Per l’innovazione avremo sempre bisogno di spazi (fisici) di lavoro

L’occupazione degli uffici nel 2021 non può prescindere dal retaggio pandemico, con un ripensamento totale degli spazi professionali e facendo della “flessibilità” la parola d’ordine. Perché se lo Smart working è stato fino a questo momento una necessità, i prossimi mesi rappresentano il periodo di stabilizzazione del lavoro agile, riflettendosi anche sulla geografia degli uffici. Ma come cambieranno gli ambienti di lavoro? E il lavoro in presenza potrà davvero essere sostituito da quello da remoto?

Il cambiamento spaziale dei locali professionali è d’altronde in corso già da tempo. Cbre Italy, azienda di consulenza immobiliare, ha presentato di recente i risultati di una survey sul tema, provando a prevedere le strategie d’investimento riguardanti gli spazi-ufficio per il 2021. Dallo studio è emersa la presenza massiccia delle modalità di lavoro da casa nelle aziende, che per il 70% prevedono già da tempo un giorno a settimana da remoto e che, in accordo con le preferenze dei propri dipendenti, intendono arrivare a un massimo di tre giorni a settimana (tendenza evidenziata dal 37% degli intervistati).

“Negli ultimi 10 anni l’ufficio si è evoluto verso un modello che ha fatto della flessibilità il suo punto di forza: il modello organizzativo agile, declinato nello Smart working a livello gestionale e nell’activity based working a livello spaziale, ha infatti letteralmente soppiantato quello tradizionale fatto di controllo, orari fissi e postazioni assegnate”, ha commentato Alberto Cominelli, Head of Project Management di Cbre Italy. “Questo fenomeno è stato esponenzialmente accelerato dalla pandemia Covid-19, che ha portato a un balzo in avanti di almeno cinque anni”.

Implementare lo Smart working significa, infatti, dover ripensare agli spazi e alla domanda di locali. Buona parte delle imprese, in questo senso, ha confermato la previsione, dichiarando di aspettarsi una riduzione del numero di postazioni e delle superfici, riconsiderando anche la disposizione degli spazi e aumentando le aree collaborative. Più del 40% delle aziende, inoltre, prevede un lieve calo dei propri costi di real estate, e il 64% pensa di cercare spazi flessibili.

L’evoluzione degli spazi seguirà l’evoluzione della forza lavoro

Gli spazi flessibili saranno una naturale evoluzione degli spazi più tradizionali e si modificheranno andando di pari passo con i cambiamenti della forza lavoro. Tre i fenomeni individuati da Cominelli in questo senso: la co-esistenza di cinque generazioni di lavoratori entro il 2030, ognuna con esigenze diverse (con la Generazione Z, la più abituata e assuefatta ai rapporti virtuali e a distanza, che pretenderà spazi di lavoro per condividere e confrontarsi con i colleghi); i picchi occupazionali nei giorni centrali della settimana (“Per questo un’azienda dovrà optare per uno scenario che garantisca la flessibilità e quindi mantenere una superficie adeguata per gestire i picchi”); e infine l’importanza della connessione sociale.

“Il futuro sarà in mano alle aziende che saranno in grado di favorire e stimolare la creatività delle persone per creare innovazione e plasmare la realtà, perché i lavori ripetitivi saranno svolti dall’Intelligenza Artificiale”, ha aggiunto Cominelli. Che poi si è chiesto: “Come possono persone che non si incontrano fisicamente plasmare la realtà e creare innovazione?”.

Una domanda legittima che trova conferma in una ricerca del MIT di Boston, che ha messo in luce come la vicinanza aumenti la collaborazione e di conseguenza la produttività. I ricercatori hanno preso in considerazione 40.358 studi e 2.350 brevetti apparsi dal 2004 al 2014 in seno allo stesso MIT, intuendo da essi l’importanza della relazione spaziale all’interno del campus (strutturato esattamente per favorire le ricerche pluri-disciplinari): quando si ha la possibilità di lavorare vicino a qualcuno, in altre parole, è più facile connettere e collaborare.

“L’uomo si è evoluto per milioni di anni interagendo fisicamente coi propri simili”, ha concluso Cominelli. “La ricerca del MIT ribadisce che gli esseri umani sono programmati per dare e contribuire gli uni agli altri e l’ufficio è il luogo chiave per favorire la connessione sociale, il luogo dove si esprime la cultura di un’azienda, dove si genera innovazione. Per questo motivo e grazie a questo suo nuovo ruolo, sarà di certo l’asset class del futuro”.

Smart working, spazio di lavoro, ufficio, CBRE


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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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