Dove vai se la sostenibilità non la fai?

Il debutto di Deliveroo alla Borsa di Londra non è stato dei migliori. Anzi. E a preoccupare gli investitori, a quanto pare, non è stata solo la struttura dell’azionariato di uno dei colossi del food delivery. Sono state messe in conto anche altre variabili: s’immaginano, per esempio, le condizioni di lavoro dei dipendenti, in particolare in seguito alle proteste dei rider. L’ipotesi, insomma, è che sulla performance in Borsa abbia pesato la variabile della sostenibilità: un’azienda non socialmente sostenibile di conseguenza è poco appetibile (anche) dal punto di vista azionario. Ma solo in Borsa: i risultati di Glovo, App di consegna a domicilio (non solo di cibo) spagnola, parlano di investitori privati ben volenterosi di credere nel delivery (Il Sole 24Ore riporta la cifra di 450 milioni di euro da parte della nuova finanza). Il mercato, dunque, sembra essere cauto sotto i riflettori della Borsa e più audace nel privato.

Il rispetto sociale è un’altra sfumatura di una stessa inclinazione ormai sempre più fondamentale tanto agli occhi dei consumatori quanto a quelli dei potenziali azionisti, che non se la sentono di investire in progetti poco sostenibili. Il crollo del 30% nel giorno del lancio in Borsa di Deliveroo (nonostante l’abbassamento del prezzo iniziale delle azioni, da 3,90-4,60 a 3,90-4,10 sterline) potrebbe pertanto essere dovuto proprio alla percezione del brand, non allineato alla sostenibilità per come è declinata oggi.

“L’attenzione alla sostenibilità non a parole, ma nei fatti è una discriminante sempre più importante anche per gli investitori”, spiega Rossella Sobrero, Presidente di Koinètica, la prima realtà in Italia dedicata esclusivamente alla comunicazione della Responsabilità Sociale d’Impresa e che ogni anno promuove il Salone della CSR. “Sappiamo che gli asset intangibili, tra cui la reputazione, possono condizionare pesantemente il giudizio del mercato finanziario”.

Coniugare il business con l’impegno sociale e ambientale

La sostenibilità di un brand, infatti, non è più intesa solo come attenzione ambientale. Su questo fronte, per esempio, la stessa Deliveroo è attenta all’ambiente, e – tra le altre cose – si considera come la prima piattaforma ad aver introdotto in Italia l’opzione “no posate”, riducendo così del 5% l’utilizzo di forchette e coltelli in plastica.

“L’impegno per l’ambiente è parte del Dna di Deliveroo”, ha fatto sapere a inizio 2021 Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo Italia, attraverso un comunicato stampa. E le azioni in questo senso non sono mancate, arrivando anche a far partecipare – come si è appreso – i consumatori e i ristoranti partner, considerati “direttamente coinvolti nelle attività sviluppate a favore della sostenibilità”.

Eppure la Borsa ha mostrato come non sia solo la sostenibilità ambientale a essere fondamentale di questi tempi. E che, per esempio, il green washing – la comunicazione esageratamente enfatica dell’impegno ambientale che evoca una dimensione valoriale non rispondente alla realtà – sia uno dei pericoli da valutare per i suoi impatti sul mercato. “Il tema del rispetto dei diritti delle persone è sempre più centrale”, rimarca Sobrero. “Quando si assiste a un fenomeno di crescita veloce di un settore come quello del food delivery è fondamentale che i brand si interroghino sulla correttezza delle modalità di reclutamento e gestione delle consegne per salvaguardare il benessere delle persone e dell’ambiente. Se non è ancora raggiunto un equilibro tra gli aspetti economici e quelli ambientali e sociali bisogna avere il coraggio di essere trasparenti: ammettere anche eventuali criticità, problemi, difficoltà è un segnale di responsabilità”.

Nel caso di Deliveroo c’è da dire che non sono neppure mancati studi e iniziative per la cura delle proprie persone, come, tra gli altri, lo sportello psicologico interno messo a disposizione dei dipendenti, che da una survey interna – secondo un comunicato diffuso qualche tempo fa – risulta apprezzato dal 70% dei lavoratori.

“Correttezza” e “trasparenza” sembrano dunque essere il principale modo attraverso il quale i player della Gig economy – in particolare le aziende del settore delle consegne di cibo a domicilio – potranno in futuro acquisire la fiducia del consumatore e degli investitori. “Per fortuna la maggior parte delle imprese che ho incontrato in questi anni e che partecipano anche al Salone della CSR e dell’innovazione sociale è attenta prima a ‘fare’ e poi a ‘dire’”, conclude Sobrero. “In generale il consumatore è oggi più informato e quindi più critico e diffidente rispetto al passato. Il rischio che vedo in questo momento in cui tutti parlano di sostenibilità è che si incrini la fiducia del mercato anche nei confronti delle organizzazioni che scelgono seriamente di modificare la propria strategia coniugando business con impegno sociale e ambientale”.

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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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