pagati per risposare

Pagati per riposare

Giornate off, pagate, e diverse dalle ferie: il nuovo trend del 2023 è il riposo “proattivo”. Se fino a oggi le ferie retribuite sono state sinonimo di tempo libero ma anche la soluzione a cui ricorrere quando ci si sentiva stressati, preoccupati ed esauriti, queste rimangono uno strumento prezioso, ma le organizzazioni più all’avanguardia stanno introducendo sperimentazioni e proposte diverse.

Secondo le previsioni sulle tendenze del lavoro del 2023 di Gartner, società di consulenza internazionale, le aziende stanno intensificando i loro sforzi per introdurre nuovi vantaggi e modelli di lavoro per aiutare i dipendenti a preservare la loro resilienza emotiva e mantenere le prestazioni alte, piuttosto che offrire il riposo come soluzione di recupero dopo che entrambi questi aspetti sono crollati.

Negli Stati Uniti sono partite le sperimentazioni

Le aziende statunitensi sono famose per offrire ai lavoratori poche ferie: la maggior parte degli americani assunti a un anno dalla firma del contratto ha tra i 10 e i 14 giorni di ferie maturate, e spesso anche chi le ha preferisce evitare di prenderle. Ecco perché proprio Oltreoceano sta partendo la sperimentazione del riposo proattivo, che consenta alle persone di programmare le proprie pause, approfittando dei giorni in cui non si hanno riunioni o del momento successivo a una consegna importante. Ha fatto scalpore l’annuncio con cui Tobi Lutke, CEO di Shopify, società canadese che sviluppa e commercializza l’omonima piattaforma e-commerce, ha aperto l’anno: ha invitato i dipendenti a cancellare tutti i meeting con più di tre partecipanti e ha vietato le riunioni il mercoledì. Altri esempio sono Bumble, la società che ha sviluppato l’omonima piattaforma per conoscere gente, e PwC, società di consulenza, che per la prima volta negli Usa hanno chiuso i loro uffici per un’intera settimana in concomitanza con le festività di luglio e dicembre.

Altre aziende hanno implementato il riposo proattivo in modo ironico e scherzoso. La scorsa primavera Ankit Garg, CEO di Wakefit, un’azienda produttrice di materassi e mobili con sede in India, ha introdotto ildiritto al pisolinovietando ai dipendenti di lavorare tra le 14 e le 14.30 e incoraggiandoli a fare il riposino pomeridiano.

C’è chi punta sul riposo pagato per attrarre i talenti, come SevenRooms, società che opera nel campo dell’ospitalità tecnologica, che offre ai nuovi assunti due settimane di ferie retribuite (e copertura assicurativa sanitaria) da sfruttare nel periodo antecedente al primo giorno di lavoro.

Sono tante poi le sperimentazioni di settimana corta a pari stipendio. Lo scorso anno decine di aziende statunitensi hanno aderito al programma pilota 4 Day Week Global ottenendo risultati positivi, tanto che la maggior parte continuerà in questa direzione.

Il riposo entra a far parte delle priorità aziendali

Secondo Brent Cassell, Vice Presidente HR Group di Gartner, le aziende dovrebbero entrare nell’ottica che “il riposo non significa assenza di prestazioni, ma è parte integrante della performance. Andrebbe pensato non per ricaricarci dopo che ci siamo esauriti, ma per garantire che i nostri dipendenti rimangano carichi nel tempo”.

Il cambiamento nel vedere il riposo come una priorità aziendale è atteso da tempo. “Stiamo assistendo a livelli senza precedenti di stress e preoccupazione tra i dipendenti”, afferma Cassell. Il burnout è ai massimi storici secondo la società di consulenza Gallup, ed è ufficialmente considerato un rischio professionale per l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo i dati di Gartner nel 2022 la persona media ha effettuato 9 ore settimanali di straordinario non retribuito, rispetto alle 6 ore settimanali prima della pandemia. E il 93% dei responsabili delle risorse umane ha affermato di essere più preoccupato per il burnout dei dipendenti rispetto a prima. Ecco quindi che il tema del riposo viene preso sempre più sul serio, anche per evitare che i dipendenti si demoralizzino, commettano errori, si esauriscano o si dimettano.

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Cecilia Cantadore

Giornalista professionista, Cecilia Cantadore ama raccontare storie di persone e imprese. Dopo la laurea magistrale in Culture e Linguaggi per la Comunicazione all’Università degli Studi di Milano è entrata nel mondo dell’editoria B2B e della stampa tecnica e professionale lavorando per riviste specializzate. Scrive di cultura aziendale, tecnologia, business e innovazione, declinando questi macro temi per le diverse testate cartacee e online con cui collabora come freelance. Dedica il suo tempo libero alla musica, ai viaggi e alle camminate in montagna.

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