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Come si apprende per osmosi da remoto?

Iniziare un nuovo lavoro può essere stressante. Comprendere le divisioni dei ruoli, come funzionano le cose nell’organizzazione e come ci si aspetta che i nuovi assunti si comportino richiede tempo. E non sempre i progetti di onboarding bastano a rispondere a tutte le necessità di chi entra nell’organizzazione per la prima volta. Se prima della pandemia si poteva apprendere “per osmosi” lavorando in prossimità dei colleghi e delle colleghe, assorbendo conoscenze cruciali relative al lavoro, questo non è più stato possibile con il lavoro a distanza.

Lo psicologo Albert Bandura ha aperto la strada all’idea di questo tipo di formazione negli Anni 60. Dai suoi studi sul modello di apprendimento dei bambini ha rilevato che la maggior parte dei comportamenti umani sono appresi proprio attraverso l’osservazione. Da alcuni anni anche le aziende hanno iniziato a riconoscere quanto sia importante consentire alle persone di imparare gli uni dagli altri, su base continuativa e informale. Un recente sondaggio del consorzio di ricerca di Slack Future Forum ha mostrato che il 42% dei lavoratori ritiene che lavorare da casa offra loro meno possibilità di imparare dai colleghi.

L’osservazione alla base della formazione

I modelli di formazione più diffusi tendono a suggerire che il 20% del nostro apprendimento sul lavoro deriva dall’osservazione degli altri. Il rapporto sull’apprendimento sul posto di lavoro di LinkedIn del 2020 ha anche mostrato che i team che sentono di apprendere nuove competenze insieme hanno più successo in generale.

Naturalmente, tutti hanno bisogno di una formazione vera e propria quando si uniscono a un gruppo di lavoro, ma ci sono anche aspetti meno ovvi da imparare: come si risolve quel messaggio di errore che compare sempre? Ci si può rivolgere al Marketing per una chiacchierata? Perché lavoriamo con questa azienda, ma non con quell’altra?

“La verità è che una volta che sei in un luogo fisico, l’osmosi tende ad accadere perché sei seduto vicino a qualcuno”, ha raccontato alla BBC Lynda Gratton, Docente di Pratica Manageriale alla London Business School. Ma da una ricerca condotta dalla stessa professoressa è emerso che le persone che lavorano da remoto in realtà hanno parlato con i loro team più di quanto non facessero in ufficio, trascorrendo molto meno tempo a interagire però con altri gruppi. Il lavoro a distanza rende poi più difficile raggiungere in modo informale i colleghi: sembra più imbarazzante fare una domanda su questioni elementari attraverso una chat, un’email o una videochiamata.

Il ruolo dell’intenzionalità

Dal momento che l’apprendimento per osmosi è ostacolato dal lavoro a distanza, le organizzazioni potrebbero dover lavorare di più per garantire che i propri dipendenti continuino a imparare gli uni dagli altri. Per Gratton, una soluzione è non affidarsi semplicemente al caso: “Non ci si può aspettare che tutti siano in ufficio e che in qualche modo si verifichi l’osmosi”, ha commentato. “Serve progettare intenzionalmente lo spazio in modo diverso, cioè creare intenzionalmente la prossimità in modo diverso”.

Fonte: BBC

Smart working, estero, BBC, Lynda Gratton


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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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