Il Grande fratello dello Smart working

Con la diffusione dello Smart working, anche il controllo sull’operatività dei dipendenti si è spostato online.

Con la diffusione del lavoro da remoto, gran parte delle attività d’ufficio si è spostata online. E anche i metodi di controllo e gestione della produttività si sono adattati alla nuova realtà. Lo testimonia la crescita di interesse verso i software di monitoraggio da remoto: dall’inizio della pandemia, Prodoscore, software company specializzata in soluzioni di Productivity management, ha registrato un aumento del 600% delle richieste da parte di potenziali clienti e la concorrente TransparentBusiness ha raggiunto un picco del 500% nella crescita del numero di aziende che hanno fatto ricorso ai suoi prodotti mese dopo mese.

Non occorre, però, che il datore di lavoro adotti un software ad hoc. La questione della sorveglianza digitale, infatti, entra in gioco anche nell’uso degli applicativi più diffusi e in apparenza innocui. Il tema si è posto a inizio pandemia già in relazione alla raccolta di dati effettuate sulle call mediante Zoom e, più di recente, anche Microsoft è stata accusata di abilitare la workplace surveillance.

L’accusa – mossa da alcuni attivisti per la privacy, senza che abbia avuto alcun seguito legale – prenderebbe di mira la funzionalità di productivity score del pacchetto Microsoft 365. Il tool, rilasciato nel 2019, è pensato per offrire al singolo utente visibilità sulla propria organizzazione del lavoro e opera aggregando informazioni tratte dalla propria attività online – dall’uso delle email alla partecipazione alle riunioni del proprio network – per suddividere in percentuali il tempo impiegato nelle diverse attività e misurare così la produttività personale. Darebbe, tuttavia, la possibilità anche ai manager di tracciare le attività dei dipendenti a livello individuale.

Monitorare ciò che fanno le persone durante la loro giornata non significa, però, monitorare i risultati del loro lavoro. Anzi, un report pubblicato sull’Harvard Business Review all’inizio del 2020 sostiene che il controllo non necessario finisce per erodere la fiducia. Esalta i benefici delle nuove opzioni di tracciamento dal punto di vista del manager, ma sottolinea che niente di ciò che può essere tracciato è davvero rilevante o utile ai fini della valutazione delle performance. Non è, dunque, una questione di tool più o meno invasivi: quel che conta è capire se e quanto sia davvero necessario controllare i propri collaboratori.

Fonte: The Guardian

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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