Smart working

Al lavoro agile servono responsabilità e obiettivi

Ci sono tante definizioni di “lavoro agile”. A mio avviso lo Smart working non è altro che una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità a fronte di un maggior orientamento all’obiettivo. La Camera di commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi è stata tra i primi enti, nel panorama pubblico, a introdurre al suo interno il lavoro agile, anche cogliendo le sfide legate alla mancanza di una normativa chiara in merito. La scelta di sperimentare questa innovativa modalità lavorativa è stata dettata principalmente da due elementi, che ben si sposano con gli orientamenti che stiamo assumendo negli ultimi anni: obiettivi e responsabilità.

Lavorare per obiettivi è dunque un’importante leva strategica per ogni organizzazione: significa consentire alle persone di recuperare il senso del proprio lavoro, comprendendo meglio quanto una singola attività fa parte di un processo più ampio finalizzato a raggiungere un dato scopo. Valorizzare questa prospettiva in un ente pubblico ha un significativo valore aggiunto, viste anche le ripercussioni che ne derivano a livello socio-economico.

Il lavoro agile pone l’accento anche sulla valorizzazione della responsabilità del singolo nello svolgimento della propria attività. Avere maggior autonomia –come ci dimostrano molte ricerche in ambito organizzativo– permette un aumento dell’ingaggio nei confronti del proprio ente grazie all’attivazione di un circolo virtuoso basato sulla fiducia. E più una persona è ingaggiata e motivata, più darà il meglio di sé con evidenti vantaggi sia per la propria soddisfazione personale sia per l’organizzazione stessa.

Infine, l’ultimo aspetto che il lavoro agile valorizza è quello della flessibilità, tema sempre centrale per l’ente camerale: proprio con l’obiettivo di una maggior conciliazione tra vita familiare e lavorativa, sin dagli anni dagli Anni 90, abbiamo introdotto l’orario flessibile di ingresso, di pausa, di uscita; la possibilità di svolgere la propria attività in regime di part time, con articolazioni di orario molto differenziate; la banca delle ore, in modo da consentire ai dipendenti di accantonare le ore eccedenti l’orario settimanale, così da poterle poi utilizzare secondo le proprie necessità.

Distinguere tra Home working e Smart working

In questo percorso ben si colloca lo Smart working, introdotto dall’ex Camera di commercio milanese sin dal 2016, anche grazie all’attività di sensibilizzazione svolta dal Comune di Milano che, annualmente, durante la Settimana del lavoro agile invita enti e aziende a sperimentare questa forma di flessibilità.

All’inizio più timidamente, poi con maggior coraggio, anche l’istituzione camerale, che già da diversi anni adottava il telelavoro, si è avvicinata a questa modalità: nel 2016 i lavoratori agili erano 23 (il 7% del totale), per passare, già nel 2019, a circa 100 (27%). Tutte le persone coinvolte avevano la possibilità di svolgere, per un numero definito di giornate al mese, le proprie attività al di fuori degli spazi camerali, anche non necessariamente presso la propria abitazione. Questa impostazione ‘mista’ che vede una parte delle proprie giornate lavorative svolgersi presso la sede abituale di lavoro e una parte al di fuori si è rivelata vincente, poiché da un lato garantiva il mantenimento del senso di appartenenza al gruppo e dall’altro ampliava la flessibilità e stimolava la responsabilizzazione.

Poi è arrivato il 2020, un anno difficile, dominato da paura, dolore e incertezza. Dal punto di vista organizzativo due sono stati i principali interventi su cui ci siamo concentrati: da una parte la realizzazione di tutto ciò che era necessario per consentire alla quasi totalità dei dipendenti di poter svolgere in remoto la propria attività; dall’altra la promozione di iniziative di supporto psicologico (l’attivazione di uno sportello psicologico online e la creazione di una sezione dedicata sulla rete Intranet chiamata “#vicinidigitali”). La continuità lavorativa era di fondamentale importanza sia per i nostri utenti, che dovevano essere messi nelle migliori condizioni per poter continuare a lavorare, sia per i dipendenti stessi, che nel poter svolgere quotidianamente il proprio lavoro potevano parzialmente ridurre il senso di incertezza che dominava lo scenario circostante.

In questi termini, l’emergenza sanitaria ha dato un’accelerazione al processo: in una quindicina di giorni quasi tutti i dipendenti hanno avuto la possibilità di svolgere le proprie mansioni in Home working. Credo sia importante distinguere tra la modalità organizzativa su cui ci si è concentrati durante questa fase, ovvero l’Home working, e lo Smart working, che è il modello a cui stiamo cercando di tendere. Il discrimine fondamentale riguarda la maggior autonomia nell’individuazione dei tempi e luoghi di lavoro presente nel modello del lavoro agile. Dall’altra parte alcuni elementi comuni –come lo svolgimento delle attività in remoto– hanno permesso allo Smart working di beneficiare degli interventi realizzati per implementare, in modo efficace ed efficiente, il lavoro da casa.

