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Ritorno al lavoro, ma chi ci pensa ai bambini?

Negli Stati Uniti sono poche le aziende ad aver adottato programmi di childcare.

Pur se tra polemiche per banchi singoli e termometri casalinghi, per l’anno scolastico 2020-21 in Italia si tornerà in classe il 14 settembre. Non è così negli Stati Uniti, dove alcuni istituti potranno garantire lezioni in presenza sono per pochi giorni alla settimana per consentire una turnazione degli studenti. Oltreoceano molte aziende hanno già richiamato i propri dipendenti al lavoro dopo il lockdown o hanno in programma di farlo in autunno. Eppure, il 32% delle compagnie che riprenderà l’attività non ha alcun piano per aiutare le proprie persone nella cura dei figli.

Secondo una ricerca della Society for human resource management, poco più della metà delle aziende statunitensi che ha già fatto rientrare i dipendenti in ufficio (58%) ha adottato soluzioni per aiutarli a gestire le responsabilità genitoriali. Persino alcuni dei maggiori datori di lavoro del Paese, che necessitano di una presenza fisica costante dei dipendenti, non hanno ancora tutte le risposte.

La società di consulenza aziendale Willis Towers Watson ha calcolato che, su 550 organizzazioni americane pubbliche, private e no profit con almeno 100 dipendenti, circa il 59% sta offrendo flessibilità di orario, ma solo il 19% ha adottato qualche forma di benefit legata alla cura dell’infanzia. Secondo la ricerca, le aziende dovrebbero fare di più per sostenere i propri dipendenti: i datori di lavoro che non offrono alcun sostegno potrebbero indurre i lavoratori a lasciare il posto. Al contrario una maggiore flessibilità ridurrebbe il turnover e, con esso, anche i costi di ricerca di nuovo personale, training e reskilling.

Al di là delle spese per trovare nuove persone, quando i dipendenti non hanno tempo per gestire i propri figli l’azienda perde anche in produttività. Secondo un report del 2019 del Council for a Strong America, durante un anno normale si perdono circa 13miliardi di potenziali guadagni, produttività ed entrate a causa dell’inadeguatezza di risorse per l’assistenza all’infanzia.

In Italia congedi e bonus baby sitter

In Italia restano valide le misure introdotte durante il lockdown dal decreto Cura Italia e confermate dal decreto Rilancio. Per i genitori lavoratori, che devono fare i conti con la ripresa delle attività e la gestione dei figli rimasti a casa, il bonus babysitter è passato dagli originari 600 euro a 1.200 euro.

È stato confermato il congedo parentale pagato al 50% per i figli fino a 12 anni. Può essere continuativo o frazionato, ma non superiore ai 30 giorni e si potrà richiedere fino al 31 luglio 2020 per i periodi coperti da contribuzione figurativa. Fino alla fine dello stato di emergenza, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di anni 14, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza di accordi individuali, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore o beneficiario di strumenti di sostegno al reddito e sempre a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Intanto, la Camera ha detto sì all’assegno unico universale per i figli fino a 21 anni, che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2021. Ogni mese le famiglie italiane riceveranno una somma per ciascun figlio, dalla nascita fino ai 21 anni, con una maggiorazione dal terzo figlio e in caso di figli disabili, dal 30% al 50%, estesa a tutto l’arco della vita.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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