CEO e papà, la nuova vita dei manager tra lavoro e famiglia

Diventare genitori è visto, spesso, come l’esperienza più bella e gratificante della vita ma, allo stesso tempo, come un inevitabile arresto della propria carriera. Le mamme ne risentono maggiormente, ma anche i papà sono chiamati a rivedere la propria gestione del tempo di lavoro, in relazione a quello dedicato alla famiglia.

Quando essi ricoprono ruoli di responsabilità, la questione diventa delicata e, come vedremo, molto dipende anche dall’ordine con cui sono arrivati a queste tappe: chi è diventato prima manager e poi papà ha un punto di vista differente da chi ha fatto il contrario.

In questo momento eccezionale che stiamo vivendo, dovuto all’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, ci troviamo di fronte a uno stravolgimento dei parametri a cui siamo abituati. Spesso è proprio chi ha maggiori responsabilità e strumenti a potere e dovere lavorare da casa. O, ancora più spesso, entrambi i genitori si trovano costretti a casa con i figli, a gestire in contemporanea il proprio lavoro a distanza e la loro didattica online, in una difficile convivenza in cui ci si contendono gli spazi di vita, i gigabyte di internet e gli schermi dei tablet.

L’occasione della festa del papà, nel 2020 senz’altro celebrata in maniera inusuale, ci ha dato modo di riflettere su questo argomento, anche grazie all’iniziativa che Life Based Value ha promosso per tutti i padri che lavorano. Si è trattato della prima Life Ready conference sul tema paternità e leadership, che si è tenuta il 19 marzo 2020 in live streaming. Un’opportunità di riflessione su un tema che, alla luce dell’emergenza Covid-19, ha assunto contenuti del tutto nuovi e originali.

Sei i confronti live, oltre a un videomessaggio, di CEO che hanno avuto in comune un’esperienza di vita unica: essere anche (o meglio, prima di tutto) padri. Le voci che si sono alternate hanno tutte raccontato esperienze molto personali, che si sono rivelate comuni a molti manager-papà. Unica donna Riccarda Zezza, Founder di Life Based Value, azienda che ha come obiettivo quello di trasformare le esperienze di vita in capacità imprenditoriali e modellare un mondo del lavoro in cui tutti possano realizzare il proprio potenziale.

Attraverso il programma digitale Maam, Life Based Value aiuta i dipendenti e le aziende a sfruttare le competenze acquisite attraverso l’essere genitori. A lei è stato affidato il compito di attraversare con sguardo femminile i racconti di questi papà emozionati.

(Ri)Partenza dai valori

Giuseppe Cerbone, CEO de Il Sole 24Ore, ha subito ricordato che l’incontro si sarebbe dovuto svolgere negli spazi del quotidiano: dunque, si è fatto largo sin dalle prime battute il tema della nuova e inaspettata condizione che ci troviamo a vivere, che, tuttavia, porta con sé modi nuovi di esprimersi e incontrarsi virtualmente. E subito viene naturale parlare di quei valori immateriali di tipo sociale che dobbiamo tenere in conto, anche sul lavoro.

Così come il nostro benessere psicofisico è, ora, la priorità assoluta, allo stesso modo dobbiamo tentare di trasporlo in azienda, dove non è più tempo di divisioni tra i decisori e gli esecutori, ma della condivisione e della partecipazione. Esattamente come avviene in famiglia, dove i modelli patriarcali hanno lasciato spazio alla crescita comune, anche in azienda l’occhio di padre permette al CEO di accompagnare i colleghi con pazienza e armonia. Come avviene per i figli, i collaboratori vanno guidati, non cambiati. Questo atteggiamento permette di trasformare i valori immateriali in beni materiali. La leadership del padre, infatti, è permeata prima di tutto di senso di responsabilità.

