Servitizzazione e digitalizzazione per far ripartire l’ecosistema Italia

Nei due precedenti articoli sulle strategie di riposizionamento e rilancio competitivo nella ripartenza post Covid dell’Italia si sono affrontate le ragioni del ritardo competitivo del nostro Paese e delle ripercussioni sul Prodotto interno lordo (Pil). In conclusione della seconda parte dell’articolo si è fatto riferimento allo scenario digitalizzato. A questo riguardo vale la pena di notare che buona parte del nuovo business digitale è costituito proprio da quella che è chiamata “servitizzazione” dei prodotti, cioè il passaggio dalla logica della vendita e dell’acquisto del prodotto come tale a quello della sua fruizione attraverso un servizio (si pensi all’auto usata come parte di una flotta o allo smartphone usufruito attraverso un abbonamento telefonico).

Tale fenomeno è stato molto importante negli ultimi due decenni sia nel mondo business sia in quello consumer. Questo fatto può aiutarci molto a capire come modificare i nostri paradigmi di business partendo da ciò che siamo (cioè molto orientati ai prodotti fisici). Ciò può rappresentare una interessante strategia di continuità per lo sviluppo lineare dei nostri paradigmi di business, purché sia comunque veloce. Tuttavia significa inequivocabilmente che serve innovare prodotti-servizi a maggior valore percepito entrando in modo deciso nel mondo del business digitale. Il digitale è infatti l’abilitatore della maggior parte dei prodotti servitizzati (venduti appunto attraverso un servizio), ma, fatto più importante, spesso è esso stesso il generatore dei nuovi business.

Esempi di business di servizi digitalizzati in forte espansione, oltre al già diffuso ecommerce, sono la telemedicina (aumentata di cinque volte negli Usa come esito post pandemico), i servizi delle Smart city (si sono individuati più di mille nuovi servizi), i servizi connessi alla mobilità, i servizi nel business del turismo e il business della gestione dei Big data, cioè di tutti i dati che i consumatori rendono disponibili attraverso l’utilizzo di internet, degli smartphone con le App, attraverso i pagamenti digitali, gli spostamenti, ecc.. Non si tratta di una novità portata dall’evento Covid, anche se sicuramente il fenomeno è stato fortemente accelerato in questo frangente. Si consideri che il business generato dallo sfruttamento dei nostri dati personali vale già tra 300 e 500 miliardi di euro nella sola Europa.

Sfruttare al meglio i finanziamenti europei

Una domanda viene allora ora spontanea: che cosa stanno facendo le aziende italiane in questo business? Molto poco e sicuramente quasi tutto per business locale (prevalentemente nei servizi delle Smart city, della Mobilità e delle Assicurazioni). Abbiamo l’obbligo morale di usare i finanziamenti ora disponibili per garantire il futuro al nostro Paese e in particolare ai nostri figli e nipoti, cui per ora abbiamo lasciato solo debiti. Dobbiamo tuttavia chiederci: i nostri imprenditori hanno la capacità, la voglia e la determinazione per farlo? Qualche dubbio è lecito averlo.

Si può infatti rilevare che nell’ultimo decennio la nostra classe imprenditoriale e manageriale sembra aver perso il suo smalto, dimostrando spesso un atteggiamento culturale rinunciatario e fatalista. Questa situazione non aiuta a motivare l’ecosistema. Il ‘piccolo è bello’ si è dimostrato decisamente controproducente per il Pil e per l’occupazione. Abbiamo perso le grandi aziende capaci di trainare sviluppi importanti nell’ecosistema. Quella che è stata ribattezzata come la “Strategia delle mille nicchie” e delle eccellenze italiane hanno prodotto occasioni per dimostrare la nostra capacità creativa, ma non hanno impattato in modo significativo su Pil e occupazione (potremmo aggiungere che fosse ovvio…).

Come già detto, tutto ciò è stato particolarmente grave per il business del turismo, per il quale avremmo avuto – e abbiamo tuttora – vantaggi competitivi significativi dovuti alla bellezza del nostro Paese e alle nostre ricchezze artistiche e culturali, che non sappiamo sfruttare adeguatamente. Il suo eccessivo frazionamento strutturale e anche di marketing ci ha di fatto perdere continuamente posizioni.

Ma tant’è! Dobbiamo metterci tutti nella posizione di considerare gli attuali problemi come una grande opportunità. Ciò vale in particolare, come già detto, per il problema del nostro ritardo nel business digitale che, visto che si tratta di una discontinuità (in quanto accelerato dalla situazione pandemica), va considerato come una grande opportunità di riposizionamento competitivo. Dovremmo fare nostra la nota massima: “L’imprenditore vincente è colui che in ogni problema vede opportunità per migliorare la sua posizione competitiva, mentre l’imprenditore perdente è colui che in ogni opportunità vede i possibili problemi”.

 

Leggi la prima parte dell’articolo: Ripartenza post Covid: strategie di riposizionamento e rilancio competitivo

Leggi la seconda parte dell’articolo: Puntare sui prodotti-servizi a maggior valore aggiunto

servitizzazione, ripartenza, pil, business digitale


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Giorgio Merli

Giorgio Merli è autore di numerosi libri e articoli sul management pubblicati in Europa e negli Usa; è consulente di multinazionali e Governi, oltre che docente in diverse università in Italia e all’estero. È stato Country Leader di PWCC e di IBM Business Consulting Services

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