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Meglio disoccupati che farsi assumere dall’AI

Dopo la comparsa e la rapida ascesa di ChatGpt e di altri sistemi di Intelligenza Artificiale (AI) generativa, il tema è diventato di grande interesse soprattutto per alcuni aspetti che riguardano la gestione dei rapporti di lavoro, in cui l’AI è già utilizzata. A destare preoccupazione sarebbe la capacità di una macchina di valutare alcuni aspetti dei candidati, come per esempio quelli legati alla sua personalità. Un recente studio a cura del Pew Research Center, noto centro di ricerca statunitense, ha rivelato che il 71% degli americani sarebbe contrario all’utilizzo dell’AI nelle decisioni finali di assunzione; solo il 7% degli intervistati si è detto favorevole, mentre il 22% non è sicuro.

Inoltre, la maggioranza delle persone coinvolte nella ricerca – i cui dettagli sono riportati sul sito del Pew Research Center – si oppone all’utilizzo dell’analisi dell’AI per valutare i licenziamenti (55%), per esaminare le domande di lavoro (41%), per valutare le promozioni; soprattutto trova fastidioso l’impiego della tecnologia per tracciare gli spostamenti sul luogo di lavoro. Eppure esistono anche situazioni per le quali le persone ritengono che l’AI è più ‘capace’ degli esseri umani: il 47% ha rivelato di apprezzare il fatto che la tecnologia è più equanime nella valutazione dei candidati e l’AI sarebbe anche utile per eliminare i pregiudizi razziali.

Ma quanto può influire l’uso dell’AI nei luoghi di lavoro e come impatta sui lavoratori? Circa il 62% si aspetta un alto grado di condizionamento generale sul personale nei prossimi 20 anni; il 28% non crede di poterne risentire personalmente; circa la metà del campione ritiene che ci sarà un basso impatto se non addirittura inesistente.

Candidarsi per un posto di lavoro che utilizza l’AI

 Lo studio del Pew Research Center contiene anche altri dati rilevanti e che possono fornire un quadro più esaustivo sull’argomento, in particolare quando le domande attingono alla sfera personale: il 66% degli statunitensi ha affermato che non vorrebbe candidarsi per un’offerta di lavoro per cui c’è un’AI a gestirne il processo, a fronte del 32% che, al contrario, non avrebbe problemi a dialogare con una tecnologia per ottenere il posto.

Se questi sono i dati complessivi, ben diversa la situazione se si considerano i risultati in base al sesso: per esempio il 70% delle donne rifiuterebbe l’offerta di lavoro mediata dall’AI rispetto al 61% degli uomini. E indagando sulle motivazioni del rifiuti, a grande maggioranza gli intervistati hanno evidenziato la mancanza di umanità del sistema adottato, l’incapacità di cogliere le sfumature e il timore dell’aggiunta di un pregiudizio nella scelta.

Eppure negli Usa sono numerose le aziende che hanno già iniziato a usare l’AI nei processi di selezione e assunzione. Per garantire l’uso etico ed efficace della potenzialità della tecnologia, si può ricorrere a qualche best practice. In primis, sarebbe buona norma assegnare a qualcuno il controllo a campione di tutte le decisioni prese dall’AI in modo da verificarne la correttezza. Altro suggerimento importante riguarda l’eliminazione di ogni comportamento prevenuto prima di implementarla proprio per evitare un processo

Intelligenza artificiale, disoccupazione, assunzioni

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