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Il Direttore HR che corre da solo

È passato tanto tempo, ma ricordo ancora l’incontro con il Direttore del Personale di una grande catena di alberghi: ero ospite di una mega convention di un player tecnologico e il manager partecipava a una tavola rotonda insieme con altri Responsabili HR. Credo fossi uno dei pochi interessati all’ambito del Personale in quel consesso di esperti IT; fu quasi naturale, dunque, avvicinare il Direttore delle Risorse Umane non appena finì il suo intervento.

In realtà avevo già adocchiato che al polso indossava uno smartwatch da runner e questo aspetto aveva scatenato la mia curiosità. Come gli adepti delle sette segrete, gli appassionati di corsa sono in grado di riconoscersi anche a distanza e la tipologia di orologio da polso è ciò che svela l’appartenenza al ‘gruppo’: non c’è runner al mondo disposto a separarsi dal suo smartwatch.

Facile, quindi, iniziare la conversazione con il manager parlando di corsa. All’epoca ero ancora agli inizi della mia avventura nel running e da lontano non mi ero accorto che l’orologio fosse sofisticato. Giusto per condividere, basti sapere che ci sono numerosi smartwatch sul mercato in grado di monitorare le performance dei podisti: da quelli che offrono solo funzioni di base (Gps e tempi al chilometro) e dedicati ai neofiti, fino ad altri che consentono la misurazione di qualunque aspetto legato alla corsa (per esempio permettono di conoscere la potenza aerobica, il tempo di stazionamento su un piede e sull’altro, l’inclinazione del corpo…) e, solitamente, sono riservati ai professionisti. In quel caso ero davanti a un orologio da atleta di triathlon, cioè quei ‘mostri’ che alla corsa associano il nuoto e il ciclismo.

La mia esclamazione “Vedo che anche lei corre” non fu la miglior stretta di mano, perché notai quella tipica smorfia del runner esperto di fronte a chi è alle prime armi. Per fortuna, però, il manager si fece coinvolgere senza fatica, anche perché a tutti piace dialogare delle proprie passioni in qualunque momento della giornata. Persino dopo una tavola rotonda sui temi tecnologici. E così ci dimenticammo di dove fossimo e iniziammo una piacevole conversazione.

Il programma di corsa per fare team building

Mi confessò, tra le varie cose, che nella sua posizione di Responsabile del Personale di centinaia di dipendenti, tempo prima aveva lanciato un’iniziativa legata proprio alla corsa: organizzava allenamenti di gruppo – aperti a tutti – nella fascia preserale. La sua idea, poi nel tempo ‘copiata’ da tanti HR e inserita nei piani di welfare, era quella di unire un’occasione ludica e piacevole al tentativo di fortificare lo spirito di gruppo. Mentre mi parlava, me lo immaginavo al comando del gruppo, in quella posizione che solitamente è occupata dalle lepri e non dai campioni che, per essere agevolati, corrono alle spalle dei compagni, chiamati a dettare il ritmo e a offrire una barriera per ridurre la resistenza dell’aria (funziona!). In quel momento, però, non era solo un runner, ma un leader che doveva dare l’esempio.

Mentre immaginavo le allegre uscite per la città del folto gruppo di podisti alle spalle del Direttore del Personale, lui stesso, con aria afflitta, mi confessò che l’iniziativa ebbe vita molto breve. Dopo qualche allenamento, i pochi dipendenti che avevano raccolto la sfida, si fecero sempre di meno, lasciando solo il manager. Meglio, avranno pensato le persone, una comoda (e calda) palestra che correre all’aria aperta. Ed ecco che nel pacchetto di welfare fece la sua comparsa la palestra.

Eppure – sarà un caso – da quel giorno iniziai a leggere di iniziative del tutto simili a quella di cui avevo appena avuto notizia. Da runner ‘colto’, cioè con un’ottima preparazione teorica e pessime performance, sono abbonato a una delle principali testate giornalistiche specializzate in running e ricordo di aver letto che una famosa azienda di scarpe nel Veneto ha promosso, qualche tempo fa, un programma di avvicinamento alla corsa riservato ai dipendenti.

Anzi, in quel caso riservato alle collaboratrici. Uno dei più importanti podisti italiani – è uno degli unici due atleti aver vinto la Maratona alle Olimpiadi – è stato incaricato di allenare alcune donne dell’organizzazione in vista della Maratona di New York. Un’esperienza che ho seguito – con tanta invidia – da lettore interessato e a cui la solita rivista ha dedicato ampi servizi: nessun risultato degno di nota, ma a livello aziendale tante dipendenti felici e molto coinvolte che si sono trasformate in preziose ambasciatrici.

Poi c’è il caso di quell’altra azienda, brand ultra noto nell’ambito della produzione di attrezzi per il wellness, che consente al personale di allenarsi all’interno degli spazi aziendali, grazie all’ampio giardino che circonda la sede. Un’altra azienda che ha puntato sul running è Siemens, che ogni anno organizza una corsa nel parco di Monza riservata a dipendenti, fornitori e simpatizzanti; e nel tempo ha coinvolto sempre più persone, me compreso. Insomma, la corsa è sempre più spesso al servizio dell’impresa per far star bene i dipendenti. Il problema è che a volte le cose sfuggono di mano. È il mio caso: diventato runner per ‘dovere’ aziendale, sono andato ben oltre la sfida che si era posta la mia azienda. Ma questa è un’altra storia.

Per chi fosse interessato, si sappia che ho incrociato quel Direttore del Personale con la passione per la corsa, ma senza seguito tra i suoi dipendenti, un paio d’anni fa in occasione della seconda edizione della Milano Half Marathon. Lo ricordo ancora mentre mi passava accanto in Corso Venezia, uno due punti a doppio senso della corsa (quelli in cui gli atleti si incrociano). Gli avevo dato circa due chilometri di distacco dopo appena metà gara. Correva da solo. Ma era felice.

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

Dario Colombo


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