Tuttavia, chi è abituato a ricoprire ruoli di comando, anche tra le mura domestiche può trovare difficoltà a ‘staccare’ dagli approcci direttivi e autoritari usati sul lavoro. È il caso di Massimiliano Rantucci, CEO di Avanade, che ha riconosciuto nella moglie, quindi nella componente femminile della coppia e della famiglia, un aiuto ad essere ‘riportato alla realtà’, facilitato dal fatto di essere diventato prima padre, poi CEO.

Il confronto tra membri della famiglia, la dualità genitoriale e, quindi, la necessaria condivisione delle scelte, senz’altro permette di apprendere continuamente qualcosa: lo stesso approccio dovrebbe essere utilizzato con i collaboratori sul lavoro, a cui dovrebbe essere sempre dedicato il giusto spazio di ascolto.

La capacità di mediazione, un talento che si apprende in famiglia

L’aspetto fondamentale che consegue il confronto è senz’altro la mediazione. Ad esempio, Riccardo Barberis, CEO di Manpower, in questi giorni di isolamento forzato ha scoperto una nuova valuta: i gigabyte di internet. In cinque in casa, sono un bene prezioso e oggetto di innumerevoli trattative. Il compito di dirimere le controversie che nascono è del papà: è un ottimo allenamento anche per il lavoro.

Da questa difficile mediazione tra adolescenti un po’ annoiati, un po’ sovraesposti alla tecnologia, si apprende l’impossibilità di usare lo stesso approccio per tutti i figli: ognuno è differente, dunque ognuno necessita di parole, attenzioni, strategie, atteggiamenti diversi. La fretta e lo stress non rendono semplice applicare sul lavoro, con i propri collaboratori, questo insegnamento di vita. Eppure, in questa capacità è nascosta la differenza tra essere manager, esecutore di piani altrui, ed essere leader. In famiglia non ci sono ruoli rigidi e gerarchie strutturate: si definiscono ogni giorno, con la crescita.

Questa evoluzione continua allena il CEO alla ricerca del confronto: in azienda c’è timore dei feedback, dunque ci si espone poco, in modo da poter implementare rapidamente le decisioni. Invece la paternità non lo permette. Con i figli serve un grande senso di responsabilità, per alimentare la fiducia. Inoltre, si ha poco tempo a disposizione per catturare le loro attenzioni: questa abilità che si sviluppa in famiglia diventa fondamentale sul lavoro. Questa emergenza tira fuori anche tante cose positive da ognuno di noi, per esempio la consapevolezza che i nostri comportamenti influiscono sulla vita altrui, come ha detto Papa Francesco.

Anche Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo, ha riconosciuto nella capacità di mediazione una delle principali abilità che la paternità gli ha regalato. Sarzana, al contrario di altri colleghi, è diventato prima General Manager, poi padre. “Non ero pronto a per nessuno dei due ruoli”, ha detto con disarmante sincerità. Ma ha riconosciuto che l’esperienza professionale l’ha aiutato a essere un padre migliore. E ha elencato cinque passaggi fondamentali che ha compiuto prima come padre, poi come leader.

Prima di tutto, è passato dal fare all’insegnare, poi dal comandare al negoziare. Infatti, il più bravo negoziatore, secondo Sarzana, non è lo specialista dell’FBI, o il politico, ma un bambino di cinque anni. Con la sua insistenza e motivazione a perseguire il suo scopo riesce quasi sempre a ottenere ciò che vuole. Di conseguenza, quindi, l’altro passaggio compiuto è stato quello dall’imporre una decisione al convincere, usando il cosiddetto pensiero laterale. Infine, lo step più importante: il passaggio dalla teoria alla prassi e all’esempio, che lo ha portato a dire tanti sì, dopo aver detto, per una vita, tanti no.

Non solo responsabilità, ci vuole un po’ di incoscienza

Se la responsabilità è molto ricorrente nelle considerazioni dei CEO, qualcuno, però, ha parlato anche di incoscienza. È stato il caso di Armando Ponzini, CEO di Cargeas. Padre di due figli molto desiderati e amati, si considera ottimista riguardo al futuro proprio grazie a loro. Per diventare padre, così come per fare il manager, serve anche una dose di incoscienza, ha detto; altrimenti, ci sono decisioni che non verrebbero mai prese.

