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Un approccio analitico alla gestione delle risorse umane

Le rapide evoluzioni della tecnologia digitale hanno trasformato modelli e processi, determinando una ridefinizione dell’organizzazione e dei luoghi del lavoro. Inevitabilmente, ciò ha spinto molte organizzazioni a ripensare anche le modalità della gestione delle persone. In questo contesto di cambiamento continuo, emergono nuovi concetti manageriali; fra questi c’è la Human resource analytics (HRA), cioè l’analisi sistematica dei dati relativi alle persone per gestire un’ampia gamma di sfide aziendali: dal reclutamento alla misurazione delle prestazioni, dalla remunerazione alla pianificazione del capitale umano. All’HRA, si sono affiancate negli ultimi anni le espressioni “People analytics” e “Workforce analytics”, che indicano lo stesso ambito applicativo, cioè l’utilizzo di strumenti statistici, di tecnologie e competenze di analisi con l’obiettivo di ottenere processi decisionali più efficaci e una migliore gestione delle attività collegate alla valutazione delle prestazioni del capitale umano nelle organizzazioni.

Nel corso degli ultimi anni, l’HRA ha ricevuto molta attenzione da parte di riviste specializzate e l’argomento è stato al centro di una serie di report pubblicati dai giganti mondiali della consulenza e della tecnologia (per esempio, Deloitte, 2020; Agarwal et al. 2022). In questi documenti, con toni enfatici si evidenziano i benefici che l’HRA può portare ai processi decisionali manageriali e come l’HRA sia qualcosa che le organizzazioni ‘devono avere’ in quanto elemento chiave nella trasformazione della funzione HR dall’essere principalmente una funzione di supporto ad avere un ruolo più strategico.

Poiché gran parte del pensiero sull’HRA è stato sviluppato all’indomani dell’introduzione dei Big data – i quali consentono di utilizzare grandi quantità di dati per supportare i processi decisionali – è evidente che la proliferazione e la disponibilità di questi abbiano favorito il dibattito sulle potenzialità dell’approccio quantitativo e analitico alla gestione delle risorse umane. La diffusione dell’utilizzo di metriche e analisi, come nel caso dell’HRA, riflette anche una tendenza generale nella direzione dell’adozione di pratiche basate sull’evidenza, un orientamento emergente che negli ultimi anni ha avuto impatto significativo sul discorso e sulla pratica nel campo delle risorse umane (si veda, per esempio, Bauer et al. 2018).

Oltre che per le applicazioni più ovvie – analisi del turnover del personale, selezione, pianificazione e prestazione della forza lavoro – l’HRA è indicata come lo strumento di supporto decisionale per prevedere eventi futuri (la cosiddetta ‘analisi predittiva’) e per l’analisi della rete organizzativa (Organizational network analysis, ONA) che è strumento di analisi del flusso delle comunicazioni, delle informazioni e delle decisioni all’interno di un’organizzazione: rivelando la configurazione relazionale dell’organizzazione, l’ONA aiuta a sottolineare il ruolo svolto dalle reti informali per meglio definire ruoli e processi della diffusione della conoscenza organizzativa.

La quantificazione nella gestione del personale

Sebbene l’HRA sia diventata solo di recente una fra le espressioni ricorrenti nel discorso manageriale, il concetto non è del tutto nuovo e presenta collegamenti diretti con alcune idee e pratiche che circolano da tempo. La possibilità di utilizzare metriche e le misurazioni nella gestione delle risorse umane è, infatti, tema discusso già fin dalla fine degli Anni 70 (Bassi 2011). Negli anni successivi, lo sviluppo le nuove tecniche per l’analisi del rendimento del capitale umano ha catturato una crescente attenzione, fino a quando nella prima metà degli Anni 2000 sono stati introdotti nuovi strumenti e approcci come le HR Scorecards e/o Workforce scorecards (Kaufman, 2015) le quali traggono inspirazione dalle Balanced scorecard di Kaplan e Norton che avevano riscontrato notevole successo durante gli Anni 90 (Kaplan & Norton, 1996). Queste nuove scorecard incentrate sulle risorse umane consentirebbero alle organizzazioni di misurare l’impatto delle prestazioni organizzative e delle pratiche di Human resource management (HRM). Sempre durante la metà degli Anni 2000, inoltre, si è registrato un crescente interesse riguardo all’ipotesi di poter adottare approcci più scientifici e basati sull’evidenza (Boudreau & Ramstad, 2007). Ciò ha spianato la strada a un’enfasi ancora maggiore su temi quali la misurazione, la pianificazione, e una generale ‘quantificazione’ nella gestione delle risorse umane.

Si può dunque affermare che alcune delle idee e delle pratiche associate all’HRA non siano del tutto una novità e, anzi, che il concetto di HRA può essere considerato, almeno in una certa misura, come il risultato di un rebranding di alcune pratiche HRM giù esistenti utilizzando, però, una nuova retorica. Nuovi concetti e idee per l’HRM sono continuamente lanciati e promossi da attori con un certo potere di influenza nel settore, come le aziende di consulenze e/o tecnologia, accademici e ‘management guru’ e organizzazioni professionali (si vedano per esempio Heusinkveld, 2019; Klincewicz, 2006) e a questo proposito si è osservato come i professionisti della gestione delle risorse umane non siano immuni da pressioni di varia e provenienza e come le mode e i meccanismi mimetici possano incidere nella scelta di investire per l’adozione di conoscenze, strumenti e tecnologie.

Per quanto riguarda l’HRA, ci sono diversi aspetti che potrebbero spiegare la ‘formula vincente’ di questo concetto manageriale, i quali hanno fatto sì che guadagnasse, in tempi relativamente brevi, ampi spazi e popolarità nel discorso del management delle risorse umane. Prima di tutto, ogni ‘concetto di management’ deve avere un’etichetta accattivante e l’HRA è senza dubbio strettamente correlato ad altri concetti molto in voga come la Big data analytics. La seconda caratteristica è che l’adozione di un nuovo concetto manageriale ‘promette’ miglioramenti immediati delle prestazioni. Anche questo è il caso dell’HRA: consulenti, guru di management e autori di pubblicazioni, sottolineano quanto possa aiutare le organizzazioni a essere più competitive in un mercato sempre più concorrenziale (si veda, per esempio, Soundararajan & Singh, 2016). In terzo luogo, i concetti di management tendono a favorire un’interpretazione non univoca, cioè possono essere definiti e compresi in modi diversi. Per quanto riguarda l’HRA, esistono molteplici definizioni e diversi autori lo inquadrano in modi differenti (si veda: Opatha 2020). L’ultima caratteristica è legata all’universalità, il che significa che un concetto è presentato come applicabile e utile per le organizzazioni di differenti settori e culture. E l’HRA è presentato come applicabile in quasi tutte le organizzazioni indipendentemente dal contesto o dalla cultura.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di gennaio-febbraio 2023 di Sviluppo&Organizzazione.
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risorse umane, tecnologia, HR, dati


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Adriano Solidoro

Ricercatore in Organizzazione Aziendale presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

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