Google e i “compagni” della Silicon Valley

È nato Alphabet Workers Union, l’organizzazione che raggruppa 225 dipendenti e dà veste formale al loro impegno etico.

Dopo anni di attivismo più o meno sommerso, la storica resistenza alle forme di organizzazione dei lavoratori della Silicon Valley ha ceduto. E l’iniziativa porta la ‘firma’ di 225 dipendenti di Google. Una piccola, grande rivoluzione per il colosso tecnologico statunitense, che da tempo deve difendersi da accuse di molestie e discriminazioni – anche retributive – e di utilizzo eticamente scorretto di quegli algoritmi su cui si basa la fortuna dell’azienda.

È nota la protesta dei lavoratori di Big G contro il progetto Maven, che prevedeva l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI) di Google per migliorare gli attacchi mirati dei droni. Proprio a causa di questa manifestazione di attivismo interno, l’azienda non ha rinnovato il contratto con il Pentagono. Ha fatto scalpore, poi, la protesta di 20mila lavoratori contro l’ex dirigente Andy Rubin, che ha ottenuto una buonuscita di 90 milioni di dollari dopo essere stato accusato di molestie sessuali. Infine si sono verificate, negli ultimi tempi, proteste a seguito del licenziamento di Timnit Gebru, l’analista che aveva denunciato il razzismo degli algoritmi di Google nei confronti delle minoranze etniche.

A fronte di questi movimenti spontanei e a macchia di leopardo, da qualche tempo si osservavano nascenti tentativi di organizzazione più a lungo termine da parte dei dipendenti di Google. A novembre 2019, l’azienda aveva licenziato quattro dipendenti che stavano lavorando a una organizzazione sindacale, con l’accusa di avere violato la privacy dei colleghi.

Questa volta, dunque, il lavoro di pianificazione per organizzarsi è stato svolto in gran segreto, fino all’uscita allo scoperto: il gruppo di lavoratori si è affiliato al Communications workers of America, un sindacato che rappresenta i lavoratori delle telecomunicazioni e dei media negli Stati Uniti e in Canada. Si sono dati il nome di Alphabet Workers Union, dalla denominazione dell’azienda che controlla la big company tecnologica. È un sindacato di minoranza, che rappresenta per ora una piccolissima parte degli oltre 260mila dipendenti del gruppo, sparsi in tutto il mondo, ma è quasi un unicum in tutta la Silicon Valley e, per questo, si tratta di un evento straordinario.

Difendere gli interessi come bisogno naturale dei lavoratori

Lo scopo dell’organizzazione dei lavoratori di Google, tuttavia, appare molto diverso da quello che muove il classico attivismo sindacale, come quello italiano. Infatti, non si tratta tanto di contestare le condizioni di lavoro o salariali, quanto di dare una veste formale e più organizzata alle forme di impegno etico dei lavoratori.

Non è particolarmente stupito dalla notizia Enrico Bassani, Segretario Generale della Cisl Area Metropolitana bolognese, che vede la necessità di trovare una forma organizzata e collettiva di difesa dei propri interessi come un bisogno del tutto naturale dei lavoratori, a qualsiasi latitudine e con qualsiasi mansione. “Mi pare che anche i dipendenti di Google abbiano manifestato l’espressione di una esigenza di base, che nasce dalla forma storica del sindacato”, osserva Bassani, che guida la rappresentanza sindacale di oltre 50mila lavoratori sui circa 350mila dipendenti del territorio metropolitano bolognese.

In Italia l’industria tecnologica è molto diversa: prevalgono le piccole realtà e le startup e sono di più recente formazione”, osserva il Segretario. Ecco perché, nel settore, non si è ancora organizzata una vera rappresentanza sindacale, con l’eccezione di alcuni colossi dell’ecommerce, in cui ci si trova un po’ borderline tra la tecnologia e la logistica, come per esempio nei magazzini di Amazon e di Yoox, nata proprio a Bologna.

La forma più nuova di lavoro (e a cui il sindacato guarda con maggiore interesse) legata alla Gig economy sembra essere, tuttavia, quella dei rider. Nelle grandi città metropolitane si tratta di una figura sempre più diffusa, che si è ulteriormente espansa a seguito delle restrizioni ai servizi di ristorazione imposti dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Proprio a Bologna, grazie anche all’impegno dell’Assessore al Lavoro Marco Lombardo, è nata la prima Carta di tutela dei diritti dei rider e dei lavoratori digitali, sottoscritta, a oggi, da una minoranza di piattaforme, ma senz’altro un modello da cui partire per un’applicazione più diffusa sul territorio nazionale.

Sempre nel capoluogo emiliano, infatti, era nata nel 2018 la prima forma di organizzazione sindacale di questi lavoratori, la Riders Union. Proprio nei primi giorni del 2021 è arrivata la sentenza del Tribunale di Bologna che ha riconosciuto come discriminatorio l’algoritmo della piattaforma Deliveroo: anche in questo caso si tratta di una conquista che si può definire sindacale.

Non è un algoritmo a definire il valore lavoro

Come osserva Bassani, non è certamente un algoritmo o un’AI che può esprimere il valore del lavoro, determinando la filiera produttiva e la valutazione dell’operato dei lavoratori. Secondo la Cisl metropolitana è questa la sfida principale del prossimo futuro, insieme con quella della regolamentazione del ‘lavoro da remoto’, che apre nuovi scenari non più relegabili alla situazione emergenziale che si è creata nel contesto pandemico.

La vera sfida del sindacato italiano, dunque, è trovare nuove formule di rappresentanza per tutte le forme di lavoro atipico che stanno nascendo, gestite attraverso contratti diversi a quelli cui siamo abituati. Si sta creando una rappresentanza sindacale perché, come osserva Bassani, è una necessità imprescindibile dei lavoratori: anche le partite Iva e i freelance, che fino a poco tempo non prendevano nemmeno in considerazione l’adesione a un sindacato, si stanno ora organizzando per cercare di vedere tutelati i propri interessi in forma collettiva. E i lavoratori di Google sembrano aver indicato una possibile strada.

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Chiara Pazzaglia

Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.

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