Generazione Z

La Generazione Z rottama le relazioni di persona

A differenza dei loro genitori, la Generazione Z non ha vissuto l’aumento delle interazioni virtuali legato alla pandemia come una parentesi, ma al contrario sta costruendo e alimentando nuove connessioni che non richiedono la presenza fisica anche in uno scenario post Covid. Questo approccio si fa sentire anche nel modo con cui chi è nato tra il 1996 e il 2010 entra e si muove nel mondo del lavoro. 

Un recente studio diffuso dalla testata statunitense Quartz ha rilevato che sette persone su 10 in cerca di lavoro pensano di non aver bisogno di incontri di persona per creare una connessione professionale significativa. Un altro studio ripreso dalla stessa testata ha mostrato che più della metà degli appartenenti alla Generazione Z ha stretto amicizia con qualcuno conosciuto esclusivamente online. Per quanto sia difficile pensare che il networking di persona possa essere completamente abbandonato, alcune tendenze emergenti suggeriscono che la modalità di interazione e connessione che si basa sulla presenza fisica stia perdendo il suo fascino per i più giovani. 

Meglio comunicare online, anche senza pandemia 

L’identità e la presenza digitale della Generazione Z sono indissolubilmente legate, e l’appetito per i mondi virtuali continua a crescere in ogni sfera. Nel mondo del dating, per esempio, secondo Quartz, gli appuntamenti virtuali hanno raggiunto nuove vette negli ultimi due anni proprio grazie ai nuovi adolescenti. Sull’applicazione e social network statunitense OkCupid, un utente su quattro preferisce la chat video piuttosto che l’incontro di persona, e su una App simile, Hinge, il 65% degli utenti predilige appuntamenti video prima di incontrare le persone nel mondo reale. 

Allo stesso modo, passando al mondo del lavoro, su Handshake, piattaforma simile a LinkedIn votata allo sviluppo di contatti professionali, sempre più persone della Generazione Z fanno crescere le loro reti professionali esclusivamente online. Una ricerca ha mostrato che negli ultimi 12 mesi sono stati scambiati su Handshake 3,5 milioni di messaggi tra studenti e datori di lavoro. E Quartz ha riferito che per la Generazione Z otto persone su 10 concordano sul fatto che ora sia più facile stabilire connessioni professionali rispetto a quanto non lo fosse per la generazione dei loro genitori, e la metà degli studenti preferisce le interviste virtuali. 

Guardando al futuro, i ragazzi e le ragazze tra i 12 e i 26 anni non sembrano intenzionati a mettere in secondo piano la virtualità. Infatti, come ha riportato Quartz, il 40% degli utenti di una delle più note App di dating, Tinder, prevede di proseguire a far incontrare i potenziali partner tramite video, mentre il 54% degli studenti iscritti ad Handshake ha detto di voler continuare a partecipare agli eventi professionali in modalità virtuale. 

Imparare dal virtuale 

Se tutto questo dovesse sembrare a qualcuno una sciagura, è interessante constatare come la virtualità stia aprendo la strada a spazi e processi più equi. Da una ricerca di Handshake è emerso che le attività legate al mondo del lavoro in modalità virtuale hanno livellato la percezione di sentirsi diverse da parte delle persone catalogata nelle fasce statisticamente discriminate (donne, persone di colore, diversamente abili o Lgbtq+). Molti hanno riferito di sentirsi più sicuri rispetto all’incontro di persona e di percepire una maggiore visibilità. La piattaforma per imparare nuove lingue Duolingo, per fare un altro esempio, ha implementato un programma virtuale volto a sbloccare opportunità per ingegneri e designer di colore storicamente esclusi dalle carriere nel campo della tecnologia. Al termine del percorso, durato 10 settimane, il tasso di fidelizzazione era del 95%. 

Grandi compagnie, come Ford motor company e Microsoft, stanno dedicando grandi energie al recruiting per via digitale, mettendo da parte curriculum cartacei e biglietti da visita. Uno degli aspetti più vantaggiosi per aziende di questo tipo è il grande risparmio in termini di budget, evitando viaggi e imponenti allestimenti di eventi dedicati al lavoro. Ma anche per mantenere, e non solo per reclutare, talenti in azienda è essenziale sviluppare strategie che promuovano la fidelizzazione della Generazione Z attraverso le modalità di interazione che quest’ultima sente più vicine, virtualità in primis. 

I più giovani stanno mostrando come nel mondo del lavoro – e non solo – l’interazione in presenza non sia la sola possibile e come la virtualità non esponga solamente all’alienazione e allo sradicamento, ma anche a dinamiche ben più virtuose che nel mondo fisico continuano a rivelare lacune. Sta emergendo una nuova valuta di capitale sociale e i datori di lavoro più aperti alla sensibilità della Generazione Z sono anche quelli destinati a incassarla prima e meglio. 

Fonte: Quartz 

App, Generazione Z, connessione, relazioni virtuali


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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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