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Fiasconaro, l’artigianalità ‘resiste’ all’automazione

La Sicilia è la prima regione del Sud quanto a Pil e indici occupazionali, in controtendenza rispetto agli altri territori meridionali. È quanto emerge dal rapporto Camparitardi e le opportunità di investimento presentato a fine novembre 2019 dall’Osservatorio economico e sociale sulla Sicilia, composto da Irfis – società finanziaria per il mediocredito con sede a Palermo – e Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.

Nel 2019 la Sicilia ha visto crescere il numero di lavoratori dello 0,3% rispetto all’anno precedente: un dato in linea con il Centro Nord della Penisola, mentre nel resto del Meridione si è registrato un -0,3% di occupati. I lavoratori del settore industriale e di quello agricolo sono aumentati di quasi sei punti percentuali. Positive anche le cifre del Pil, che secondo il rapporto è aumentato dello 0,5%. Ma soprattutto prosperano le esportazioni dall’isola: +15,3% in un anno.

Un quadro incoraggiante per Palermo e dintorni, nonostante le difficoltà che da sempre affliggono il Meridione, dove le offerte di lavoro non proliferano: gli ultimi dati Infojobs registrano solo 3mila proposte nei primi sei mesi del 2019.

A Castelbuono, nel cuore del parco delle Madonie, c’è una delle realtà che da tempo contribuisce a diffondere il Made in Sicily nel mondo: la famiglia Fiasconaro, dedita alla pasticceria dal 1953 e nota ai più per il suo prodotto iconico, il panettone siciliano. Il dolce che ha accolto a Linate, lo scorso 26 ottobre, i primi passeggeri atterrati nell’aeroporto meneghino dopo la riapertura.

Il segreto di Fiasconaro? Aprirsi all’esterno, lasciarsi affascinare da tradizioni culinarie geograficamente lontane – come quella del panettone milanese – e ripensarle con sapori del territorio. Senza mai abbandonare l’artigianalità del prodotto, anche quando i ritmi produttivi spingerebbero ad automatizzare le procedure.

Una ricetta che permette a questa famiglia di confezionare 12mila panettoni al giorno nel periodo di punta – tra novembre e dicembre, quando si lavora 24 ore su 24, anche nel weekend – senza dover rinunciare al titolo di “pasticceri”.

Così la squadra di Castelbuono è in continua espansione (oggi conta circa 150 dipendenti, mentre 11 diversi laboratori esterni sparsi per tutta la regione cooperano per fornire le materie prime necessarie alla produzione) e nel 2019 ha sfiorato i 21 milioni di euro di fatturato.

Sapori del Sud e tradizioni nordiche

“Il mio primo panettone era con la manna, una resina prodotta dagli alberi di Frassino: stalattite, dolcificante naturale che può sostituire in parte il saccarosio”, spiega il maestro Nicola Fiasconaro. “Poi è arrivato quello con le nocciole di Polizzi, qui vicino al borgo.

Cultura nordica, ma ingredienti della nostra terra. Una scelta apprezzata: abbiamo conquistato prima Castelbuono, poi le Madonie, poi l’intera Sicilia. Quindi le prime fiere a Verona per presentare la nostra creazione. Così è cominciato tutto”.

Fiasconaro racconta di quando negli Anni 50 papà Mario decise di abbandonare il mestiere di famiglia – la pastorizia – per aprire un bar in paese: “Le prime granite si facevano con la neve pressata delle Alte Madonie, trasportata giù dai monti con le mule. Poi sono arrivate le brioches e le cassate”, ricorda il pasticcere.

“La nostra fortuna è stata il fatto che mio padre fosse un visionario, ha sempre riempito di stimoli me e i miei fratelli. È stato lui a mandarmi in fiera al Nord le prime volte, per formarmi. E nel bar di Castelbuono ha sempre venduto panettoni Galliuppi e Alemagna. Quindi, quando l’ho provocato dicendogli che avremmo dovuto inventare il nostro panettone, non si è scandalizzato poi tanto”.

“Se oggi si mangia panettone dal Trentino alla Sicilia, me ne sento un po’ responsabile. E ne vado orgoglioso”, afferma il maestro pasticcere. Quello di Fiasconaro è un sistema di alta pasticceria 100% italiano, ma che esporta in tutta Europa, in America, in Asia, nei Paesi arabi. Ovunque sia apprezzata la cultura del Belpaese.

Identità, artigianalità e innovazione

Secondo Fiasconaro, negli ultimi anni in Sicilia si sta assistendo a un forte cambiamento culturale: “I giovani non sono più assuefatti al clientelismo, reagiscono. E se ancora molti emigrano dalla nostra regione per cercare lavoro, soprattutto in ambito agroalimentare ce ne sono tantissimi che restano e danno vita a nuovi progetti”.

L’importante è sapersi rinnovare di continuo senza perdere di vista la propria identità. “Millenni di storia e di stratificazioni di popoli hanno lasciato nell’isola due bagagli culturali enormi: l’architettura e i sapori. Questa è la nostra forza”. E le istituzioni sembrano averlo capito: “Oggi sono più attente a sostenere le piccole aziende del comparto agroalimentare”.

Per quanto riguarda la sua azienda, Fiasconaro svela che il processo produttivo nel tempo è cambiato pochissimo. “Cambia la quantità, non il metodo. Artigianale, quasi rurale direi. Per fare un panettone ci vogliono tre giorni. Anche la glassatura è realizzata a mano, con la sac à poche”.

A portare novità sono i dipendenti: tutti giovani, l’età media è inferiore ai 40 anni. “Noi fratelli Fiasconaro siamo i più vecchi, ma comunque under 60”, sorride. E per stare al passo coi tempi e con la digitalizzazione si cercano costantemente nuove risorse “soprattutto in Amministrazione e Logistica”.

Fiasconaro punta molto su “persone di Castelbuono che hanno maturato esperienza internazionale e che vogliano rientrare in Sicilia per rafforzare il nostro volto nel mondo. Più facciamo rete, anche a livello amministrativo, più risultiamo affidabili. Solo così possiamo garantire di recapitare un panettone siciliano a Manhattan in due giorni”.

La scelta di Fiasconaro certamente costa: senza automatizzare la produzione servono 80 lavoratori dove altrimenti ne basterebbero cinque o sei. Di conseguenza il prezzo dei prodotti può superare anche i 40 euro al chilo. Ma finora gli sforzi sono stati ripagati.

artigianalità, Fiasconaro, made in sicily, Sicilia

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