Esauriti dal lavoro come Klopp

La carriera, l’ambizione e il sacrificio lasciano il tempo che trovano? Difficile risolvere la questione. Ma proprio perché attuale, PdM Talk – il talk show manageriale del nostro quotidiano – dedica una puntata alla tematica. E che il tema del benessere all’interno del posto di lavoro sia rilevante lo dimostrano anche le recenti dimissioni di Jürgen Klopp: in un video in cui appare molto provato l’allenatore del Liverpool ha spiegato che a fine stagione 2023-24 lascerà la guida dei Reds perché in burnout.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha riconosciuto il burnout come una condizione medica associata a stress cronico sul lavoro non adeguatamente gestito, inserendolo nella classificazione internazionale delle malattie. Secondo un recente sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su 30mila dipendenti in 30 Paesi, più di un lavoratore su cinque (22%) a livello globale sperimenta sintomi di burnout, sebbene esistano differenze sostanziali tra gli Stati. In particolare, i tassi più alti si evidenziano in India (59%), mentre i più bassi in Camerun (9%). Anche l’Italia si colloca nella parte bassa della classifica, riportando solo il 16% dei sintomi di burnout, nonostante la percentuale di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale sia più alta (43%).

A livello demografico, invece, sono i dipendenti di aziende più piccole e che non ricoprono posizioni manageriali, insieme con i lavoratori più giovani a riferire sintomi di burnout più elevati. Secondo quanto emerge da un altro recente sondaggio pubblicato dalla rivista People Management – un punto di riferimento dell’HR nel Regno Unito – circa il 50% dei dipendenti della Generazione Z e Millennial si sente stressato sul posto di lavoro per la maggior parte del tempo, mentre circa l’80% sarebbe addirittura pronto a rassegnare le dimissioni a causa di una cultura aziendale tossica.

“Moltissime aziende negli ultimi anni ci hanno segnalato una maggiore difficoltà a trattenere le risorse. C’è stato infatti un significativo aumento delle dimissioni in tanti settori diversi, che ha portato il tema della retention al centro del dibattito di HR e manager: in quest’ottica mettersi in ascolto delle proprie persone e quindi monitorare costantemente il clima aziendale diventa fondamentale”, ha commentato Francesca Verderio, Training & Development practice leader di Zeta Service, azienda specializzata nei servizi HR e payroll.

Il benessere impatta sulle performance

Le frequenti dimissioni dei giovani rappresentano per il 60% dei Talent manager uno dei più grandi ostacoli per l’introduzione di nuove skill e la crescita dell’impresa. Più in generale, come evidenziato dalla media company americana Consumer news and business channel (Cnbc), il calo della soddisfazione lavorativa registrato in questo ultimo triennio (dal 2020 a oggi) potrebbe impattare sull’economia globale con una perdita di circa 8,8 trilioni di dollari in termini di produttività. In questo scenario, il sondaggio del McKinsey Health Institute ha evidenziato che un ambiente di lavoro positivo consente alle persone di sperimentare un benessere maggiore e di essere più innovativi e performanti nello svolgimento delle proprie mansioni. Questo dato sottolineerebbe la necessità, per le imprese, di monitorare costantemente il clima aziendale.

“Conoscere le esigenze e le opinioni dei collaboratori è fondamentale per migliorare tutti gli aspetti della vita lavorativa. Facilmente si scivola nel pensare che l’intenzione di abbandono del posto di lavoro sia legata a tematiche retributive, di carriera, dal competitor che corteggia i propri dipendenti con offerte ‘irrinunciabili’, quando in realtà si tratta di problematiche meno evidenti, rilevabili attraverso strumenti di ascolto più profondi. Tra questi, l’analisi di clima è particolarmente immediata ed efficace, permettendoci di capire che cosa pensano le persone dell’azienda rispetto al luogo di lavoro e quindi, per esempio, il senso di appartenenza, il commitment, quanto l’azienda si prende cura delle proprie persone in termini di benessere psicologico e salute, il supporto offerto dal proprio team, l’equità o l’eticità dei comportamenti manageriali, piuttosto che le possibilità di formazione o di percorsi di carriera”, prosegue Verderio.

Un clima aziendale positivo è infatti correlato a fattori come il maggiore coinvolgimento nel lavoro e la migliore collaborazione tra dipendenti (e quindi migliori performance), ma anche alla crescita del senso di appartenenza all’organizzazione, insieme con una maggiore attrattività dei talenti e di soddisfazione del cliente. Una ricerca di PwC ha evidenziato che in Italia, per ben quattro CEO su 10 la propria azienda non potrà sopravvivere per più di 10 anni senza un processo di trasformazione. Un dato ancor più significativo considerando che questa visione nei confronti del futuro della propria impresa è condivisa anche dal 25% dei dipendenti e, in particolare, dal 44% dei giovani lavoratori intervistati nel corso dell’indagine. Ma a patto che, con la trasformazione, si faccia attenzione anche al benessere dei collaboratori. Altrimenti, ci saranno sempre più Klopp senza energie…

benessere, burnout, Zeta Service


Martina Midolo

Martina Midolo

Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.

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