Estrarre la conoscenza tacita delle persone per sviluppare l’impresa

La pandemia ha fatto emergere la necessità per le aziende di puntare sulla sostenibilità organizzativa. Ciò si realizza attraverso azioni concrete di responsabilità civile che mirano al benessere e alla felicità.

Nella stagione del post emergenza Covid, le aziende sono alla ricerca di nuove soluzioni per andare incontro ai bisogni dei loro dipendenti. La Direzione HR è chiamata a essere in prima linea nell’occuparsi della sostenibilità dell’impresa, che passa dal benessere delle persone. Tra i diversi temi aziendali che la pandemia ha fatto emergere c’è appunto quello della sostenibilità organizzativa, che si fonda su tre dimensioni di base: energetica, economica, sociale. Spesso, però, si dimentica che questi tre livelli non si realizzano da soli, ma sono strettamente legati alla sostenibilità organizzativa.

Emerge in questo senso un approccio di tipo adattativo: le imprese tendono ad adattarsi alla nuova realtà, cercando di limitare i danni, per ottenere i propri obiettivi. Ma se è necessario trasformare i modelli di produzione, distribuzione dei redditi ed efficienza energetica, non basta l’adattamento che può essere utile in situazioni ordinarie. In situazioni straordinarie come quella vissuta con la pandemia, invece, serve resilienza: si tratta della capacità di un organismo di aumentare le proprie resistenze di fronte a situazioni difficili.

Perché ciò avvenga, bisogna ripensare gli aspetti organizzativi finora dominanti, come quello ford-tayloristico che ha avuto successo in passato, ma è entrato in crisi negli ultimi 20 anni quando si è affermata la Quarta rivoluzione industriale. Non si può quindi adattare il modello taylorista alla nuova realtà, piuttosto serve un cambiamento radicale, come ha spiegato Stefano Zamagni, Professore Ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna e fondatore della Scuola di Economia civile, nel corso dell’evento Wellfeel promosso dalla casa editrice ESTE, di cui Parole di Management è Media Partner.

Puntare sui premi, non sugli incentivi

Come illustrato da Zamagni, il lavoro presenta due dimensioni: una acquisitiva (legata alla ricezione dello stipendio e all’adeguamento salariale) e una espressiva (in cui ognuno realizza la propria personalità e il proprio potenziale attraverso il lavoro). Quest’ultima è sempre più richiesta dalle persone oggi, mentre il taylorismo l’aveva ignorata, come ha magistralmente dimostrato il film Tempi moderni di Charlie Chaplin. Il bisogno fondamentale degli esseri umani è quello di essere riconosciuti – ricorda Zamagni – e ciò è possibile attraverso il lavoro.

Se il taylorismo ha valorizzato la conoscenza codificata (trasferita attraverso libri, circolari, ecc.) oggi è necessario sviluppare invece la conoscenza tacita, quella dentro ciascuno di noi. E solo noi siamo gli unici a poterla esternalizzare. Ma come può riuscire l’impresa a ‘estrarla’ dalle persone? Utilizzare schemi di incentivi non è la soluzione, secondo Zamagni, perché l’incentivo rovina la relazione interpersonale e rompe la fiducia. Invece la conoscenza tacita può essere valorizzata solo se il dipendente sa di lavorare in un’impresa dove il benessere viene davvero praticato. In questo senso vanno i premi, che sono l’opposto degli incentivi: i premi sono ex post, non ex ante, e dimostrano che sono stati apprezzati gesti e azioni, rafforzando la stima in se stessi delle persone.

La sostenibilità organizzativa si concretizza infine nel passaggio dalla responsabilità sociale alla responsabilità civile dell’impresa. La prima prevede che l’azienda non faccia certe azioni: per esempio, viene chiesto all’impresa di non inquinare, non evadere le tasse, non sfruttare i dipendenti, ecc. La responsabilità civile dell’impresa chiede invece che l’azienda faccia qualcosa per cambiare l’organizzazione interna e concorrere all’avanzamento del territorio di riferimento. L’azienda diventa così un agente che si preoccupa realmente e direttamente del benessere e della felicità delle persone a cui sono strettamente legate la produttività e l’innovazione dell’impresa stessa.

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Gabriele Perrone

Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d'impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello. Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all'Independent. Laureato in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.

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