Alla ricerca dell’IT perduto

Non è un mistero che durante la pandemia vi sia stata una riduzione delle offerte di lavoro, trasversale sulla maggioranza dei settori. Alcune professioni però non hanno mai perso il loro appealing e, anzi, durante il 2020 sono diventate gettonatissime. Rientrano in questa categoria le figure IT che ormai sono richieste da aziende operanti nei settori più disparati.

Il distanziamento sociale, in combinazione con l’avvento della digitalizzazione, ha infatti contribuito alla diffusione dell’ecommerce – per quanto riguarda le aziende commerciali – e all’implementazione di tecnologie nelle aziende manifatturiere e nelle industrie. Questi cambiamenti devono essere governati da programmatori e sviluppatori esperti. Per questo motivo la ricerca di ingegneri hardware e software è importantissima in (quasi) tutte le realtà.

Si stima (report di Excelsior di Unioncamere del novembre 2018) che in Italia il 30% delle posizioni aperte nella fascia temporale 2019-2023 saranno proprio legate all’ICT. Peccato che siano anche le figure più difficili da reperire, con un tasso di insuccesso che sfiora il 60%. Come possono le aziende riuscire a individuare e portare a bordo questi importanti professionisti? Ce lo spiega Daniele Bacchi, CEO della società di head hunting Reverse.

Vendere l’azienda ai candidati

Per iniziare la ricerca di una figura IT, la prima cosa da sapere è che queste risorse sono molto limitate e, soprattutto, sommerse da decine di altre offerte di lavoro. Per concludere positivamente l’inserimento di un informatico “dobbiamo approcciare la ricerca consci che ci stiamo muovendo in un seller’s market e non in un buyer’s market”, spiega Bacchi. Insomma in questo caso le logiche ‘classiche’ della selezione vengono invertite: l’azienda non deve pensare a come ‘filtrare’ le candidature, ma a come riceverle e, soprattutto, non perderle.

Secondo Bacchi, la ricerca di un candidato IT deve essere preceduta dalla domanda: “Come posso fare perché il talento IT ideale per la mia offerta scelga la mia azienda tra le 500 che lo inseguono?”. Già, perché l’errore più grande che le aziende in cerca di informatici possano fare, spiega il CEO, è quello di credere che questi siano in attesa di ricevere un’offerta di lavoro proprio da parte loro. Così Bacchi consiglia di trasformare l’annuncio di lavoro, da ‘lista della spesa’ delle competenze ricercate, a strumento di marketing volto a far nascere nei candidati l’interesse verso l’azienda e la posizione.

Per esempio può essere utile raccontare il progetto a cui dovrà lavorare il candidato, le metodologie e le tecnologie utilizzate, la composizione del team… e magari “un video in cui si presentano gli uffici e una breve intervista ‘tecnica’ al CTO che presenta il progetto e le sfide tecnologiche che potranno essere affrontate all’interno dell’azienda”.

Testare le competenze: sì, no, quando…

Riuscire ad attrarre risorse è il primo step. Poi arriva il colloquio di selezione e, anche in questo caso, è necessario ‘sospendere’ l’esigenza di testare le competenze del candidato. Il primo incontro, infatti, serve “per far sì che la persona si innamori dell’azienda e del progetto che vogliamo offrirgli”, spiega Bacchi. In questa fase è necessario fargli assaporare i vantaggi che otterrà lavorando per l’azienda, le tecnologie che utilizzerà e le competenze che farà sue. Non solo. Bisogna raccontare perché la scrivania offerta è la migliore tra le 500 a sua disposizione.

“Sconsiglio vivamente di far gestire il primo colloquio da personale interno con breve esperienza lavorativa in azienda”, prosegue Bacchi. Il CEO suggerisce invece di affidare questo step al CTO o alla persona tecnica che abbia la miglior capacità di raccontare con passione il lavoro che si sta facendo all’interno dell’azienda.

Solo successivamente è possibile presentare un test scritto agli ingegneri del software e a chi scrive codice per mestiere. La cosa importante è non somministrare la prova in un progetto che chiede diverse ore di lavoro e, soprattutto, richiedere ai candidati di investire questo tempo ancora prima di essere entrati in contatto con la realtà aziendale.

Infine, Bacchi spiega come sia importante monitorare la variabile ‘tempo’ per i progetti di reclutamento di personale IT: “Le aziende tengono in alta considerazione il tempo in tutti i progetti strategici; quando però si tratta di assumere sembra che questa variabile sfugga”. In Reverse questo tempo è chiamato Time to make an offer (TMO) e si riferisce al numero di giorni impiegati dall’azienda a formulare una proposta di assunzione. “Quando si ha a che fare con profili che ricevono ogni giorno 10 richieste di contatto da parte di recruiter, è semplice capire che ogni giorno trascorso aumenta la probabilità che qualche altra azienda riesca a ingaggiare i nostri candidati ideali prima di noi”.

Il consiglio di Bacchi, relativamente alle selezioni di profili IT è tenere il TMO al di sotto dei 25 giorni solari. Certo non bisogna però ‘accontentarsi’, la capacità di ‘filtrare’ le candidature rimane fondamentale. “Molto spesso può bastare invertire cronologicamente le due fasi e concentrarsi sul filtro solo quando siamo riusciti a ottenere diversi candidati interessati”. La cosa fondamentale, conclude Bacchi, è comprendere la difficoltà di reperire queste risorse e imparare a programmare le skill di queste persone strategiche per il futuro delle aziende.

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Francesca Albergo

Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione – percorso del teatro e dello spettacolo – Francesca Albergo ha successivamente conseguito un master in Professioni e Prodotti per l’Editoria. Dopo un’esperienza di cinque anni nelle Risorse Umane – durante i quali non ha mai abbandonato lettura e stesura di testi – la passione per le parole, la scrittura e (soprattutto) la grammatica l’ha portata a riprendere la sua strada, imparando a ‘vivere per lavorare’, come le consigliò un professore al liceo. Amante della carta e del ‘profumo dei libri’ si è adattata alla frontiera digital dell’Editoria, sviluppando anche competenze nella gestione di CMS. Attualmente collabora in qualità di editor e redattrice con case editrici e portali web. Nella sua borsa non mancano mai un buon libro, una penna (rigorosamente rossa) e un blocco per gli appunti, perché quando un’idea arriva bisogna esser pronti ad accoglierla.

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