Regolamentazione e attenzione agli aspetti informativi

Occorre inoltre tener presente che durante questa fase non abbiamo dovuto considerare solo un cambiamento nelle logiche organizzative aventi un impatto principalmente interno. Da marzo 2020, infatti, sono stati numerosi i decreti ministeriali che hanno introdotto precise direttive, includenti anche le tipologie di attività da svolgere in presenza o in remoto, partendo dal concetto di “servizi essenziali”, nei periodi di picco dell’emergenza sanitaria, arrivando a quello di “servizi indifferibili”. Poi è stato suggerito di ridefinire la limitazione di presenza del personale secondo le esigenze della progressiva riapertura di tutti gli uffici pubblici e di quelle dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali.

Questi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm), spesso comunicati la domenica sera e con validità dal giorno successivo, introducevano nuove misure in relazione all’andamento della pandemia, prevedendo per la prima volta la possibilità dell’esenzione dal servizio nel caso in cui le attività svolte dal dipendente non fossero organizzabili in modalità agile. Il nostro orientamento – come anticipato – è stato quello di consentire alla quasi totalità dei dipendenti di continuare a svolgere il proprio lavoro e di ridisegnare alcuni servizi esistenti così che potessero essere erogati totalmente o per la maggior parte, in modalità remota.

Tutto ciò ha richiesto una particolare attenzione agli aspetti comunicativi e informativi: per accompagnare il personale – comprensibilmente disorientato – tutti i decreti sono stati seguiti da comunicazioni ad hoc riportanti le modalità organizzative prescelte e contestualizzate nell’ambito della nostra istituzione: da marzo 2020 a giugno 2021 ne sono state pubblicate ben 24. Oltre alla parte organizzativa, particolare attenzione è stata dedicata alla gestione e all’informativa relativa alla prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro.

A seguito dell’emanazione di protocolli nazionali in relazione all’emergenza sanitaria da covid-19, la Camera di commercio si è dotata, a maggio 2020, di un protocollo interno e ha istituito un Comitato di valutazione e di controllo delle misure previste: l’organo, presieduto dal Segretario Generale, ha coinvolto il dirigente dell’Area Personale Organizzazione e Sportelli, i Responsabili delle Risorse Umane e Relazioni Sindacali e Facility management, il medico competente, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e di Protezione, oltre ai Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e la Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu).

Attualmente siamo nella fase in cui occorre raccogliere quanto emerso dalla sperimentazione – solo in parte libera, perché l’Home working è stato forzato dall’emergenza – così da poter delineare un nuovo orizzonte nell’ambito del fare organizzazione. Proprio per questo all’interno della Camera di commercio si sta ripensando a una nuova declinazione dello Smart working dove gli imperativi “flessibilità”, “obiettivi”, “efficienza” ed “engagement” regnano sovrani.

L’attenzione è al tempo stesso sui processi e sulle persone. Per questo l’esperienza di questi mesi deve essere non solo presa in considerazione, ma valorizzata. Nel corso del 2021 abbiamo provveduto ad adottare il Piano organizzativo lavoro agile (Pola) e il nuovo Regolamento Smart working. È inoltre in via di definizione il modello di patto individuale che regola il lavoro agile tra azienda e dipendente.

Credo sia importante sottolineare che in questa fase tutte le Camere lombarde hanno sentito l’esigenza di condividere la loro esperienza di lavoro agile per costruire insieme un regolamento e un patto individuale comuni così da valorizzare i punti di forza e le aree di attenzione di questa modalità organizzativa. In particolare, il regolamento sullo Smart working si propone di indicare le regole generali da seguire sia nell’ambito più legato alla vision sia per quanto riguarda temi maggiormente legati agli aspetti pragmatici, come la modalità di fruizione, il monitoraggio degli obiettivi, le dotazioni informatiche, la sicurezza, custodia e riservatezza, il diritto alla disconnessione.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Dicembre 2021 di Persone&Conoscenze.
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Smart working, lavoro agile, home working, Camera di commercio


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Laura Blasio

Laura Blasio è Dirigente dell’Area Personale Organizzazione e Sportelli della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi. Dopo la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica di Milano, è entrata alla Camera di commercio di Milano nel 1990, operando in diverse unità dell’ente. A maggio 2008 è diventa Dirigente, continuando a occuparsi delle attività legate alle risorse umane. Ha ricoperto incarichi come Membro di Organismi di Vigilanza in area camerale e attualmente fa parte di gruppi di lavoro regionali nell’ambito delle materie di competenza.


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