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Coronavirus, in Ungheria le Pmi sono le più a rischio

Le Piccole e medie imprese ungheresi dovranno lottare più di altre per sopravvivere agli effetti della pandemia da Covid-19. Una ricerca condotta da Via Credit individua il punto debole delle organizzazioni di dimensioni più ridotte nella mancanza di risorse finanziarie per far fronte alla crisi.

Lo studio ha esaminato le finanze di 30mila società in tutto il Paese, calcolando quanti mesi ciascuna compagnia sarà in grado di andare avanti senza alcuna entrata. Le imprese che impiegano in media 55 dipendenti, da sole, danno lavoro a 1,67 milioni di ungheresi. “Spendono 312mila fiorini ungheresi per ogni dipendente, comprensivi di stipendi e contributi”, spiega Alex Papadimitropoulosz, Senior Partner di Via Credit.

“Presumendo l’assenza di entrate e i costi extra di questo periodo, la metà delle organizzazioni ha riserve sufficienti per pagare gli stipendi per quattro mesi. Un quarto delle imprese ha liquidità a disposizione per un solo mese”.

Circa 24mila aziende coinvolte nell’indagine sono piccole imprese: il 40% di queste potrà andare avanti per meno di tre mesi. La ricerca rivela che le compagnie con meno impiegati tenderanno a trovarsi in una posizione migliore.

Metà delle 5mila medie imprese possiede riserve sufficienti per i prossimi tre mesi. Sebbene i numeri suggeriscano che la situazione delle aziende di medie dimensioni sia peggiore di quella delle più piccole, Via Credit spiega che, grazie a un management più professionale, una clientela maggiormente diversificata e una migliore solvenza, i rischi sono comunque inferiori.

L’indagine ha dato uno sguardo anche alle 1.300 grandi imprese, le cui riserve finanziarie sono in media ancora più basse di quelle delle Pmi. Tuttavia, la maggior parte delle grandi imprese ungheresi sono multinazionali: la compagnia madre è quella che detiene più risorse e può sempre intervenire per offrire assistenza finanziaria.

Al contrario, le piccole imprese saranno le più esposte e forzate a prendere decisioni legate all’assenza di liquidità: il primo passo, secondo l’indagine, sarà il taglio ai benefit del personale per ridurre le spese.

 

Fonte: Budapest Business Journal

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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