Digitale e competenze per la trasformazione del Manufacturing

Digital e manifattura non sono così distanti. L’uno è il driver dell’altro e sono legati indissolubilmente tra loro. Ma come? E qual è la strada da seguire per integrare dati e sistemi? Una risposta a queste domande la fornisce Liferay che, in occasione dalla tappa del 4 marzo 2021 del convegno FabbricaFuturo dedicato alla riprogettazione digitale delle imprese manifatturiere, ha focalizzato l’attenzione sull’integrazione delle piattaforme nella digitalizzazione dei processi nella fabbrica 4.0.

In questo ambito, un ruolo di primo piano è rivestito dai software vendor come Liferay, produttore di tecnologia software open source dal 2002 con uffici in 19 Paesi. “Lavoriamo in un contesto B2B complesso internazionale e dinamico, molto competitivo e con diversi attori. Il digitale ha accelerato un processo di trasformazione che era già in atto favorendo l’introduzione di nuovi modelli di business che in un contesto internazionale sono essenziali per la sussistenza stessa delle aziende”, ha spiegato Dario Andreottola, Commerce Business Development Manager di Liferay.

Agile e flessibile, collaborativa, aperta e integrata: questa è la fabbrica del futuro promossa da Liferay, secondo cui le imprese manifatturiere devono approcciarsi alla grande trasformazione in atto rispondendo agli eventi improvvisi (come la pandemia) e coinvolgere tutti gli attori del processo, per una fabbrica e un comparto digitale-manifatturiero in linea con i tempi, in grado di aprirsi alle nuove tecnologie. “In sintesi, la nuova fabbrica deve essere digitale”, ha specificato Andreottola, intendendo il digitale non come un settore a sé, ma come un driver della trasformazione dell’industria manifatturiera.

Da qui la nuova sfida delle aziende, chiamate ad aumentare il coinvolgimento del personale interno ed esterno, sfruttando strumenti condivisi che risiedano in una piattaforma aperta e integrata, velocizzando le trasmissione delle informazioni che devono trovarsi in un unico luogo.

Per la fabbrica del futuro serve l’upskilling e il reskilling

Con integrazione e flessibilità che diventano punti chiave dell’evoluzione manifatturiera, un ruolo fondamentale lo giocano le risorse umane. Secondo Valentina Fanelli, HR Manager di Liferay, parlare di persone, in questo momento storico, è importante quanto l’analisi dei processi: “Digitalizzazione e automazione hanno ruoli sempre maggiori, ma quando parliamo di tecnologia dobbiamo considerare anche le persone e la valorizzazione del capitale umano”.

Per comprendere a fondo quest’esigenza è utile prendere in considerazione la ricerca dal titolo Jobs lost, jobs gained: what the future of work will mean for jobs, skills, and wages promossa da MyKinsey Global Institute. I dati raccolti parlano chiaro: entro il 2030 il 14% della forza-lavoro globale potrebbe cambiare categoria professionale per effetto della digitalizzazione e dell’automazione. “Viviamo in un’epoca in cui le competenze di ruolo e professionali si intersecano con quelle digitali e umane. Stiamo passando dal paradigma del posto fisso e della competenza specifica a quello delle multi-competenze”, ha argomentato Fanelli.

Un passaggio certamente accelerato dalla pandemia, ha sottolineato l’HR Manager di Liferay, con molte aziende che si sono trovate a ragionare in termini di gestione del personale “con un’attenzione puntuale verso le persone, con assunzioni precise e chirurgiche che mostrano la necessità di investire nel capitale umano valorizzandolo e lavorando sulle competenze”. Per lavorare sulle competenze serve necessariamente molta formazione: “Si tratta di un driver per la crescita e per la competitività dell’azienda, ma anche per il lavoratore, che può così raggiungere interessanti obiettivi di carriera”, ha continuato Fanelli. “I termini che devono entrare nel vocabolario della fabbrica sono quindi ‘reskilling’ e ‘upskilling’, creando nuove abilità intrecciando i processi con le competenze digitali e umane e con le soft skill più importanti in questo momento, ovvero flessibilità e capacità di gestire il tempo”.

Se 10 anni fa la centralità del tornitore in fabbrica era sul campo, oggi il suo ruolo si è evoluto insieme con il tornio e con la sua digitalizzazione, diventando esempio di come l’azienda possa camminare sul sentiero della digitalizzazione e automazione aggiornando le competenze e l’essenza dei suoi lavoratori. “Si evolve lo strumento e si evolve il professionista”, ha concluso Fanelli. “Basta vedere quante skill siano oggi richieste nella ricerca di un tornitore: dalla manifattura alle human skill per il lavoro in team, abilità non previste fino a pochi anni fa. Stiamo vivendo la Quarta rivoluzione industriale. Il lavoro sarà fatto da chi sa fare, ma anche da chi sa adattarsi”.

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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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