inversione di rotta sull’inclusione etnica si vedrà sul lungo termine, ciò che emerge è che molte aziende si stanno rendendo conto sempre di più che la diversità culturale non è solo un diritto in termini di pari opportunità: persone diverse per background, religione, usanze e etnia hanno l’opportunità di imparare da culture ed esperienze diverse dalle loro. Differenti prospettive di vita portano a nuovi approcci alla risoluzione dei problemi ed è per questo che le imprese aperte alla multiculturalità dimostrano di avere maggiori probabilità di costruire un ambiente più produttivo.

Great resignation, multiculturalità, Bloomberg, Black Lives Matter


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Lucrezia Vardanega

Lucrezia Vardanega è giornalista pubblicista con esperienza nel mondo della comunicazione digitale. Ha iniziato il suo percorso giornalistico subito dopo la laurea, cominciando a collaborare con vari magazine online e addentrandosi sempre più nelle varie sfaccettature di questo mestiere sempre in divenire. Con uno sguardo attento e curioso sul mondo che la circonda, resta sempre con la mente aperta per rimanere aggiornata e accrescere le sue competenze. Per ESTE collabora su più fronti, sia online sia offline, con una particolare sensibilità verso i nuovi bisogni di un mercato del lavoro in equilibrio tra antiche tradizioni e moderne tecnologie. Nel tempo libero ama leggere, fare trekking sulle Dolomiti, visitare mostre d'arte e camminare a naso all'insù per la sua amata città d'origine, Venezia.

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