Liberiamoci dalle video call con lo Zoom-free day

Per molte aziende, alle prese con la gestione di una forza lavoro improvvisamente distante, hanno rappresentato l’unica ancora di salvezza durante i lockdown. Adesso, dopo mesi di calendari fitti di riunioni e ‘allineamenti’, è venuta l’ora di dire basta alle video call. Almeno un giorno alla settimana.

L’iniziativa, già in vigore negli istituti finanziari di HSBC e Citi, è stata ribattezzata Zoom-free day: un’intera giornata durante la settimana in cui i dipendenti non sono convocati davanti alla webcam del proprio computer. La decisione di ridurre le riunioni video – concedendo almeno 24 ore di pausa dalle diverse piattaforme di collaboration – non si basa soltanto sui feedback del personale. Jeremy Bailenson, Professore della Stanford University, ha studiato l’impatto che un eccesso prolungato di video call sta avendo sulle persone e che è già stato definito “Zoom fatigue”.

La ricerca del docente individua alcune delle maggiori cause di tale affaticamento nello sforzo eccessivo a cui è sottoposta la vista, nel disagio di guardare per diverse ore al giorno la propria immagine nello schermo, ma anche nello stress di essere costretti nella stessa postazione per lunghi periodi di tempo e nella crescente difficoltà nell’interpretare segnali non verbali. Quando la video call diventa l’unica maniera per incontrarsi con manager, colleghi e clienti, può rappresentare, a lungo andare, pure un peso.

Molte imprese stanno cominciando ad avvertire l’affaticamento tra il personale. TikTok e Salesforce hanno imposto alcune restrizione e limiti al numero totale di video meeting a cui possono partecipare i dipendenti. Salesforce, per esempio, ha vietato ogni incontro online il venerdì, per restituire alle proprie persone un po’ di tempo lontano dagli schermi, mentre la fintech britannica Plum ha bloccato i collegamenti il lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio, affinché i dipendenti abbiano del tempo per concentrarsi sulle loro attività senza subire interruzioni.

Al di là di singoli casi, la maggior parte delle imprese continua però a fare ampio ricorso ai meeting online. Anzi, richiede spesso il rispetto di una certa video call etiquette che impone ai partecipanti di essere costantemente online con la telecamera accesa. A risentirne, secondo un altro paper della Stanford University co-firmato da Bailenson, sarebbero soprattutto le donne. I campi su cui estendere la ricerca sono ancora vasti: in futuro le analisi degli studiosi puntano a esaminare gli effetti di singole variazioni alle modalità di collegamento, per esempio eliminando la possibilità di vedere la propria immagine sullo schermo, per verificare la risposta delle persone ai mutamenti della tecnologia.

Fonte: CNBC

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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