L’innovazione come leva fondamentale per far fronte alle crisi

Un ‘durante’ gestito “malissimo”, un ‘dopo’ ancora incerto. Ma che può trovare nella tecnologia e nella digitalizzazione due punti fermi, ancora più centrali in questa emergenza, da cui ripartire per il rilancio della Manifattura. Le imprese del settore sono tra le più colpite dall’impatto della crisi sanitaria ed economica innescata dal Covid-19 e dalle misure adottate per contrastare la diffusione del contagio. Lo sa bene Marco Piazza, Direttore di Api Lecco – Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Lecco, che prova comunque a definire una ricetta per la ripartenza e che rappresenta uno dei temi al centro del dibattito della tappa del 4 giugno 2020 a Lecco di FabbricaFuturo, il progetto multicanale della casa editrice ESTE che da oltre 10 anni è un punto di riferimento dei trend del Manufacturing e di cui Parole di Management è Media Partner.

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Secondo i dati elaborati dal Centro per l’impiego di Lecco, finora sono 1.682 le imprese lecchesi interessate dai decreti regionali che autorizzano la concessione della cassa integrazione guadagni in deroga. Ben 3.883 i dipendenti coinvolti, per un totale di 1.234.722 ore di sospensione autorizzate.

Se il Governo avesse stabilito, insieme con le autorità sanitarie e con le parti sociali, rigidi protocolli per mantenere aperti i reparti produttivi, l’impatto economico sarebbe stato di gran lunga inferiore. Invece, l’emergenza è stata gestita per tutti allo stesso modo”, spiega Piazza. L’accusa è di non aver tenuto nella giusta considerazione le peculiarità di ciascun settore.

Come nel caso del commercio, dove ogni attività comporta un differente grado di interazione con le persone, a maggior ragione nel caso del Manifatturiero si sarebbero potute adottare misure ad hoc. Per esempio, consentendo spostamenti limitati al tragitto casa-lavoro e fissando protocolli per operare in condizioni di massima sicurezza. Gli stessi, d’altronde, che le imprese sono chiamate ad attuare adesso, a due mesi dall’inizio dell’emergenza.

“Oggi le aziende devono comunque garantire misure di sicurezza che avrebbero potuto adottare anche un mese fa. Farlo prima non avrebbe comportato un margine di rischio ulteriore”, continua Piazza. “L’esperienza conferma che il tema della Manifattura 4.0 non è solo un concetto astratto e limitato alla gestione dei dati, ma rappresenta invece un valore aggiunto per la gestione dell’azienda e delle persone”.

Il lockdown ha, infatti, avuto anche l’effetto di far scoprire a molti il valore di modalità di lavoro differenti, dallo Smart working alla gestione da remoto dei macchinari. Se, al tempo dell’introduzione degli ammortamenti previsti dal piano Industria 4.0, l’innovazione veniva considerata solo a livello fiscale nell’ottica di un risparmio economico, ora è diventata una leva necessaria per far fronte a cambiamenti improvvisi e inaspettati. “L’attuale situazione è la dimostrazione che evolvere la fabbrica in senso tecnologico non ha un effetto negativo sulle persone, anzi garantisce una migliore gestione dei rapporti all’interno dell’azienda”.

Il ‘dopo’ riparta da tecnologie e competenze

Fin qui quello che è accaduto durante l’emergenza. Per Piazza, il ‘dopo’ è tutto da scrivere. La situazione è tale che fino a fine anno non sarà possibile fare previsioni sulle prospettive aziendali a più di una settimana. “Le aziende italiane scontano due problemi: la sottocapitalizzazione e il trasferimento tecnologico mai compiuto fino in fondo, che ha finito per deprimere la ricerca e lo sviluppo”. Per questa ragione, Piazza guarda con favore alle misure dedicate alla ricerca introdotte con il decreto Rilancio.

“Credo sia il momento di insistere per fare un passo avanti in questa direzione. Il fenomeno della sottocapitalizzazione è un aspetto noto, soprattutto per le aziende familiari, ma quello della tecnologia è un tema che dovrà riguardare anche le Piccole e medie imprese (PMI) dentro modelli di riorganizzazione della Manifattura un po’ differenti”. Basti pensare all’idea di una manifattura diffusa, per poter mettere in condivisione i macchinari, o alla gestione per filiere in senso verticale e orizzontale coinvolgendo aziende e territori.

C’è poi il grosso tema della mancanza di infrastrutture, fisiche e informatiche, nel Paese. “Facciamo queste considerazioni ben sapendo che lo stesso premier faticava a connettersi con i giornalisti per la conferenza stampa a distanza. Non si può prescindere dall’investire sulle infrastrutture digitali, se si vuole parlare di evoluzione della Manifattura in senso digitale”.

Come sempre, infatti, le aziende corrono più veloci dello Stato. Molte imprese già adesso o in prospettiva per il futuro si sono portate avanti su dotazione tecnologica e ricerca e sviluppo. “Tutto questo, calato nella realtà italiana, ben si combina con l’abilità delle nostre aziende di risolvere problemi. La nostra competenza vera è la capacità di essere flessibili e adattarci alle richieste dei clienti”.

Sarà, quindi, fondamentale continuare a puntare sulla formazione. “Introdurre tecnologie serve a rendere l’impresa più competitiva in termini di gestione aziendale, ma bisognerà investire sul fattore umano tanto quanto sulle tecnologie. Non va abbandonata la capacità di trasferire competenze e conoscenze, grazie all’esperienza e alla formazione in azienda”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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