Lo Smart working come diritto dei lavoratori è un boomerang

In Germania lo Smart working potrebbe diventare presto un diritto dei lavoratori, anche dopo la fine dell’emergenza legata al coronavirus. La proposta è arrivata dal Ministro del Lavoro tedesco, Hubertus Heil, che ha chiesto di ancorare giuridicamente il lavoro agile anche quando sarà terminata la pandemia.

Trasformare lo Smart working in un obbligo di legge, però, potrebbe rivelarsi controproducente, con il risultato che invece di ampliarne l’utilizzo, diminuirebbe. Anche perché – emergenza a parte – lo Smart working non ha mai goduto di un grande favore, almeno in Italia: si pensi infatti che prima dell’era covid-19 erano appena 570mila i lavoratori dipendenti che lavoravano in questa modalità. Inoltre, il lavoro agile abilita nuovi modelli organizzativi, non è uno strumento di work-life balance.

La conciliazione vita-lavoro e il welfare sono sempre stati legati a un diritto esigibile e obbligatorio e, spesso, questa condizione li fa percepire come un onere, piuttosto che un’occasione. Come spiega Arianna Visentini, Co-founder di Variazioni, paradossalmente, le norme rendono certi strumenti che impattano sull’organizzazione come un appesantimento burocratico.

Il tema, secondo Visentini, è quindi fare attenzione a capire bene dove intervenire in senso legislativo per tutelare i diritti fondamentali e per usare l’esigibilità del dispositivo per migliorare il benessere aziendale, perché l’esito rischia anche di essere opposto.

Non è uno strumento di welfare e conciliazione

Non per nulla la legge che in Italia regolamenta il lavoro agile (Legge n.81 del 22 maggio 2017) è considerata una low law sul modello anglosassone, cioè una norma che non entra nei dettagli organizzativi, ma lascia ampio spazio di manovra alle aziende. La legge sul lavoro agile è snella, ma la legge di Bilancio 2019 ne ha frenato l’adozione introducendo corsie preferenziali per madri lavoratrici e genitori di figli disabili. Dunque, se lo Smart working diventa un obbligo regolato, non funziona. Deve essere visto invece in una logica organizzativa e ‘volontaria’.

“Bisogna stare attenti a dove posizioniamo il lavoro agile dal punto di vista legislativo, senza confinarlo a strumento di welfare e conciliazione“, afferma Visentini. “Piuttosto dell’obbligatorietà, è meglio adottare incentivi per agevolare l’introduzione del lavoro agile nelle imprese”.

Lo Smart working può quindi migliorare l’organizzazione e rieducare le persone alla libertà personale-professionale. Ma se lo si trasforma in un obbligo di legge, viene meno la sua essenza.

 

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Gabriele Perrone

Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d'impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello. Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all'Independent. Laureato in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.

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