Greta Thunberg

Le aziende green come risposta all’accusa di bla bla bla di Greta

Le questioni ambientali sono sotto gli occhi di tutti. La Terra sta comunicando il suo malessere e non sono solo i semplici cittadini a dover tenerlo in considerazione. È recente, per esempio, il nuovo appello della giovane attivista Greta Thunberg che a margine dell’evento Youth4Climate di Milano ha accusato i potenti del Pianeta di non aver concretizzato le politiche sul clima (è diventato famoso il suo “bla bla bla” nei confronti dei leader politici).

Sul clima, però, anche le aziende devono prendere di petto la situazione, applicando il concetto di ecologia al fare impresa. Non parliamo, tuttavia, di mero business ecologico, ma di ‘attitudine green’ applicata all’imprenditoria. Le organizzazioni e i suoi leader hanno oggi la possibilità di avere un impatto positivo sull’ambiente (e sulla vita), semplicemente considerando l’impronta che l’azienda ha sul Pianeta e ripensando la filosofia del lavoro e della produzione con un occhio di riguardo proprio nei confronti dell’ecosistema terrestre.

Sulla questione, Luis Ferrari Blanco, President e Founder di Hengi, società di alta consulenza strategica che si occupa anche di ecologia, ha le idee chiare: “Rendere il Pianeta migliore di come sia adesso: questo dev’essere l’intento di imprenditori e imprenditrici che vogliano puntare sull’ecologia”. Che non è una scelta solo etica, ma anche proiettata al profitto.

Un primo passo, che molti già stanno compiendo, è, per esempio, il rinnovamento dei macchinari. “Le macchine non possono però essere del tutto ecologiche. Fanno consumare meno, ma non sono green del tutto”, dice Ferrari Blanco. Non sono infatti i macchinari e il loro rimpiazzo con tecnologie nuove a rendere ecologica l’azienda. Piuttosto, è l’atteggiamento delle persone nel sistema socioeconomico a rendere l’uomo davvero ecologico, quando le sue decisioni e azioni tengono il pianeta davvero al centro. La ‘green attitude’ non può dunque limitarsi all’adozione di macchine ibride o a zero consumi, oppure alla raccolta differenziata. Queste azioni sono poche e limitate ad un settore e non rendono la Terra un posto migliore. È invece l’atteggiamento realmente verde che porta davvero un cambiamento tangibile.

L’ecologia come intento virtuoso e di business

Il benessere migliora l’equilibrio del mercato e la prosperità collettiva, ricorda Ferrari Blanco. Anche il dizionario della lingua italiana Devoto Oli lo conferma, definendo il benessere la “condizione di prosperità garantita da un ottimo livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti”. Oggi tuttavia i vantaggi equamente distribuiti non possono prescindere da un’attenzione in più nei confronti dell’ambiente. “Una produzione sostenibile sarà un presupposto per la sopravvivenza quando, in futuro, il nostro pianeta sarà abitato da nove miliardi di persone con uguale diritto di accesso alle sue risorse”, ha dichiarato Thomas Vellacott, CEO di WWF Svizzera, ed è quindi sempre più chiaro come la qualità della vita delle persone non dipenda più solo dal PIL, ma anche dall’ambiente salutare e dalla sostenibilità sociale. Anche la Commissione Europea ha messo in atto piani il cui focus è lo sviluppo sostenibile, per far sì che le generazioni di oggi possano prosperare senza compromettere la vita di quelle future.

Ma se tutto ciò conferma la necessità e la tendenza di una svolta ecologista, resta tuttavia difficile impostare una strategia green in un momento storico come quello che stiamo vivendo: “Il mercato oggi è sempre più impulsivo e incerto”, ricorda l’imprenditore. “Pensiamo alle startup e al nuovo modo di fare impresa: costruire un’attività richiede decenni e non pochi anni. La velocità del mercato invece è anti-ecologica. Il futuro è pieno di dubbi e oggi fare impresa o gestirle in qualità di manager è ben più complesso che in passato”.

Il mercato odierno non è infatti lontanamente vicino a quello di pochi anni fa. Abbiamo vissuto un cambio di epoca: il capitalismo derivato dalla rivoluzione industriale, inteso come mero profitto personale, ha rovinato l’ecosistema, portato all’aumento demografico quasi irreversibile (secondo le Nazioni Unite nel 2050 il pianeta Terra raggiungerà i 9,7 miliardi di abitanti, per arrivare a 11 miliardi a fine secolo), innalzato i livelli di stress collettivo (proprio recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il “burn out” lavorativo tra i disturbi medici) e reso la politica uno strumento di potere, più che di guida verso il miglioramento.

“Tutto questo porta il mondo verso una crisi economica, sociale e politica. Siamo a un punto di collasso. Il capitalismo finanziario inculca l’idea che se rallentiamo tutto si accascia; ma ecologicamente dobbiamo fermarci. Un paradosso che tuttavia è realtà: cambiamo o sarà il Pianeta a darci uno stop”, afferma Ferrari Blanco.

Per farci uscire dal punto di collasso una soluzione è applicare un nuovo approccio che guardi – più che al contesto macroeconomico – alla microeconomia e alla felicità delle singole persone. “Il profitto deve continuare a essere al centro, ma accanto a questo si deve porre l’attenzione alla serenità delle persone, creando occupazioni che le facciano crescere non puntando semplicemente a dare loro uno stipendio; inoltre serve investire socialmente e scientificamente verso l’innovazione”. Il circolo virtuoso che le scelte ecologiche ambientali e sociali creano è uno dei possibili modelli cui puntare.

Trovare la propria armonia ambientale passando da visione, organigramma e coerenza

Per far sì che un’impresa trovi la propria armonia ambientale e sociale, una delle teorie che circolano è quella secondo la quale prima di tutto bisogna rallentare, andando controcorrente rispetto alla tendenza precedente e seguendo la natura umana. Accanto a ciò, sono fondamentali la visione (che deve essere di lungo periodo, sfidante e rivoluzionaria) e la strategia, ma — contrariamente a tutti i modelli organizzativi che vanno tanto di moda oggi nei quali c’è un appiattimento della gerarchia che spesso confonde le persone sulla questione della responsabilità — serve pure un organigramma ben definito, così che tutte le persone conoscano il proprio ruolo nell’ecosistema aziendale, sentendosi coinvolte davvero.

Un’impresa sociale che faccia la differenza e abbia successo deve dunque realizzare la visione dell’azienda diventando allo stesso tempo un luogo di crescita e miglioramento anche personale, cercando di azzerare l’impatto ambientale e rispettando e valorizzando la collettività e il territorio, per donare un futuro migliore che sia per tutti.

“Diventare imprese ecologiche vuol dire vivere una relazione con l’esterno in maniera etica e logica, in senso migliorativo, agendo da leader”, conclude Ferrari Blanco. “Questo avviene anche attirando collaboratori e partner ancora poco sostenibili: quando si comporta da leader, l’azienda ecologicamente impegnata armonizza anche loro. L’ecologia si espande e supporta l’equilibrio, soprattutto quando attorno c’è disordine”. Un circolo virtuoso aziendale, ecologico e sociale: l’azienda ecologica porta etica, logica e ‘ordine’ attorno a sé, nella produttività e nelle persone.

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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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