La ristorazione collettiva oltre il Covid

I player del settore sono chiamati a cercare soluzioni alternative di servizio per restare competitivi e per raggiungere i clienti

Un comparto che in Italia conta oltre 1 miliardo di pasti serviti ogni anno, 6 miliardi di euro di fatturato per circa 1.000 aziende e 95mila lavoratori. Erano questi, secondo i dati dell’Osservatorio sulla ristorazione collettiva e nutrizione (Oricon), i numeri della ristorazione collettiva prima dell’emergenza legata al Covid-19 che ha frenato il mercato ed è destinata a impattare fortemente sui bilanci delle società del settore nei prossimi anni.

Le attività delle aziende di ristorazione collettiva –i cui segmenti principali sono la ristorazione ospedaliera e socio-sanitaria, scolastica, aziendale e militare– si suddividono in: fornitura di pasti preparati (catering) e altri servizi di ristorazione; mense e catering continuativo su base contrattuale; solo mense; solo catering continuativo su base contrattuale. Le imprese di ristorazione collettiva sono presenti soprattutto in Lombardia (16,27%), seguita da Campania (13,27%) e Lazio (12,5%).

A scattare la fotografia è Cribis, società del Gruppo Crif e parte del Dun & Bradstreet worldwide network, l’alleanza tra fornitori locali di Business information. Secondo l’analisi della società specializzata in informazioni commerciali su aziende italiane ed estere, nel 74,4% dei casi si tratta di micro imprese, seguite da aziende di dimensioni piccole (15,7%), medie (6,5%) e grandi (3,4%).

Nei soli mesi di marzo e aprile 2020, rapportati agli stessi mesi degli anni precedenti, c’è stato un calo del 67% del fatturato complessivo (dati Oricon). Il lockdown ha influito in modo particolarmente negativo sulla ristorazione scolastica, che ha ha visto mancare 72 milioni dei 112 milioni di pasti persi complessivamente. Sui 95mila addetti del settore (l’82% è rappresentato da donne) a giugno 2020 ben 61mila erano in cassa integrazione. A livello annuale, è previsto che nel 2020 il settore registri un 40% in meno di ricavi e si stimano 52mila esuberi, di cui 40mila nella refezione scolastica.

Lo Smart working rappresenta una nuova sfida

Durante l’emergenza, tuttavia, alcuni comparti che compongono la ristorazione collettiva hanno continuato a lavorare, seppure in modalità ridotte o differenti. È il caso della ristorazione ospedaliera e socio-sanitaria. Altri invece, come quelle scolastica, militare e parte dell’aziendale, hanno subìto uno stop immediato delle attività. Le nuove sfide, in vista della ripresa, riguardano sia la sicurezza, per garantire il distanziamento tra le persone in mensa, sia le soluzioni alternative al ristorante aziendale, che però comportano un numero minore di pasti serviti.

A questo si aggiunge il fatto che, a causa dell’emergenza sanitaria, molti lavoratori che prima pranzavano nel ristorante aziendale sono rimasti a casa. Prima del lockdown, la spesa per i pasti fuori casa era in crescita, dagli 84,3 miliardi di euro del 2018 agli 86 miliardi del 2019 (dati della Federazione italiana pubblici esercizi, Fipe). I consumi alimentari fuori casa si attestavano sul 36% di quelli complessivi.

Secondo l’Osservatorio Lockdown. Come e perché cambiano le nostre vite realizzato da Nomisma e Crif, sono quasi 2 milioni gli italiani che, con la diffusione del coronavirus, hanno iniziato a lavorare da casa. E il 56% degli intervistati continuerebbe in questa modalità, sia pure in misura ridotta, dopo la fine dell’emergenza. Prima che nel nostro Paese arrivasse l’epidemia, erano 570mila i dipendenti italiani che avevano la possibilità di lavorare in Smart working. A questo si aggiunge il fatto che la scarsità di tempo a disposizione e l’abitudine a cucinare meno si riflettono nell’utilizzo crescente di piattaforme di food delivery (soprattutto al Nord Italia): nel 2019, il 30,2% degli italiani ha avuto occasione di ordinare online il pranzo o la cena da piattaforme Web.

Player alla ricerca di nuove soluzioni

L’aumento così significativo degli Smart worker implica il fatto che molti pasti, prima consumati nel ristorante aziendale, sono potenzialmente persi. Ma i player del settore possono sperimentare servizi innovativi e valutare eventuali aggregazioni con chi si occupa di food delivery per conquistare il nuovo mercato degli smart worker.

Questi dati si possono inquadrare nel più ampio contesto della ristorazione che, secondo i dati Fipe, nel 2019 ha registrato un giro d’affari di 86 miliardi di euro. Ma anche bar e ristoranti, che già hanno un elevato tasso di mortalità imprenditoriale (si pensi che dopo cinque anni dall’apertura il 57% chiude i battenti), sono destinati a veder diminuire i loro ricavi a causa della crisi. La ristorazione collettiva si inserisce quindi in un quadro già complesso.

Alla luce della convivenza con il Covid, il settore è chiamato a cercare soluzioni alternative di servizio, mantenendo un’attenzione prioritaria alla sicurezza igienico-sanitaria dei pasti, degli spazi e dei consumatori finali. Proprio questi ultimi, soprattutto nel mondo delle imprese private, stanno cambiando le loro abitudini di fruizione del pranzo di lavoro e le società di ristorazione devono trovare nuove strategie per raggiungerli in luoghi diversi dalla mensa aziendale.

Per approfondire questi temi, la rivista Persone&Conoscenze ha promosso la tavola rotonda virtuale La ristorazione collettiva nell’era post Covid, alla quale hanno partecipato rappresentanti delle principali aziende player del settore.

I contenuti integrali sono disponibili nel supplemento al numero di luglio/agosto 2020 di Persone&Conoscenze. Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

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Gabriele Perrone

Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d'impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello. Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all'Independent. Laureato in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.

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