Realtà Virtuale

Il metaverso e la creazione di un mondo ibrido

Annodare i fili dello scambio di conoscenza interno e organizzare processi e strumenti di circolazione continua della stessa diventano l’urgente obiettivo di molte imprese manifatturiere che fino a oggi hanno trattato le conoscenze come bene da proteggere e trattenere in modo riservato nelle mani di alcuni, spesso di una sola figura.

Parallelamente non c’è impresa, indipendentemente dalla taglia dimensionale o dal settore di operatività, che non si stia ponendo tre problemi urgenti e importanti per la propria sopravvivenza: come riorganizzare le relazioni interne tra occupati fissi, collaboratori, management e fornitori abitudinari, alla luce della crisi dei modelli tradizionali di incontro e riunione fatti di persona sul luogo di lavoro? Quali strumenti utilizzare e come procedere nell’acquisizione di conoscenze nuove e nella circolazione interna della conoscenza, soprattutto quando occorre trasferirla e scambiarla da una divisione interna a un’altra o a far lavorare insieme soggetti che provengono da settori disciplinari diversi? Come aprirsi a dialogare all’esterno, verso e insieme una comunità di soggetti (fornitori partner, clienti speciali, stakeholder qualificati) per attivare un dare-avere sistematico e continuo?

Non c’è pertanto organizzazione produttiva che non si sia resa conto, o non si stia drammaticamente rendendo conto, che la conoscenza rappresenta una delle materie prime che possono/devono essere trattate in termini di sostenibilità: ossia devono diventare circolari e in continuo trasferimento. Se la conoscenza si ferma a ridosso di qualcuno smette di produrre valore.

La nuova relazione tra spazi e contenuti di apprendimento

Complice la pandemia di covid-19 e le sue conseguenze pratiche, nel tempo trascorso dal suo inizio abbiamo fatto “cinque anni in uno”, come sintetizza lo scrittore Alessandro Baricco in un suo recente articolo. E abbiamo dovuto rimangiarci molti dei valori sui quali abbiamo, fino a poco tempo fa, impostato il nostro business: riservatezza delle conoscenze, divide et impera, centralizzazione e integrazione al vertice.

Ma questi temi e problemi erano già oggetto di studio a livello internazionale da qualche anno e interessanti e molteplici sono le innovazioni che oggi possiamo utilizzare per migliorare il comportamento interno dei nostri collaboratori. In questo articolo cerchiamo di capire cosa di interessante si dice nel mondo dell’innovazione dei processi e dei sistemi di trasferimento della conoscenza e quali realtà stanno (indipendentemente dalla dimensione e dal settore) cercando di adottare soluzioni in corsa.

Quale sarà la nuova relazione tra spazi e contenuti di apprendimento? Come le tecnologie possono cambiare l’esperienza di apprendimento? Come la dimensione apprenditiva si sposta dall’essere capability individuale a tratto sistemico delle organizzazioni? Come cambiano senso e significati dell’apprendimento?

Sono questi alcuni degli ambiti di indagine che il Simposio che abbiamo organizzato all’inizio del 2021 presso l’Università di Bologna si è posto l’obiettivo di analizzare attraverso una mappatura “glocale” di metodi, modelli e pratiche attuali relativi all’evoluzione di forme, contenuti, processi e sistemi di apprendimento per raccogliere e condividere casi studio significativi che ci aiutano a interpretare i trend emergenti.

L’evento è stato caratterizzato da keynote speaker, workshop interattivi e preceduto da un roadshow digitale fatto di tre tappe:

  • Broadcasting learning (a novembre 2020): produzione, consumo e innovazione della conoscenza;
  • The learning shift (a gennaio 2021): apprendimento 3.0, dall’analogico al digitale e al virtuale;
  • From Corporate Academy to Urban Academy (febbraio 2021): la città come aggregatore e innovatore della conoscenza.

Una realtà immersiva, continua, pervasiva

“Le connessioni sono complesse. Riassumerle richiederebbe sia creatività che discernimento. Essendo io un’entità meccanica, non possiedo nessuna delle due facoltà”. Era il 1992 e già il potere e la complessità delle connessioni, intese nell’accezione più ampia del termine, stava iniziando a emergere senza neppure essere in grado di immaginare cosa sarebbe successo nei trent’anni successivi. Connessioni più complesse, sempre più complesse, che richiedono “creatività e discernimento”, versione moderna e rivisitata di quel mix di “virtute e canoscenza” necessario per leggere il fenomeno nella sua ampiezza e profondità. È strano questo tempo, che ci permette di celebrare a distanza di pochi mesi l’anniversario della morte di Dante e il trentennale della nascita del metaverso.

