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Welfare aziendale, cinque anni di evoluzione

I sociologi l’hanno definita come la “nuova grande trasformazione del lavoro” per il suo impatto sulla sfera lavorativa (contrattuale e salariale) dei lavoratori. Si tratta del welfare aziendale, etichetta per tutte le iniziative che comprendono beni e servizi corrisposti al dipendente. Tuttavia, con l’espressione “welfare aziendale” non ci si riferisce soltanto agli incentivi in senso stretto, bensì a una sfera più ampia di attività, cui è attribuita – almeno negli ultimi tempi – anche una valenza sociale. Il Covid-19 ha inoltre reso più evidente la necessità di un cambiamento, anche in questo settore.

Durante la pandemia è emersa una forte esigenza di wellbeing da parte delle persone che riguarda la soddisfazione dei bisogni, il benessere, il work-life balance e anche la gestione del tempo libero. Tutti aspetti che hanno rivoluzionato proprio la sfera del welfare, imponendone una revisione da parte degli addetti ai lavori (Direzione del Personale, ma anche provider di welfare): è dunque d’obbligo il cambio di approccio per rispondere alle esigenze di una società in trasformazione.

Da qui il nuovo approccio di chi propone soluzioni di welfare, in una direzione più olistica nella progettazione delle soluzioni: “Prima gli operatori di welfare erano visti essenzialmente come promotori di piattaforme tecnologiche o di beni e servizi; nel tempo il ruolo si è orientato più verso la consulenza. Una trasformazione che ha imposto di maturare nuove competenze: per esempio devono conoscere gli aspetti legati al fisco, alle relazioni industriali e soprattutto di soluzioni orientate al benessere a 360 gradi”: a spiegarlo è stato Emmanuele Massagli, Presidente dell’Associazione italiana di welfare aziendale (Aiwa) in occasione dell’edizione 2021 dell’evento Wellfeel, benessere organizzativo e welfare aziendale organizzato dalla casa editrice ESTE e di cui Tuttowelfare.info è stato Media Partner.

La trasformazione dei player è legata allo stesso sviluppo del welfare a livello normativo. La ben nota legge di Stabilità del 2016 è stata lo spartiacque del welfare aziendale e ha segnato l’inizio del cambiamento, cui si sono aggiunte le successive novità introdotte dalla legge di Bilancio del 2017 (alcuni degli obiettivi della legge sono favorire lo sviluppo e l’occupazione attraverso la riduzione delle tasse e aumentare le spese per gli investimenti, con particolare riguardo alle Piccole e medie imprese); dalla legge di Bilancio del 2018 (tra le finalità si annoverano il prosieguo del percorso di crescita economica, attraverso politiche fiscali per incentivare investimenti di imprese e famiglie e agevolazioni per l’occupazione con particolare attenzione al Sud); infine, dalla legge di Bilancio del 2021 (un pacchetto di misure che tiene conto dell’attuale evoluzione della pandemia e che ha l’obiettivo di rilanciare la crescita economica del Paese, avviando una trasformazione basata su principi di innovazione, sostenibilità, coesione, equità).

Nonostante siano trascorsi appena cinque anni dalla rivoluzione del welfare, è stato un lustro in cui le evoluzioni si sono susseguite senza sosta. “Gli interventi normativi sono la prova di interesse reale verso il benessere delle persone”, è la tesi di Massagli. Ma lui stesso riconosce che il continuo aggiornamento della norma è una “sfida gestionale per l’impresa”, oltre che rischia di allontanare le aziende dall’applicazione del welfare: “La scelta legislativa di procedere per stratificazione, talvolta, può intimidire le aziende sulla tematica”.

Fare wellbeing in azienda, d’altra parte, è molto di più che costruire un piano di welfare. Ecco perché resta importante diffondere cultura sul tema, facendo formazione e informazione – cioè raccontare in termini comprensibili e completi cosa sia il welfare aziendale – oltre che sulla rappresentazione istituzionale, sulla progettazione legislativa e sull’assistenza tecnica. “La riforma del 2016 ha modificato l’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, ma soprattutto ne ha dato maggiore forza. Pur non perdendo la sua finalità sociale, il welfare aziendale ha così assunto anche un ruolo economico, diventando una leva di gestione delle Risorse Umane, oltre che interessante anche nella negoziazione sindacale”, ha commentato Massagli.

Non perdere i valori informativi e sociali

Alla luce di questi continui aggiornamenti normativi (e fiscali) con impatto notevole sulla gestione delle persone, diventa sempre più rilevante diffondere l’informazione, per rimanere aggiornati e orientarsi – meglio – su come rispondere alle esigenze di una società in mutamento. Anche perché, come ha evidenziato lo stesso Massagli, il mercato del welfare, pur essendo ancora “giovane” (per lo meno rispetto a come è stato applicato dal 2016 in avanti), sembra già essere arrivato alla sua maturità, a seguito della normativa di riferimento che si è modificata in poco tempo e che ha visto l’esplosione dei piani di welfare.

Aiwa – come altri attori del mercato – ha collaborato nel dare il suo contributo per spiegare cosa sia effettivamente il welfare aziendale: “Non in termini etico-filosofici, ma proprio in termini di evoluzione normativa, fiscale e giuslavorista”, ha spiegato Massagli, riconoscendo la collaborazione da parte del Legislatore con chi fa informazione per le aziende e con le università.

Come ha spiegato Massagli, oggi, il welfare aziendale ha diverse fonti di finanziamento: alla forma on top (erogazione di beni e servizi decisi in autonomia dall’azienda e ‘concessi’ al dipendente), si affiancano fonti fino a poco tempo fa non esistenti, come il welfare di produttività (il quale prevede che i premi si possano convertire in servizi di welfare aziendale, una soluzione totalmente detassata), oppure il welfare legato agli obblighi contrattuali del Contratto collettivo nazionale di lavoro, che prevede l’introduzione di soluzioni più semplici con lo scopo di diffonderle nelle Piccole e medie imprese. “È vero che si tratta di un’evoluzione piuttosto anomala”, ha ammesso Massagli, facendo riferimento al fatto che nel corso del tempo la disciplina del welfare ha visto l’introduzione di vari beni e servizi, a volte, non del tutto in linea con l’idea iniziale del Legislatore, che avrebbe desiderato una maggiore attenzione su salute, previdenza e istruzione. “È però vero che in questo modo si è determinato un avanzamento culturale e produttivo”, ha proseguito il Presidente di Aiwa.

Alla base di questi cambiamenti c’è una finalità sociale, che è la sfida del welfare del futuro. “Averla significa non perdere la radice profonda che confluisce nell’unico grande obiettivo del welfare, che comprende tanto l’evoluzione delle normative quanto la trasformazione della cultura aziendale: prendersi cura dei bisogni delle persone, non solo attraverso fonti monetarie, ma anche con soluzioni in grado di assicurare il benessere, in linea con i principi di sostenibilità”.

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Federica Biffi

Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l'uguaglianza, l'inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web. Ha lavorato nell'ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.

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