Un aspetto fondamentale della paternità che Ponzini ha portato con sé in azienda è stata la capacità di chiedere scusa: essere padri aiuta ad essere più introspettivi e a rendersi meglio conto delle ricadute che le proprie azioni e parole hanno sugli altri. Per questo anche i modelli, gli stimoli per il raggiungimento degli obiettivi mutano con la paternità. Se, prima, il modello applicato in azienda per ottenere un risultato era quello dell’innalzamento dell’asticella, ora, dopo l’esperienza della paternità, la competizione ha lasciato spazio alla comprensione.

Se un collaboratore, così come un figlio, agisce per frustrazione o per rendere felice il capo o il papà, non darà mai il meglio. Ecco perché, secondo Ponzini, gli obiettivi non devono essere sempre sfidanti, ma raggiungibili e raggiunti. Vale anche per noi stessi, ma ce lo insegnano i nostri figli.

Motivare le persone con il coinvolgimento

Chiunque abbia fatto l’esperienza della genitorialità, se interpellato sui cambiamenti cui è andato incontro, senz’altro, tra i primi, citerà il ‘fattore tempo’. Carlo Verollo, VP di Samsung, dopo la nascita dei figli ha imparato a disporre meglio del suo tempo, dedicandone a loro e ridimensionando, per la prima volta nella vita, quello dedicato al lavoro. Senza perdere in qualità, anzi: è bastato applicare in modo serio il priority setting.

Cosa significa? Verollo ha smesso di lavorare nel weekend e imparato a ricavare tempo per i figli nella sua giornata: ricaricarsi in famiglia ha giovato anche alla sua professionalità.

E quando la famiglia è numerosa, come nel caso di Marco Piuri, CEO di Trenord, si può davvero dire di avere conseguito un master in genitorialità e in gestione del tempo. Grazie a questa esperienza di vita, Piuri ha fatto suo, anche nel lavoro, il motto “fai come se tutto dipendesse da te, sapendo che l’esito non dipende da te”.

Ecco, la paternità regala esattamente questo giusto distacco dalle cose: “Comunque vada, sai che l’esito non lo determini tu”, ha detto Piuri. Che, grazie ai figli, ha imparato un sano distacco dal lavoro, che lo aiuta a mantenere una visione più oggettiva, ma di maggiore responsabilità. Anche perché, sempre grazie alla famiglia, ha capito che il nesso causa-effetto e azione-reazione non sono assoluti, ma vanno adattati alle singolarità e alle diverse personalità di ognuno.

Come non esiste un unico modello educativo valido per tutti, così, anche con i collaboratori, non si può mantenere un modello di leadership che non sappia adeguarsi alle circostanze e alle persone. Ecco perché Piuri è diventato un sostenitore del cosiddetto Freedom management, che responsabilizza e motiva le persone coinvolgendole nelle decisioni e migliorando le relazioni.

Il CEO di Trenord ha concluso con un messaggio di speranza e di futuro: “Come CEO saremo giudicati su quello che lasceremo quando avremo cessato la nostra responsabilità: è così anche in famiglia. Non dobbiamo pensare al futuro del figlio, ma il figlio stesso è il futuro”. Grazie al ruolo di padre, Piuri ha imparato il significato della leadership generativa, che cresce persone e progetti che le sopravvivono: un’idea davvero rivoluzionaria rispetto al passato, che poteva vedere la luce solo nel senso di futuro che regalano i figli.

Un messaggio di speranza per tutti noi, che dovremo fare tesoro di questa esperienza straordinaria della vita, data dall’isolamento forzato per far fronte al propagarsi della pandemia: se sapremo essere generativi, durante la ‘ricostruzione’ dovremo portare con noi le abilità apprese durante questo periodo e farle fruttare al meglio, perché questo tempo non sia andato sprecato.

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Chiara Pazzaglia

Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.

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