Nel 1992, infatti, il primo a introdurre il concetto di “metaverso” fu l’autore di fantascienza del post cyberpunk Neal Stephenson, nel suo romanzo Snow crash. Per gli addetti ai lavori nel campo informatico, “snow crash” è l’inizio della fine perché rappresenta un particolare stato dei primi computer Apple Macintosh in seguito a un crash del software. “Quando tutto va al diavolo e cominciano a venir fuori bit a caso… il risultato è un’interminabile serie di caratteri senza significato… Questa immagine assomiglia vagamente a quando si guarda in un televisore rotto, un turbine di puntini bianchi e neri”, scriveva ai suoi esordi Stephenson. Uno snow crash, appunto.

Quante volte in questi ultimi venti mesi abbiamo avuto la sensazione che il nostro software – abitudini, comportamenti, relazioni – si trovasse in un punto di non ritorno producendo una rottura nei modi di pensare, agire, conoscere e collaborare? E mano a mano che, con stupore, fatica e salti di consapevolezza, procedevamo in questo lavoro di ricostruzione, ci è apparso sempre più chiaro che raramente qualcosa di rotto sia in grado di tornare in tutto e per tutto uguale a prima. Abbiamo sperimentato a diversi gradi di maturità ciò che nella tecnica ceramica giapponese è definito “kintsugi”, ovvero l’arte delle preziose cicatrici. Rompendosi, infatti, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura dell’oggetto che riempite di materiale prezioso, tipicamente oro, rendono l’oggetto stesso ancora più pregiato proprio grazie alle sue crepe.

Quella del covid-19 è senza dubbio una cicatrice il cui grado di ‘preziosità’ sta nella nostra capacità di trarne una diversa lettura del mondo e alcune lezioni destinate a restare. Tra queste, l’intersezione tra fisico e digitale che contribuiscono alla creazione di un mondo ibrido, immersivo, continuo e pervasivo come nuovo teatro delle nostre interazioni. Il Fondatore di Facebook Mark Zuckerberg lo ha descritto come “embodied internet”, quel mondo digitale incarnato e incorporato nel nostro mondo fisico al punto da renderlo progressivamente simile a un metaverso. Eravamo nel pieno delle nostre vacanze agostane quando Zuckerberg stesso ha tracciato la visione per la sua impresa che scommettiamo possa avere implicazioni concrete nel medio periodo anche per quelle apparentemente molto lontane dal modello Silicon Valley per geografia e posizionamento, Piccole e medie imprese (PMI) comprese: “La mia speranza, se faremo bene, è che in cinque anni o giù di lì nel prossimo capitolo della nostra azienda, passeremo dall’essere visti come una social media company a essere una metaverse company”.

Il 19 agosto 2021 Facebook ha infatti lanciato un test su una nuova App di lavoro a distanza di Realtà Virtuale in cui i propri dipendenti in possesso dei visori Oculus Quest possono tenere riunioni come versioni avatar di se stessi. Un grande investimento per il gruppo sia in termini di risorse economiche sia di modello organizzativo in cui verranno iniettate competenze specifiche e nuove professionalità legate soprattutto al gaming e al mondo della Realtà Aumentata e Virtuale (mentre scriviamo, le offerte di lavoro attive, solo per questi, pubblicate dall’azienda sono 715). Trovata di marketing o reale proposito di posizionamento, non ci è (ancora) dato sapere. Eppure ci è data la possibilità di riflettere sulle implicazioni del metaverso come terzo spazio nel quale giocare la partita di nuovi modelli di produzione, distribuzione, rigenerazione di prodotti, servizi, esperienze, agendo quindi tanto nel mondo materiale quanto in quello immateriale.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre-Ottobre 2021 della rivista Sistemi&Impresa.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

tecnologia, metaverso, Snow crash


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Flaviano Celaschi

Professore Ordinario di Disegno Industriale presso il dipartimento DA, Alma Mater Studiorum, dell’Università di Bologna


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